Dire che Il Milan con Ibrahimovic è meglio del Milan senza Ibrahimovic significa dispensare una banalità galattica, perché è un po’ come affermare “E meglio essere ricchi e sani che poveri e malati.”. Ma va? Il problema è che il Milan è malato, perché Ibra è ai box e lo resterà finché non sarà stato rimesso a nuovo. Non solo, ma dal momento che questo è il secondo guaio muscolare rilevante in soli 6 mesi, pensando a quello di fine maggio, non sarebbe un’eresia attribuire tali infortuni anche all’età calcisticamente avanzata del giocatore. Ingaggiando uno così forte, ma di 40 anni, il Milan si è accaparrato un valore aggiunto che, in qualche maniera, può venire a mancare da un momento all’altro nel corso della stagione. Cuius commoda eius et incommoda, dice un brocardo latino ovvero, se vuoi un vantaggio, devi accettarne gli svantaggi connessi. Il problema è che un secondo Ibra in giro non c’è, ma ci sono solo normali centravanti d’area, i quali sono svincolati o esuberi. Se, pertanto, vi gettate a capofitto su uno svincolato ora, occupereste il relativo slot e non potreste più puntare su un esubero a gennaio. Senza contare che, dando qualche settimana allo svincolato per rimettersi in forma, ve lo ritrovereste pronto quando c'è Ibra. A fine settembre si è deciso di puntare su Colombo come centravanti tradizionale e, allora, si prosegua con lui fino a fine dicembre, senza farsi prendere dal panico e cercare soluzioni di ripiego che, al momento, non avrebbero presente e potrebbero pesare nel prossimo futuro. Se si è presa la decisione sbagliata in quel momento, non ha senso prenderne un'altra sbagliata ora.

Quanto a ieri, pronti via e, dopo un paio di minuti si è capito che le squadre avevano impostato strategicamente il match nell’identico modo. A centrocampo, all’estrema destra dello schieramento milanista, una decina di giocatori si assembravano in un fazzoletto di campo per dare vita a una melée confusa. Si stavano assestando per dare vita a quello che sarebbe stato il leit-motiv della partita ovvero che ogni giocatore, qualunque fosse il suo ruolo e la sua collocazione in campo, avrebbe avuto il compito di mordere le caviglia all’avversario più vicino in possesso di palla. La costruzione delle manovre non poteva che finire in secondo piano e, infatti, di fraseggi se ne sono visti pochini.

Come ampiamente prevedibile e, in un certo senso, inevitabile, l’assenza di Ibra consigliava di tenere la palla rasoterra. Si segnalava una palla di Hernandez dalla linea di fondo per Rebic, sporcata da un ultimo rimbalzo malandrino. Chala lanciava Hauge sulla destra, ma Galtier aveva ben istruito i difensori di non andare incontro al norvegese, bravo a prendere il tempo all’avversario, bensì di attenderlo e accompagnarlo verso l’esterno. Hauge si fermava e vedeva Rebic smarcato al centro, pronto a battere a rete, ma per farlo perdeva il controllo della palla e l’assist risultava strozzato, facile preda del marcatore. Nella ripresa, Tonali, inizialmente in difficoltà e cresciuto alla distanza, serviva Rebic sul filo del fuorigioco con un lancio degno di Gianni Rivera. Ante, per gli amici Tonino, Rebic la dava a Castillejo che, con intelligenza, era rimasto un passo indietro e si era fatto trovare smarcato per segnare. Gol, ma ancora Hauge veniva lanciato da Diaz, subentrato a un Chala non ancora in forma, questa volta sulla sinistra. Avendo ormai capito in quale maniera veniva marcato, il giovane scandinavo partiva già con l’idea di non puntare a rete e servire l’uomo al centro. Colombo, che aveva sostituito Rebic, evitava con intelligenza il passo in più che lo avrebbe relegato in fuorigioco, ma purtroppo l’azione abortiva, in quanto il ragazzo non restava nemmeno un passo indietro per smarcarsi come in precedenza aveva fatto Castillejo. Non si può crescere senza fare errori.

