L'Italia è Campione del Mondo.
Un traguardo storico raggiunto a distanza di quarantaquattro anni dall'ultima Coppa messa in bacheca dagli azzurri. Un traguardo storico per chi, come Dino Zoff, ha sollevato in cielo il trofeo alla veneranda età di quarant'anni.
Quella sera, mentre il resto della truppa festeggiava in discoteca, ad aspettare Zoff, in camera, c'era Gaetano Scirea. Tutti a ballare e loro in camera, a sorseggiare del buon vino. A farla da padrone era il silenzio, sebbene entrambi fossero ancora nel pieno della goduria sportiva. Proprio il silenzio corrisponde all'istante in cui nella mente del portierone friulano riappare l'amico Gaetano, antitesi incarnata delle urla e del frastuono.

Un giocatore dalle qualità ineccepibili, vissuto nel bel mezzo fra l'epopea di Beckenbauer e l'eleganza di Franco Baresi, designato quale suo successore sul suolo italico. Nessuno può stabilire chi sia il migliore fra i tre, anche se Luigi Garlando, ad esempio, non ha dubbi in merito. Gai aveva in comune con gli altri due la spiccata propensione ad avanzare verso l'area avversaria. Garlando diede un qualcosa in più all'ex numero 6 bianconero affermando che "[...] lui era difensore in difesa, centrocampista vero a centrocampo, attaccante vero in attacco". Numeri impressionanti se associati al rendimento di un difensore: 32 reti in 14 stagioni bianconere.

Dall'Atalanta alla Juve le prestazioni di Gai sono cresciute di pari passo ai trofei messi in bacheca. Numeri da capogiro anche in tal caso: 7 Scudetti, 2 Coppe Italia, 1 Coppa Campioni, 1 Coppa UEFA, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa UEFA. Alcuni di questi titoli alzati al cielo proprio dalle sue braccia, in quanto capitano della squadra.
A lui l'onore e l'onere di fare da portavoce, per conto della UEFA, nel tragico scenario dell'Heysel, annunciando ai microfoni dello stadio il normale svolgimento della gara. Da Capitano a membro dello staff tecnico il passo è breve. Sarebbe diventato, a detta di molti, un grande allenatore, avendo assorbito i dettami di Parola, Trapattoni, Bearzot e Rino Marchesi. Solo il fato gli ha impedito di coronare questo sogno.

Un uomo di grande levatura morale, mai sopra le righe, mai una dichiarazione fuori luogo, mai un insulto rivolto a un avversario. Mai. Il calciatore deve dare il buon esempio, svolgendo una funzione, di fatto, quasi pedagogica verso le generazioni future. Gaetano era un buon esempio ambulante. Paolino Pulici, dopo uno scontro di gioco con lui, si ruppe il naso. Risvegliatosi in ospedale, il primo volto che vide fu quello di Scirea. Un normale contrasto di gioco, una circostanza fortuita, priva di alcuna volontarietà. Eppure Gai era lì, a sincerarsi che l'avversario si risvegliasse in condizioni ottimali. Cartellini rossi in carriera: 0. Nient'altro da aggiungere.

Giocatore sopraffino e uomo impareggiabile, è questo il ritratto che emerge di Gaetano Scirea. Ho omesso dall'articolo i dettagli relativi alla sua dipartita o la voce rotta dall'emozione di Sandro Ciotti, nell'istante in cui annunciava il tragico evento.

Di Gai vogliamo ricordare solo il bello, dentro e fuori dal campo. Una bellezza non convenzionale, annidata tra le più recondite pieghe dell'anima. Il suo ricordo è fiamma ardente, alimentata dall'incessante attività della sua amata Mariella, dalla voce dei tifosi juventini, ubicati nel settore a lui intitolato e nel lavoro di Riccardo, il bambino (in foto, sopra), oramai uomo, membro dello staff tecnico bianconero.

Ci manchi, Gaetano!