Qualcuno paventa l’alone di Raiola nell’onnipresenza da esaurimento nervoso di Suso: non lo escludo anche se è sempre titolare da molto prima e lo è come lo sono Calhanoglu, Kessie e, fino ad un paio di mesi fa Biglia, Rodriguez e Borini.

Mi corre l’obbligo di specificare per l’ennesima volta che non ho nulla di personale contro questi ragazzi, è una precisazione assolutamente superflua, ma doverosa.

L’inamovibilita’ dei profili citati sta affossando la carcassa del Milan, oltre a nuocere agli stessi perché ormai perdono valore e credibilità ad ogni pallone che sbagliano, ovvero quasi tutti. In una situazione tecnica al limite del grottesco per sdrammatizzare, tragica per essere realisti, la scusa che le alternative non esistono non sta in piedi. Maldini, Gabbia, Brescianini, oltre alla titolarità fissa di Leao (io dico anche di Rebic cui sarebbe doveroso concedere cinque partite intere), non regge: escludo siano inferiori ai nostri. Anzi. Rappresentano le forze nuove in una squadra sfibrata dalle batoste, dallo scempio tecnico e dalla mancanza assoluta di attributi.

Oggi la sopportazione verso Suso equivale a quella che dovremmo avere se fossimo obbligati ogni domenica a vedere nell’11 titolare Marco Materazzi, in soldoni il peggior avversario di un rossonero: così non può continuare.

Se è vero come è vero che siamo una banda di zombie resuscitati per caso da un villaggio raso al suolo da chi ci ha svenduto per 30 denari dopo che non gli servavamo più, l’impiego di uomini nuovi, nuove soluzioni tattiche, un nuovo modulo che non sia sto patetico, ritrito, finto 4-3-3 che si protrae da anni, dopo aver raggiunto l’apice dell’abominio con Gattuso, quando la retromarcia era il rapporto più usato, è o dovrebbe essere un obbligo.
Qualunque allenatore degno di questo nome non prenderebbe in considerazione  in alcun modo Suso Calabria o Calhanoglu se fosse chiamato a raddrizzare una spranga di stagno piegata su se stessa da un decennio.

Il resto dell’opera, come già sottolineato altrove, dovrebbe essere appannaggio della parte sportiva della dirigenza che, come per il Messia Ibra, dovrebbe rassegnare le dimissioni in caso di mancati acquisti sulle fasce e a centrocampo, quantomeno per una forma di dignità e perché il latte alle ginocchia provocato in quei ruoli e’ reiterato  da anni e nessuno ha pensato di porvi rimedio.

Ancora una volta, più per fanciullesca speranza che per reale prospettiva, rimando al primo febbraio la sentenza sul mercato invernale.
In otto milioni abbiamo capito cosa fare: mancano da convincere tre o quattro persone. Ma ovviamente sono gli otto milioni a non capire niente.