Il Calciomercato possiede delle sfaccettature che spesso passano sottotraccia al cospetto di colpi milionari e trattative sensazionali. Accade infatti che in sede di negoziazione i dirigenti arrivino a soluzioni del tutto non preventivabili, pur di giungere al tanto agognato accordo"Voglio Tizio, è in vendita?" "No, però se mi dai Caio te lo do volentieri" oppure ​​"Ti vendo Sempronio, ma ci metto sopra il diritto di riacquisto perché uno così non lo voglio perdere" ma anche "Vuoi Calpurnio? Prenditi anche Mevio e Filano, così ti passa la paura e siamo contenti tutti!" 

Ecco, quest'ultimo caso è il più raro ma anche il più rischioso. Qual è il pericolo? Quello di acquistare un fuoriclasse che seguivi ardentemente da mesi trovandoti nel pacchetto ragalo - con tanto di grazioso fiochetto - calciatori che non volevi, inutili nel progetto tecnico o addirittura scarsi in assoluto. A tal proposito, i casi come questo nella storia del calcio italiano sono numerosi; vi andrò a descrivere i tre che più mi hanno sorpreso e anche un po' divertito.

      Gabriel Omar Batistuta + Diego            Latorre

“Abbiamo preso un fenomeno”, annunciò in conferenza stampa un euforico Vittorio Cecchi Gori, come sempre tutto fuorché misurato nelle sue esternazioni. "Sono il nuovo Maradona! Sono un 10 che segna e fa segnare." aggiunse il protagonista della presentazione, l'argentino Diego Latorre. Convinto lui convinti tutti, si dice. Purtroppo per i tifosi viola (e per se stesso) il nostro eroe non segnò e non fece segnare. Evidentemente il ragazzo si era lasciato prendere dall’entusiasmo del suo nuovo presidente, partecipando ad una gara a chi la sparasse più grossa.

"Dai un voto alla tua tecnica", gli chiese un giorno un giornalista. "Dieci", rispose. Ormai non lo fermava nessuno, era sempre più convinto. E, tra le altre, dava l’idea di essersi perfino tenuto basso. Alla seconda domanda del giornalista su quale voto avesse dato al suo dribbling, Latorre rispose con atteggiamento oltremodo serioso: " Dieci!" Convinto lui, convinti tutti. Il giornalista non osò andare oltre.

“Resterà alla Fiorentina per sempre”, lo difese Cecchi Gori da quanti lo avessero etichettato come mero sparring partner di Batistuta. E infatti nel gennaio '93 - dopo 2 dimenticabili presenze e la miseria di 18 minuti in campo - il nostro venne spedito in Spagna, al modesto Tenerife. Da lì, iniziò il suo lunghissimo peregrinare, facendo la spola tra Sudamerica ed Europa.

Soprannominato "Gambetita" (la "finta"), Diego Latorre viene descritto come un centrocampista dai piedi buoni, il classico numero 10: quando la Fiorentina si accaparrò la spalla ideale del bomber Gabriel Omar, alla piazza viola sembrò un sogno. Non ne azzeccò mezza.

Arrivò con Batistuta, dicevamo. Lui si che la differenza la fece, e anche tanta. Unanimemente considerato uno dei migliori attaccanti di sempre, venne notato dai dirigenti della Fiorentina in seguito alla vittoriosa Copa América del 1991 e acquistato per 12 miliardi di lire (provate a fare il cambio con gli euro e ditemi se non è stato un affare pazzesco!). Il suo compagno di merende - opzionato dai Viola ma lasciato al Boca anche per la stagione 1991-1992, avendo la Viola già quattro stranieri -  arrivò a Firenze solo un anno dopo, pagato 3,5 miliardi di lire. Uno sproposito.

