Alla fine, stancatosi quanto prima di passeggiare su e giù per i viottoli di Milanello, alla ricerca di una nuova ispirazione, di un nuovo senso di appartenenza, Suso ha chiesto la cessione. Un po’ come accadeva ai Re detronizzati o abdicanti, quei signori attesi, magari persino mitizzati, ma mai realmente amati, come ultimo desiderio ha chiesto l’esilio. Un atto più di sdegno che di consapevolezza, a essere sinceri. Perché dopo più di tre anni vissuti alla luce di una titolarità indiscutibile, una fiducia incontrastata da parte di diversi allenatori, sono bastate appena tre panchine consecutive a farlo stancare. Quel grande amore, che Suso tanto aveva paventato a più riprese in momenti precedenti, forse alla fine non era così grande. Perché sebbene è vero che il suo destino fosse segnato, in particolare dopo l’arrivo del tiranno Ibrahimovic, egli non ha voluto nemmeno provare a battersi per un posto in squadra. E questo, per quanto il sottoscritto non si sia mai iscritto tra gli estimatori dello spagnolo, è triste, molto triste. Triste perché tale situazione disegna con leggiadria quanto avvenuto nell’ultimo lustro rossonero. Mostra quanto il Milan abbia vissuto la sua età del ferro, quella del disordine, del caos più totale, sul campo e dietro le scrivanie. Un’età che, se volessimo descriverla come lo facevano i miti antichi di molte culture, è stata segnata da leader imbelli e falsi profeti. Non mi si fraintenda, con questo non voglio di che Suso sia stato l’origine di tutti i mali del Milan. Affermare ciò sarebbe un’ingiusta esagerazione. Di certo è stato però uno dei simboli della decadenza, sebbene tale colpa non sia totalmente sua. Essa infatti dovrebbe essere divisa con i vari Montella, Gattuso, Giampaolo e del Pioli dell’epoca pre-Ibra. Che cosa ci avevano visto costoro in questo personaggio? Quale magia nascondeva nella forma del suo gioco, a tal punto da nascondere la nullità della sua sostanza? Una stregoneria di cui Giampaolo fu forse la vittima più grande, al punto da fargli considerare Suso alla stregua di un vero e proprio messia, bloccandone la cessione. 

Essendo molto appassionato di scrittura, ovviamente sono anche un grande lettore. Tra i miei autori preferiti ne eleggo parecchi, ma molto probabilmente quello che più amo è certamente H.P. Lovecraft. Lovecraft, per chi non lo sapesse, è uno scrittore a cui la narrativa fantastica e dell’orrore devono molto. Al giorno d’oggi infatti sono innumerevoli i film e altri riferimenti artistici, che devono molto al Solitario di Providence. Io stesso, nei miei racconti e romanzi, mi ispiro al suo stile e al suo universo immaginario. E, quando penso alla storia di Suso al Milan, mi viene quasi naturale pensare come lo spagnolo sarebbe stato un ottimo personaggio per le storie di Lovecraft. Un ometto ambiguo, strano, intraducibile. Uno di poche parole, schivo, misterioso. Persino il suo aspetto, dai tratti lievemente mediorientali, avrebbe fatto al caso dei miti onirici di Lovecraft, che dal medioriente prendeva gran parte dei suoi spunti. E pensando a ciò mi immagino dunque questo stregone oscuro, dotato di chissà quali orpelli ultraterreni. Un pifferaio magico dal cui flauto fuoriescono nenie blasfeme, in grado di intorbidire gli animi più irreprensibili, le logiche più coriacee. Vestito del suo cafetano nero, con il suo sguardo stretto e felino, questo stregone è in grado di ridurre a mera marionetta chiunque si pari sul suo cammino. Ed effettivamente è un po’ quello che è accaduto, al di là di una fiacca narrativa. Allenatori, giornalisti, persino alcuni tifosi si sono trovati stregati da quelle movenze eleganti, quei cambi di direzione improvvisi sulla fascia destra. Quasi non fosse importante che simili movimenti, per quanto attraenti in determinati frangenti, non portassero a nulla. Ma come tutte le magie, tutte le stregonerie figlie della mente, alla fine anche quelle del potente stregone Suso sono finite, si sono richiuse su sé stesse. E proprio come capita nei racconti della narrativa fantastica, ciò è accaduto all’arrivo di un altro stregone, potente quanto arcigno. Passaggi semplici falliti; cross sbocconcellati bloccati con semplicità; palle ciabattate in tribuna. Questo lo spettacolo offerto da Suso, durante l’ouverture dell’Ibrahimovic Atto II avutasi nel corso di Milan-Sampdoria. Quasi il solo ingresso in campo dello svedese fosse stata pura Kryptonite per lo stregone spagnolo, oramai reso inoffensivo e incapace di una qualsiasi delle sue magie illusorie. Un po’ come quanto accade a Giovanni Plantageneto, noto anche come Giovanni SenzaTerra, il quale aveva seduto ingiustamente sul trono d’Inghilterra. Misera fu la sua caduta al ritorno in patria del legittimo Re, Riccardo Cuor di Leone. 

Ribadisco: Suso non è stato unica fonte dei mali rossoneri. Ma in quello che pare sempre più assumere le fattezze di un periodo di rivoluzione, è bene eliminare tutto ciò legato ancora alla decadenza del vicino passato. Una decadenza a cui Suso purtroppo partecipò da protagonista. Forse agli inizi anch'egli ne fu una semplice e innocente vittima, ma è chiaro come alla fine ci prese gusto. Perché cambiare squadra o modulo, quando entrambi ti permettono di essere titolare inamovibile? Al di là delle sconfitte, dei risultati irrisori, degli obiettivi sempre mancati, perché perdere la propria intoccabilità? Sarà forse per questo che, nei giorni scorsi, Suso e la dirigenza rossonera pare siano arrivati ai ferri corti. Visti lesionati i propri aristocratici diritti, il re senza trono ha chiesto di essere mandato in esilio, là forse dove un giorno potrà costruire un suo nuovo personale regno. E se così è, allora la storia di Suso al Milan è veramente il ritratto di ciò che è stato il Milan nell’ultimo lustro: un'unica, totale, illusione, per non dire menzogna. Perché come menzognero fu l'amore dichiarato da Suso al Milan, ipocrita è stato il tanto paventato progetto rossonero, il quale ha l'aggravante di essere stato starnazzato da diverse proprietà e dirigenze. 

Se dunque il possibile addio di Suso non sancisce in sé stesso la fine di un’epoca nera, come minimo certifica un primo risveglio da quel torpore di cui il Milan è stato vittima. Basta con le illusioni. Basta con le promesse da marinai. Basta con sogni che non hanno né capo, né coda. È ora di ricominciare dalle fondamenta, da laddove si può fare qualcosa solamente col sudore della fronte e con l’olio di gomito. Ma per farlo è prima necessario fare piazza pulita di ciò che è stato, a qualsiasi costo. Attendere grandi offerte per Suso, così come per altri, equivale esattamente all'attesa reiterata della sua esplosione: un'illusione. Perché continuare a farsi del male? Se la medicina deve essere amara per poter funzionare, allora che lo sia terribilmente e che la si faccia finita una volta per tutte. E speriamo che, infine, questa sia la volta buona. 

Un abbraccio.

Novak.