Di Thiago Alcantara ne osservi una cifra approssimabile allo zero. E’ la logica del calcio efficace, un sortilegio del quale solamente gli eletti con capacità note ne entrano senza far ritorno alla categoria del giocatore nella norma.

Gli equilibri mutano repentinamente se a sovvertirli, è oltre la ragione non ponderabile di una fisica astratta e casuale perché rara, l’unicum di coloro che, decidono le sorti della sfida.

All’interno dei prescelti nel ricoprire compiti di solenne importanza, compare colui che non è mai citato dovutamente, ma pensateci, rilevante a crearsi una figura cosi misteriosa e dannatamente utile, in grado in un undici di spiccare in virtù di doti da dodicesimo, compiendo scelte o interventi che hanno valenza conturbante.

A servizio del rifinitore, citato dai migliori gerarchi del calcio come “nove“, si alimenta un sistema metodico e coerente a ciascun ideologia.

Alla base sono i portanti, come le costruzioni delle piramidi, alle quali privando d’un solo elemento l’ossatura si sgretolava, lasciando inermi i pezzi principali, quelli più in alto che ricoprono la vetta, a mo’ di schieramento tattico: in esso, per alimentare una manovra corale, serve la partecipazione definita sottovalutata.

Nell’inerpicarsi su tale struttura, chiunque svolge una mansione che pone rilievo.

Tuttavia, mi piace narrare di figure insolitamente denigrate con accezioni positive, stile artefice di uno schema.

 

Thiago, staccarsi e rientrare

La storia che comprende alla perfezione l’insieme degli eletti sopraccitati, è capitaneggiata da un uomo che vuole mezza Europa, decisivo. Sempre.

Thiago Alcantara è sacrificio ai fini del collettivo, l’uomo che smezza e rifornisce.

Rievoca i fasti illustri di concezioni mitologiche, ma, per rendere chiaro un concetto sommerso, tenderei a soffermarmi sulle caratteristiche che ne fanno un vanto.

Le vili concezioni di voler essere davvero l’uno davanti al due, hanno placato intenzioni di magie palla al piede, rendendole umane, salvo poi dileguarsi, sgretolando le opportunità avute e non capitalizzate.

L’umiltà è la chiave che interrompe il tutto: è il bivio che si contrappone. La scelta ricade sul saltarlo o meno. Un pensiero attanagliante, pesante e complicato, se si pensa al percorso intrapreso, ricco di fatiche e sacrifici.

Thiago ha affrontato lo scoglio e sconfiggendolo è divenuto la figura che conosciamo attualmente.

E’ il padrone che controlla il centrocampo, completo nelle giocate, stilisticamente pulito ed efficace.

L’efficienza, successivamente, non si può dire esser la teoria per ognuno. Va lavorata, analizzata ed ampliata. Questi sono ulteriori confini che si pongono dinanzi.

La caratteristica sta per funzionalità nel rendimento: concretamente è il porsi nell’intervento, la scivolata che interrompe un contropiede.

L’iberico le ha tutte.

Nel pallone più moderno è il prototipo idilliaco di ciò che serve. Gli esperti, inconsciamente, tendono a sorvolare.

Si stacca per attaccare la profondità, rientra per smorzare qualsivoglia opportunità altrui.

E’ la definizione del 100%.

Nel futbol totale olandese, la ricerca della soglia a tre cifre era l’applicazione di una filosofia da intendere, ritmata, nella quale i cosiddetti complementari, fornivano l’apporto maggiore. In questione, sto citando Neeskens e Crujiff.

Il secondo da lassù veglia su di noi. E’ un onore per me raccontarlo. Veglia sul Thiago Alcantara in questione. Aprire un paragone è fuorviante. Loro erano simili nell’appartenenza alla logica del “vedo non vedo” che è il fulcro dettante conciliazione.

 

L’arte

Di Neeskens si dice: "Un mediano che sapeva (di)segnare”.

I fotografi catturano l’attimo per ricordarlo, a loro piace l’applicazione di ciò che ritengo diverso al mio racconto.

L’artista vive sul momento, in continua evoluzione. Sulla congiuntura ha costruito i suoi successi, seguirla e comporla. Essa è la sfera. Va accarezzata e battezzata, vissuta.

L’ego d’esser nobile è ciò per Thiago, conformazione di ciascun tassello che non privilegia qualche aspetto, ma ne coltiva ognuno, ai quali dedica equo spazio.

Thiago è raro in un mondo di individualismi, finti entusiasmi, teste calde poi scoppiate. E’ il tratto dell’esser sublime e differente, elevando le sue doti al servizio di uno scopo, categoria dove detta legge, con la leadership del campione.

Lui lo è, ed ha impresso a Monaco di Baviera il suo saper manifestare le capacità del maestro.

E’ il leader maximo della cintola, attanaglia gli opponenti con le sue trappole e poi con i lampi che ha nel suo bagaglio, ricevuti dal suo background, sforna bellezza d’imponente fattura.

Esse si lasciano osservare, trasudano qualità. Qualità e sostanza.

Tecnica soave, pura, priva d’ogni fronzolo che si può opporre.

“Il calcio è un’arte”. Pensate al più grande pittore che approccia la tela. L’attaccante è complicato, è nell’idea di chi è primordialmente intuisce la strada da percorrere nel disegno, la rifinitura, l’ultimo scoglio.

Il centrocampista è nella mente di quest’uomo che si avvicina al suo metodo. SI evolve quando s’accorge di spiccare il volo: cosi, l’ex Blaugrana, giunto al compimento del suo talento, ha persistito, continuando a migliorare.

L’espediente in tutto ciò sta abbozzando, da ore ed ore che non si capacita della scelta dei colori. Decide, sorprendentemente, di gettare ciò che ha svolto.

Riparte.Dapprima si reca alla ricerca degli ultimi sprazzi.

Questa volta è determinato e completa la corporazione: la mente del pittore è sempre Thiago. Prima la versione iniziale, ed in corso, quella definita del ritratto.

Si, perché il genio ha compiuto l’ultimo ritocco di classe.

Per rendere omaggio ad un illustre sportivo, citerei la “Mamba Mentality”, la realtà nel ricercare il massimo da sé stessi, implementando gli stimoli.

E’ la miglior descrizione del secondo capolavoro, esclusivo. L’uomo ha continuato ad inseguire ciò che mancava per completarsi.

La conclusione ci deve ricordare che il massimo esponente del diverso riconduce alla riflessione sul quanto noi uomini non accudiamo reali opportunità.

Il talento è, ancora una volta, un ‘arte, come il nostro sport. Deturpare ogni possibilità di cogliere il proprio sogno è errato.

I timori di appartenere al diverso, che qui s’intende rappresentare una fascia che svolge con diplomazia ed eleganza il suo compito, vanno arsi e calpestati.

Thiago Alcantara è la volontà plateale di non esser “uomo da titoloni”. Balotelli, ne cito uno, si. A suo dire, la componentistica corretta è questa.

Vedere un concetto a tavolozza colorata, rende il racconto di un giocatore completo. Il disegno, si conclude al suo 100%.

100% è il dna del calcio per Thiago.

Thiago, il centrocampista che tra le tante cose, sa (di)segnare.

Un suo predecessore era l’autore del calcio totale.

Lo spagnolo lo è.

To-ta-le.