Nella storia del calcio i ritorni (qualcuno sportivamente li definisce "minestre riscaldate") sono stati oggetto di valutazione e di critica da parte di tifosi e addetti ai lavori. I primi hanno sempre sperato di rivedere in squadra coloro che hanno scritto la storia di questo club, con solo poche eccezioni del caso. I secondi hanno riempito pagine e pagine di giornali, dividendosi nei commenti critici. 

Tornando indietro nel tempo mi vengono in mente alcuni giocatori che sono ritornati al Milan. Evocando un via vai di emozioni, luci ed ombre. Il primo nome che mi viene in mente è Ruud Gullit. Il tulipano olandese che con Sacchi aveva vinto tutto, decise di lasciare il Milan nel '93 per passare alla Samp (dove aggiunge in bacheca una Coppa Italia). Il giocatore ritorna al Milan nella stagione 94-95, solo dopo pochi mesi e otto partite giocate ritorna in blucerchiato. Nel frattempo però, uno strano scherzo del destino fa sì che, con i rossoneri, gioca una finale di Coppa Italia, proprio contro la Sampdoria. Un suo gol, quasi allo scadere, portò il risultato in parità, ed il trofeo fu alzato dal Milan che vinse 5 a 4 ai calci di rigori.

Successivamente fu il turno di Donadoni, un altro dei fedelissimi di Sacchi e di Capello che dopo tanti anni decise di chiudere la carriera passando ai New York Metrostars nella stagione 96-97, per poi ritornare per un biennio a Milano e vincere uno scudetto con Zaccheroni. Rimanendo nella zona d'attacco e spostandoci tra le punte del Milan, un altro giocatore che da ricordare fu Marco Simone. Il ragazzo aveva vinto tanto col Milan e, ad un certo punto, decise di andare a giocare in Francia. All'inizio al Paris st Germain e, successivamente, al Monaco. Ritornò al Milan nel 2001 giocando 15 volte e segnando solo un gol.

Ma la storia ha riservato anche personaggi illustri che, a differenza dei primi, probabilmente non avrebbero mai dovuto abbandonare il Milan. Fra questi Shevchenko, che dopo aver militato nel club dal 1999 al 2006 decise di passare al Chelsea. L'ex pallone d'oro non ripeterà a Londra quanto di buono fatto in precedenza e il suo acquisto si rivelerà un flop. E dire che Abramovic fece di tutto per portarlo a Londra e dare a Mourinho un giocatore che aveva medie realizzative molto alte. Invece gioca 47 partite e realizza solo 9 gol  nelle sue stagioni ai Blues. Va in prestito nel "suo" Milan ma assistiamo ad un giocatore che non incide più come un tempo, dimostrando di non essere più il giocatore di prima. Il suo score si ferma a 26 partite giocate e 2 gol. Le strade tra il Milan e l'Ucraino si separano definitivamente e il giocatore termina la carriera alla Dinamo Kiev.

Anche lo "Spice Boy" David Beckam ha calcato il campo di San Siro. Pur non avendo fatto la storia del club rossonero è stato esempio di impegno e qualità indiscutibili. La stella dei Los Angeles Galaxy militò per due stagioni, per la precisione due prestiti (2009) (2010) lo vedeno con la maglia rossonera, dove realizza due gol tra gennaio e giugno del primo anno ma, un infortunio al tendine di Achille, dopo soli tre mesi (gennaio-marzo 2010) lo costrinse a terminare la stagione in anticipo e la carriera al Milan.

Un altro giocatore come Sheva, che non avrebbe mai dovuto abbandonare il Milan, era Kakà. Ricardo Izecson dos Santos Leite (il Bambino d'oro) era molto legato al Milan e ai tifosi. I quali hanno sempre lottato per una sua permanenza al Milan con cori e striscioni, presentandosi anche sotto casa sua per manifestargli affetto. Era l'anno dell'offerta del Manchester City, offerta che venne rispedita al mittente e il brasiliano restò al Milan, ma non per molto tempo. Infatti, dopo poco tempo e sei stagioni al Milan, numerosi trofei vinti tra cui un pallone d'oro, il ragazzo venne ceduto al Real Madrid, ma come per Sheva a Londra non c'è alchimia tra il giocatore e la nuova società. Kakà resta al Real per quattro stagioni non avendo le stesse performance milanesi.
Ritorna al Milan nella stagione 2013-14 realizzando 9 gol in 37 presenze. Tuttoggi Ricardo è molto legato ai colori rossoneri e si parlava di lui, negli anni passati, come un ipotetico dirigente dei rossoneri. Soluzione mai andata in porto e che ad ora non sarebbe mai possibile concretizzare.