Fra questa azioni c’era un errore iniziale di Tonali, che veniva pressato a ridosso dell’area di rigore rossonera e serviva Yazici, il quale vedeva fuori posizione Donnarumma, spiazzato dagli sviluppi inattesi dell’azione. Il turco affrettava la giocata per impedire il ritorno di Gigio e il tiro moriva fuori. Lo stesso Gigio, molto concentrato, dava un po’ di soddisfazione a coloro che, come il sottoscritto, si divertono a vedere gli interventi dei portieri. Sfoggiava un volo plastico su un tiro non impossibile, che, tuttavia, poteva diventare letale per un portiere deconcentrato e Donnarumma non lo era. Il pareggio del Lille arrivava sull’unico errore della difesa rossonera, quando Gabbia e Kjaer si sovrapponevano davanti a Gigio, cui toglievano visuale. Il portiere avrebbe avuto buone chance di parare, se avesse visto il tiro partire e, infatti, dopo il gol sembrava una jena inferocita.

Subito il pareggio, il Milan si portava in avanti, dando l’impressione di attaccare senza trovare spazi. In realtà stava finalmente facendo ciò che al San Paolo aveva trascurato di fare, cioè possesso di palla alto. Nel recupero i rossoneri sembravano tirare il fiato e il Lille veniva avanti, ma il Milan era molto attento.

Il pareggio non è un risultato trionfale, ma buono e, del resto, non c’erano i prodromi per una serata trionfale. Il Lille è secondo nel campionato francese, non molto distante del fortissimo Psg, finalista di Champions. Pratica un gioco ostico per una squadra come il Milan che, avendo quattro giocatori avanzati di cui due sono di supporto alle punte, rischia spesso di trovarsi in unferiorità numerica nel settore nevralgico del centrocampo. Ieri non è mai successo. E poi, se ieri il Lille avesse vinto, ai francesi sarebbe stato sufficiente un pareggio con lo Sparta Praga per qualificarsi, cosa che avrebbe complicato molto il girone dei rossoneri. Lo Sparta, del resto, ha esaurito il bonus delle due partite contro la squadra che sembra meno attrezzata nel girone, il Celtic, e dovranno vedersela contro il Lille, che non può ancora fare regali. Certo, i rossoneri dovranno rispettare il Celtic, capace di fare l’unico punto proprio contro i francesi, ma cerchiamo di essere uomini, perché se hai paura di giocarti la partita contro questa versione della gloriosa squadra di Glasgow, allora è giusto che vada a sudarti le proverbiali sette camice a Praga. Vorrebbe dire non essere pronti a certi livelli e, quindi... che passi il più bravo, no?

Il vero lato positivo, però, è che, scendendo in campo senza Ibra, i rossoneri hanno tenuto bene il campo contro un avversario che avevano dimostrato di soffrire all’andata. Con notevole umiltà, hanno accettato la sfida di giocare come il Lille, quindi rinnegando le proprie caratteristiche di squadra offensiva che ama la manovra veloce. In altri termini, si sono dimostrati squadra, cioè un complesso in cui tutti remano nell’identica direzione e per uno scopo comune, non un corpo di boys che fanno da semplce cornice a una soubrette. E non lo hanno fatto contro il Bodoe Glimt, il Crotone, il Rio Ave e lo Spezia ovvero contro avversari abbordabili, ma contro una compagine di gallinacci tignosi e sgamati, guidati da un tecnico alla Hiddink o alla Bilardo, di quelli che danno il meglio di sé nel far giocare male gli avversari.

E’un momento di grazia, ma anche delicato, per cui si prosegua così, senza vanagloria, ma anche senza paure e senza lasciarsi influenzare da chi tornerebbe indietro alle prime buche sul fondo stradale.

La scelta di Tonali per la copertina è un omaggio a un ragazzo che sta lottando per emergere nella diffidenza generale. Ieri ha fatto una giocata che altri non fanno nell'intera carriera. Non commettiamo l'errore di perderlo.