Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta.

Questo motto non è mai stato di mio gradimento. Per carità, si compete e si gioca per fare meglio degli avversari. L’obiettivo finale è quello di ottenere il miglior risultato possibile, ma capita spesso di non riuscire ad arrivare davanti a tutti perché in fondo, inutile girarci intorno, a trionfare è uno solo. Nel mondo del calcio vi sono innumerevoli casi di calciatori straordinari che hanno vinto poco rispetto al loro valore o addirittura nulla, per svariate motivazioni: fedeltà ad una maglia, periodi storici delle società in cui si è militato non favorevoli, concorrenza formidabile. Insomma, le casistiche sono le più disparate. La top ten elaborata in questo articolo vedrà protagonisti i primi dieci calciatori con maggiori presenze nella massima serie del campionato italiano che non sono mai riusciti a vincere il campionato. Ci saranno nomi noti, altri meno, e non mancheranno sorprese, soprattutto ai piani alti. Pronti con la carrellata? Si parte!

10) Fabio Cannavaro – Già qui si potrebbero sollevare le prime levate di scudi. Cannavaro, in realtà, ha “festeggiato” ben due tricolori, quelli ottenuti nel biennio con la maglia della Juventus tra il 2004 e il 2006. I suddetti, però, non sono riconosciuti a seguito di Calciopoli: il primo è stato revocato, mentre il secondo è stato assegnato all’Inter. Lungi da me rinfocolare le polemiche di una vicenda (purtroppo) triste per il calcio italiano e che non smette di alimentare diatribe, ma alla voce “Palmares” il campione del mondo e ultimo Pallone d’Oro italiano non ha mai vinto il campionato di Serie A. Suona incredibile il fatto che un calciatore considerato universalmente tra i più forti di sempre nel suo ruolo non si possa fregiare del titolo di campione nazionale. Gli anni al Parma gli avrebbero potuto regalare molte più soddisfazioni di quelle comunque ottenute assieme ad una delle squadre più iconiche del calcio italiano e non solo (ancora oggi la Coppa UEFA 1998/99 è l’ultimo acuto di un club nostrano nella manifestazione). La parentesi in neroazzurro e una stagione di rientro ai bianconeri non gli hanno concesso altri trofei. Si prenderà una parziale rivincita vincendo due volte la Liga con la maglia del Real Madrid, sebbene i livelli ammirati in terra teutonica in quella mitologica estate non sono mai stati raggiunti. In 15 stagioni in massima serie ha collezionato 421 presenze.

9) Paolo Cannavaro – Una gara in più per il fratello Paolo. Cognome ingombrante, visto lo strepitoso successo di Fabio, eppure anche lui ha saputo ritagliarsi un ruolo di spicco nel panorama calcistico nazionale. Esordio in comune in quanto le sue prime apparizioni avvengono in terra ducale, con annessa una finestra all’Hellas Verona. Dopo diversi anni, decide di abbracciare la causa della sua città natia: Napoli. Per i partenopei scende di categoria, conquista la promozione e diventa uno degli elementi titolari della squadra che conquisterà nel 2011/12 la Coppa Italia. Un anno e mezzo dopo passerà al Sassuolo, chiudendo la carriera in neroverde nel 2018. L’occasione migliore per poter conquistare il tricolore fu nel 2012/13, ma la Juventus di Conte è stata un’avversaria insuperabile.

8) Antonio Di Natale – Di parole per l’amore tra uno dei più grandi campioni del nostro calcio e l’Udinese se ne sono spese tante. Un giocatore che ha vissuto una prima parte di carriera importante ad Empoli, per poi trovare la dimensione ideale in Friuli, vincendo la classifica dei cannonieri per due volte consecutive ed entrando nel ristretto club dei giocatori che hanno segnato più di 200 reti in Serie A: saranno 209 in 445 presenze, un bottino impressionante se si pensa che lui non era nato come goleador, ma giocava come seconda punta o in appoggio agli attaccanti. La crescita dal punto di vista realizzativo è stata impressionante e il gran rifiuto all’offerta di mercato della Juventus nel 2010 lo ha privato di titoli che avrebbero riempito il suo palmares ingiustamente vuoto, ma gli ha donato qualcosa di ancora più intenso, se vogliamo: l’affetto e la riconoscenza di un popolo intero, quello friulano, che si è innamorato del suo condottiero. Ritiratosi nel 2016, ha iniziato la carriera di allenatore partendo dalle giovanili dello Spezia: ha cambiato società, ma quei colori, il bianco e il nero, sembrano davvero essergli continuamente attaccati addosso.