Ma prima di arrivare ad Ibrahimovic (ultimo giocatore in ordine di tempo a indossare di nuovo la maglia rossonera), c'è un altro calciatore che merita di essere citato. Parliamo di Mario Balotelli. Mario tifosissimo del Milan, cosa che non ha mai nascosto, corona il sogno di giocare con la squadra che tifa. Viene presentato alla stampa, da Adriano Galliani nel gennaio del 2013. Il giocatore nei primi mesi risulterà decisivo per la conquista di un posto valido per la prossima Champions League, ma l'anno seguente nonostante ottenga il primato di reti personali in stagione, il Milan si classifica all'ottavo posto e le strade si dividono. Dopo una stagione e mezza il giocatore viene ceduto al Liverpool, e dopo un anno ritorna in prestito a Milano che nel frattempo cercava un attaccante. Era il periodo che si parlava tanto di un ritorno di Ibra e alla fine, Mino Raiola propose il nome di Mario alla dirigenza anche per riscattare un'annata non esaltante in Inghilterra. Ma la stagione fu contraddistinta dalla pubalgia, venne anche operato, rimanendo ai box per alcuni mesi. Non fu riscattato e dovette ritornare a Liverpool...
Peccato perchè Balotelli tecnicamente non ha mai avuto niente da invidiare a nessuno, ma sono state altre le situazioni che lo hanno portato a non essere all'altezza delle opportunità date.

Ed arriviamo finalmente ad Ibrahimovic. Lo svedese che difficilmente ha legato il suo nome ad un solo club, dopo aver vinto tanto ovunque abbia giocato, decide di ritornare al Milan dopo tantissimi anni per aiutare il Milan a crescere e provare a qualificarsi alle prossime coppe europee. Ibra, dopo una corte serrata da parte di Boban e Maldini, si ripresenta in rossonero ed è subito feeling con i tifoi. La sciarpa in vendita con su scritto "IZ Back", la maglietta col suo nome, i cori dei tifosi che lo accompagnano ad ogni giocata, l'intelligenza di mettersi a servizio dei compagni e l'aiuto che dà in campo, danno la sensazione di un legame forte con il club. D'altronde è l'unico in cui è ritornato. Tutte queste cose erano la giusta premessa di un rapporto che poteva continuare per un'altra stagione, ma piano piano nubi sono comparse sul proseguo del rapporto, l'ultimo infortunio patito non ha certo aiutato, anzi ha allontanato Ibra dal Milan. 

Dopo il ritorno di Ibrahimovic, che come detto potrebbe già salutare dopo solo una stagione, si parla di un altro figliol prodigo desideroso di rivestire la maglia rossonera. Stiamo parlando di Thiago Silva che, non avendo ancora rinnovato il contratto col Paris st Germain, è libero di accasarsi a parametro zero dove meglio crede. Sia lo svedese che il brasiliano sono legati al passato del Milan, rievocando non solo vittorie, ma anche la fine del ciclo del Milan Berlusconiano, che decise di cederli insieme per avere un bilancio meno appesantito e più sostenibile. Ancora oggi alcuni sostengono che la cessione dei due giocatori, più l'addio dei senatori, fu l'origine della situazione del Milan attuale.
Attualmente Thiago Silva ritiene terminato il suo ciclo a Parigi (prima dell'emergenza Covid-19 era la stessa società che a non volergli rinnovare il contratto) e il suo nome era stato già associato al Milan, proprio in virtù del ritorno dello svedese e della ricerca di personaggi di esperienza da inserire in un Milan di giovani.

Ora alla luce del Milan che verrà, mi riferisco ad un Milan con giocatori giovani e di prospettive (se i giovani sono bravi ben vengano), diventa complicato rivedere Thiago al Milan. In primis per via del progetto che sta per nascere che necessita di alcune tipologie di giocatori e l'età del brasiliano (36 anni a settembre) non aiuta. Il secondo è di natura economica. E' vero che verrebbe a parametro zero, occorrere pagargli solo l'ingaggio, attualmente ne guadagna 12 a stagione, e dovrebbe tagliarselo parecchio per convincere la societa. La quale preferirebbe profili da Milan diversi. Giocatori da valorizzare con costi contenuti, che possano fare bene. Giocatori alla Hernandez o alla Bennacer, che sono costati poco, hanno visto il loro valore aumentare e richiesti da altre società.

Più che di Thiago Silva si parla del 22enne Ajer del Celtic e di Kouassi del Psg. Quest'ultimo oltre ad essere giovane (non avendo compiuto la maggiore età) potrebbe essere preso a parametro zero ed avrebbe anche il gradimento dell'allenatore in pectore Ralf Rangnick. I giocatori che verranno pesu saranno funzionali al progetto che il Milan deciderà di portare avanti, ed i nomi fatti finora sono l'emblema.
Nessuno mette in dubbio le qualità del brasiliano. Se fosse per me lo avrei preso subito per avere giocatori di esperienza in un reparto che potrebbe cambiare molti interpreti. Ma, allo stesso tempo, bisogna riconoscere che, probabilmente, il miglior Thiago Silva lo abbiamo già visto e non è credibile pensare di rivederlo. E, allo stesso tempo, sono da mettere in evidenza le scelte societarie che si basano su una politica di prospetti giovani visionati, acquistati e valorizzati che andrebbero contro il ritorno del brasiliano.

La storia ci ha insegnato che le minestre riscaldate non sempre vanno bene, anzi nella totalità dei casi sono da evitare, ma immaginare di rivedere Ibra e Thiago Silva, anche per un solo anno con la maglia del Milan, sarebbe come riportare indietro le lancette dell'orologio. E' anche vero che il Milan non può permettersi di vivere nel passato, ma deve andare avanti, (lo chiede la storia del club), ma se un pezzetto di storia può essere portato nel futuro, permettendo di raggiungere degli step prefissati, occorre che venga presa in considerazione e valutata nella sua oggettività.