E' notizia di qualche giorno fa la proposta dei club più potenti d'Europa (Eca) riuniti ad Amsterdam sotto la presidenza di Andrea Agnelli, riguardo la composizione delle principali competizioni europee, di un cambiamento sostanziale dei tabelloni e dei calendari nonché del numero di club partecipanti.

Dal 2024 infatti, Champions League ed Europa League verranno restaurate in 3 principali competizioni che saranno Superchampions League, Europa League e un'altra lega cui bisogna dare ancora un nome, un po' come le vecchie indimenticabili Coppa dei Campioni, Coppa Uefa e Coppa delle coppe.
Si passerà dalle attuali 80 squadre (32 di Champions + 48 di Europa League) alle future 96, suddivise in 3 leghe da 32 club ciascuna. Una sorta di serie A, B e C a livello europeo. Per far sì che pure le squadre delle leghe minori cullino il sogno di poter disputare la Superchampions, è previsto un domino di 8 promozioni e retrocessioni fra le varie competizioni.

Ciò che però sta scatenando il dibattito fra gli appassionati di calcio è però il fatto che i match che si dovranno disputare siano programmati per il week end, cosa che relegherebbe le partite dei campionati nazionali al mercoledì, con conseguenze disastrose sul piano dell'interesse collettivo e soprattutto dei diritti televisivi, con gli investitori che vedrebbero declassato o comunque meno attraente un torneo giocato infra settimana.

E qui nascono le prime considerazioni. Ci sono sempre più persone che vogliono vedere un prodotto di qualità con club che danno spettacolo,  bel gioco e capovolgimenti di fronte. Ad una concomitanza di partite, il tifoso preferisce guardare ad esempio Real-Barcellona piuttosto che Lazio-Parma; è più interessante un Liverpool-PSG alla domenica che un Cagliari-Bologna al mercoledì. La nuova proposta dell'Eca ha tenuto conto anche di queste cose e ha colto la palla al balzo formulando per l'appunto un format che esalti in tutto e per tutto ovviamente i club più potenti d'Europa con relativi introiti maggiorati rispetto al presente, penalizzando in modo evidente i campionati nazionali e chi vi partecipa.

Gli unici a resistere ancora a questa proposta sono gli Inglesi. I britannici possono vantare un torneo combattuto, richiesto in tutto il mondo e remunerativo come la Premier League, e giustamente se ne guardano bene dal doverlo penalizzare. Loro hanno sempre gli stadi pieni, anche per partite tipo West ham-Crystal Palace, e il dover spostare una partita di campionato al mercoledì per obbligare i tifosi a vedere Leicester-Rapid Vienna la domenica è una cosa fuori dalla logica.

Così facendo si corre seriamente il rischio di sminuire un torneo che ha appassionato la gente per anni e anni; chi era ricco lo sarà ancora di più, chi invece era "povero", ahimè, pure.

Per contro, a chi è favorevole a questa rivoluzione, potrebbe comunque calare l'interesse nel vedere sempre partite di cartello, come tutte le cose prima o poi vengono a noia. 

Si perderebbe il fascino dell'eterna lotta tra Davide e Golia, svanirebbe il sogno delle piccole squadre di poter affrontare e magari battere le super corazzate; stanno distruggendo il sogno di tanti piccoli club, tifosi, città di potere confrontarsi col calcio che conta, non ci saranno più favole come quella del Leicester, o peggio ancora si perderebbe quel senso di competizione che da sempre contraddistingue nel nostro caso il campionato di Serie A, con le proprie rivalità storiche e la passione che ci mettono i tifosi, gli appassionati e i romantici del calcio di una volta, loro sì, le vere vittime di questa pseudo riforma.