6) Sebastien Frey – I primi anni li divide tra Inter ed Hellas Verona: in neroazzurro sembrava essere il predestinato, ma l’annata storta 2000/01 non consente di proseguire il rapporto. Approda così al Parma, giocando per quattro anni con i ducali e vincendo una Coppa Italia alla prima stagione. Nel 2005 accetta la corte della Fiorentina, dove sarà il titolare per ben sei anni, ottenendo diverse soddisfazioni, su tutte la doppia qualificazione consecutiva in Champions League. Chiuderà l’esperienza italiana con due annate al Genoa e totalizzando 446 presenze complessive. Un’enormità, per uno dei protagonisti indiscussi del nostro torneo per oltre dieci anni. Lo stile delle sue parate è sempre stato molto guizzante ed esteticamente valido: caratteristiche che lo hanno reso uno degli estremi difensori più apprezzati. Avrebbe meritato di vincere qualcosa in più.

6) Dario Dainelli – Ex-aequo con il portiere transalpino, ha vestito in totale sei maglie diverse nella massima serie: dopo i primi anni trascorsi tra Lecce, Verona e Brescia, è proprio con le Rondinelle che trova maggior continuità. Notato dalla Fiorentina, si aggiunge alla causa gigliata nell’estate del 2004. Una prima stagione da leader, con 4 reti segnate e con la soddisfazione dell’esordio in Nazionale a fine stagione in amichevole. La sua avventura toscana durerà fino a gennaio 2010, prima del passaggio al Genoa. Altri due anni, e poi il ritorno nella città scaligera, stavolta sponda Chievo: si lega tantissimo alla realtà clivense, disputando il maggior numero di partite con un singolo club. Chiuderà la carriera nel 2019 in cadetteria. Non ha mai realmente avuto, oggettivamente, possibilità concrete di vincere il titolo, ma è doveroso il tributo ad uno dei difensori più seri e professionali che abbia mai calcato i palcoscenici della Serie A.

4) Sergio Pellissier – Semplicemente, il Chievo Verona in due parole. Acquistato nel 2000, ha giocato un paio di stagioni in prestito alla SPAL in Serie C1. Mentre lui segnava già tante reti a Ferrara, la squadra di Del Neri stupiva il Paese, con un campionato stratosferico concluso in zona UEFA da matricola. Viene dunque aggregato nel 2002 alla rosa gialloblù, e per diciassette anni non lascerà mai quella maglia. Non mancheranno momenti di difficoltà, come la retrocessione in Serie B, prontamente rimediata soprattutto grazie alle sue 22 reti in cadetteria, e lo sfiorato addio nel 2014, in quanto il tecnico Corini, curiosamente suo compagno di squadra tanti anni prima, non lo aveva considerato come titolare inamovibile. Le soddisfazioni, però, non sono state assolutamente da meno: ha giocato in Europa, ha esordito in Nazionale nel 2009 segnando anche una rete, è divenuto il più importante goleador della stracittadina veronese, ha indossato la fascia di capitano e ha sfondato il muro delle 100 reti in massima serie, che sono un’enormità, se pensiamo che, a parte qualche fiammata, la squadra della sua vita ha sempre disputato dei campionati con l’obiettivo dichiarato di salvarsi. Alla fine della carriera, i numeri parlano di 112 marcature in 459 presenze. Il Chievo ha rappresentato la sua dimensione ideale e resta uno dei più amati dagli appassionati per l’attaccamento alla causa. Dal ritiro, ha assunto la carica di presidente operativo.