​    Javier Zanetti + Sebastián Rambert

​​​​​​Il caso più clamoroso di pacchetto campione+bidone è senza ombra di dubbio quello del duo Zanetti-Rambert. Tra quest’ultimi, pare che il vero obiettivo della dirigenza interista fosse il secondo(!), considerato all'epoca un attaccante prolifico dal cristallino talento e dal roseo futuro. Javier Zanetti, invece, era una promessa, ma non aveva le referenze di cui godeva - in patria e all'estero - Rambert. Una leggenda metropolitana (ma molto verosimile) racconta che entrambi facessero parte dello stesso pacchetto, e che in pratica l’acquisto di Zanetti - al tempo un perfetto Signor Nessuno - sia stato determinato solo dalla volontà di acquisire Rambert.

In realtà i due giocatori militavano in club diversi. La storia narra che a segnalare entrambi a Moratti sia stato Antonio Valentin Angelillo, straordinario bomber argentino delle origini interiste. Il duo - costato complessivamente una decina di miliardi di lire - fu presentato il 5 Giugno 1995 a Milano: di primo acchito sembrò Zanetti il comprimario, perché le attenzioni mediatiche erano unicamente rivolte a Rambert, attaccante che in Argentina si era guadagnato il soprannome di "Avioncito", cioè aeroplanino. Una sorta di Montella sudamericano.

I fatti - come spesso accade - dimostrarono l’esatto contrario: mentre Javier Lo Sconosciuto sgroppava sulla fascia destra come uno stallone imbizzarrito, Sebastián Il Fenomeno se ne tornava a casa a gambe levate, dopo mezza stagione in cui non provò mai la gioia del gol.

Oggi Javier Zanetti è conosciuto come uno dei più grandi, forti e carismatici capitani della storia interista: una vera ed indiscussa "Bandiera" dell’Inter, come poche se ne vedono in giro oggigiorno. E Rambert che fine ha fatto? Tornato in patria, divenne un desaparecido del calcio, appendendo prematuramente gli scarpini al chiodo.

"Primissimo allenamento, facciamo possesso palla. Lui non la perde mai, gli resta sempre incollata al piede. Quel giorno pensai che avrebbe fatto la storia dell'Inter". 

  Giuseppe Bergomi su Javier Zanetti.

         I 4 Moschettieri dell'A.C. Milan

Estate 1995. 

La Legge Bosman ha appena rivoluzionato il Calciomercato: i giocatori in scadenza potranno liberarsi a zero e scegliere altri club. Il Milan - come molti altri - ne approfittò immediatamente facendo incètta di talenti ad Amsterdam: il vero obiettivo era Patrick Kluivert - autore gol decisivo nella finale di Champions proprio contro i rossoneri - che però si sarebbe potuto liberare solo nell’estate successiva.

A Galliani venne perciò proposto il pacchetto completo: 4 olandesi a costo zero in due distinte sessioni di mercato. Edgar Davids e Reiziger subito, Kluivert accompagnato da Bogarde l’estate dopo.

Solo una volta che Galliani ebbe scartato il pacchettino in Italia, si rese mestamente conto di quel che conteneva in realtà. Un po' come quando un bambino scrive una lettera a Babbo Natale chiedendogli il videogioco appena uscito, per poi ritovarsi come regalo il carbone. 

Kluivert - che doveva essere la risposta al nerazzurro Ronaldo (ma quando mai!?) - segnò appena 6 gol in Italia; il marcantonio Bogarde durò meno di un quindicenne di fronte ad un film hot; Davids - probabilmente il vero fenomeno dei Fantastici 4 - venne sconsideratamente ceduto alla Juventus su esplicita richiesta dello spogliatoio; Reiziger invece non andò oltre le 10 presenze, prima di essere scaricato di corsa all’unico acquirente possibile: il suo maestro van Gaal, nel frattempo diventato allenatore del Barcellona.

In particolar modo, il terzino fece il suo esordio in campionato a novembre nel pareggio a reti bianche contro la Juventina. L'olandese venne posizionato a destra in una difesa a 4 composta nel seguente modo: Paolo Maldini terzino sinistro, Franco Baresi e Alessandro Costacurta centrali. Più o meno alla stregua di servire come dessert dei fichi secchi ad una cena a base di caviale e champagne.