4) Daniele De Rossi – Stesso numero di presenze dell’iconico attaccante valdostano, in molti probabilmente ritenevano di trovarlo al vertice di questa speciale classifica. Diciamolo a chiare lettere: tutti lo avrebbero meritato, ma lui, forse, ancora più degli altri nomi in lista. L’amore viscerale per la squadra della sua città gli ha permesso di divenire una delle bandiere per eccellenza. Dopo il Mondiale del 2006, ha vinto due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana in giallorosso. Ha sfiorato realmente il titolo nel 2008 e nel 2010, dovendo però subire l’onda inarrestabile dell’Inter travolgente di quel periodo. La sua esperienza col club ha conosciuto, purtroppo per lui, molte delusioni e qualche sussulto, come l’investitura della fascia di capitano dopo il ritiro di Totti nel 2017 e la strepitosa rimonta ai quarti di finale della Champions League 2017/18 contro il Barcellona. Chiuderà la carriera al Boca Juniors, decidendo di appendere gli scarpini al chiodo dopo qualche mese con la maglia della squadra argentina.

3) Samir Handanovic – L’unico calciatore in attività presente nella lista è l’estremo difensore sloveno. Ad oggi ha collezionato 505 presenze in massima serie, diviso prevalentemente tra Udinese e Inter, a cui si aggiunge qualche sparuta apparizione con Treviso e Lazio. In neroazzurro è approdato nel 2012, raccogliendo la pesantissima eredità di Julio Cesar. Il decennio vissuto dai neroazzurri è però il peggiore della storia del club. Lui non ha mai abbandonato la barca: considerato uno dei top player nel suo ruolo, si è legato alla Beneamata, divenendone capitano. Dopo nove anni, finalmente, la squadra è protagonista in campionato. A fine stagione, dovesse giocarle tutte, si aprirebbero due strade: o approderebbe al secondo posto di questa particolare graduatoria oppure ne uscirebbe. E io, da interista, è inutile anche che dica quale delle due opzioni sarebbe gradita…

2) Alberto Gilardino – Campione del Mondo nel 2006 con la Nazionale. Campione d’Europa e del Mondo per club nel 2007. Ha vinto praticamente tutto ciò che sogna un calciatore, tranne il tricolore: un altro degli inspiegabili misteri del calcio. Gilardino è stato uno degli attaccanti italiani più importanti del primo decennio degli anni Duemila. Fattosi notare con le maglie di Piacenza ed Hellas Verona, è con il Parma che offre il meglio del suo repertorio. 56 reti in due stagioni lo portano immediatamente nel giro della Nazionale e attraggono le attenzioni del Milan di Ancelotti, che dopo la cocente disfatta di Istanbul nel 2005 lo porta sui Navigli. Con i rossoneri, alla prima stagione, mette a referto 17 marcature in campionato, restando all’asciutto in Europa. Si rifarà l’anno dopo, segnando il 3-0 nella gara perfetta, la semifinale di ritorno contro il Manchester United che aprirà la strada al settimo trionfo nella storia della competizione per i suoi. Nel frattempo, salirà in cima al Mondo con gli azzurri nel 2006. Chiusa l’esperienza rossonera, troverà nuova linfa a Firenze, disputando altre tre annate individualmente inappuntabili. Dal gennaio 2012 comincerà a girovagare, cambiando numerose maglie (con annessa una parentesi in Cina) e chiudendo la carriera allo Spezia in cadetteria. 514 gare ufficiali e 188 reti: cifre importanti, per un attaccante devastante per molti anni.

1) Silvio Piola – Lo so che in molti a leggere questo nome potrebbero dubitare, ma è così. Uno dei più grandi centravanti della storia del calcio, il più grande goleador della nostra Serie A grazie alle 274 reti messe a referto, non ha mai vinto il tricolore. Pro Vercelli, Lazio, Torino, Juventus e Novara: valanghe di reti, che lo hanno reso irraggiungibile in vetta ai marcatori all-time della massima serie, non sono bastate per conquistare il titolo. Il Mondiale nel 1938 e la Serie B vinta con la maglia piemontese del Novara sono i risultati di squadra che spiccano. A livello individuale, ha vinto due volte la classifica dei marcatori del campionato, ma il più bel traguardo che ha raggiunto è stato quello di divenire iconico. Già, vincere non è importante, a volte: quando si lascia il segno e si diventa immortali, si può rinunciare anche a qualche trofeo nel palmares. E Silvio Piola, dall’alto delle sue 537 gare disputate, è senza dubbio rientrante nella categoria dei miti del gioco del calcio. Pur non avendo vinto lo Scudetto.

 

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