"L'ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù" (François de La Rochefoucauld). 

LA SUPER-CAZZOLA. Esplode a mezzanotte la bomba che avrebbe dovuto sconvolgere per sempre il business calcistico mondiale, che avrebbe dovuto rivoluzionare il concetto stesso di "giuoco del calcio", del football, nella sua essenza primordiale. Le Grandi Dodici hanno fondato la Superlega alias European Super League, un torneo calcistico europeo che de facto soppianta le coppe europee di matrice UEFA. I nomi delle Potenze Rivoluzionarie sono resi subito noti, con tanto di sito internet ufficiale e comunicati unificati e distinti sulle pagine web ufficiali dei club: AC Milan, Arsenal, Atlético de Madrid, Chelsea, Barcellona, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Real Madrid, Tottenham. Sei inglesi, tre italiane, tre spagnole, restano inizialmente fuori (per scelta propria) tedesche e francesi. Ma il piatto, per quello che c'è dentro, è già ricchissimo di suo: a capo della Grande Cordata ci sono Florentino Perez (presidente del Real Madrid) ed Andrea Agnelli (presidente della Juventus), si definisce nei dettagli un vero e proprio campionato europeo "privato" annuale (da agosto a maggio) per club di super élite,  fuori dall’egida di FIFA, UEFA e delle varie federazioni nazionali. La Superlega sarà composta da 20 squadre, delle quali 15 partecipanti di diritto (i 12 fondatori più altri 3, e molti scommettono su Bayern Monaco, Borussia Dortmund e PSG) e altre 5 determinate stagione per stagione da un meccanismo di qualificazione non subito definito. 
I 20 club saranno divisi in due gironi da 10 squadre, che nella prima fase all'italiana si affronteranno in partite di andata e ritorno: le prime tre di ogni raggruppamento andranno direttamente alla fase a eliminazione diretta, mentre quarte e quinte si giocheranno in un playoff l'accesso ai quarti. La finale si disputerà in partita secca in una sede neutra, come da tradizione. Ogni squadra diputerà, quindi, tra le 18 e le 23 partite infrasettimanali. 

SERVONO SOLDI, SUBITO. Alla fin fine, terminata la prolissa elencazione delle caratteristiche tecniche e sgombrata la discussione da tutti gli orpelli, è una questione di puro valore economico-finanziario: parliamo di soldi, tanti soldi, acqua fresca di sorgente per club sempre più indebitati. 
La logica alla base di tutto il marchingegno è molto elementare: se la NFL americana, che ha 300 milioni di tifosi nel mondo, fattura a livello televisivo il doppio della Champions League di calcio, che è seguita da almeno miliardi di appassionati, c’è qualcosa che non va. Come spiega Il Sole 24 Ore, c’è un valore inespresso che va recuperato, in primis aumentando il numero di partite tra le squadre più blasonate, titolari di un marchio globale riconosciuto in tutti i continenti e aggredendo i mercati con un prodotto nuovo: "In poco tempo così sarà possibile passare da 3,2 miliardi di ricavi europei di Champions ed Europa League a 5/6 miliardi nel breve termine e fino a 10 miliardi nel medio termine. JP Morgan finanzierà l’avvio del progetto per 3,5 miliardi da distribuire subito ai soci fondatori e poi altri 3 miliardi come anticipo sui ricavi". Sembra di aver fatto tombola: è una cascata di dobloni d'oro.

REAZIONE SCOMPOSTA MA EFFICACE. Il mondo della palla che rotola incassa la botta, la reazione degli organismi ufficiali si attesta tra l'incredulo e l'inferocito. Aleksander Ceferin, presidente UEFA, interviene subito e non usa mezzi termini: "La Superlega equivale a sputare nel viso a tutti quelli che lavorano nel calcio e amano il calcio. Facciamo appello a tutti, ai fan, ai media, ai politici e agli organi di governo del calcio di unirsi a noi per non far sì che questo piano diventi realtà".  Nessuna pietà per i Grandi Eversivi: "Stiamo valutando la situazione con la squadra legale, ma cercheremo di applicare tutte le sanzioni che potremo: il prima possibile dovremo sospendere tutti dalle nostre competizioni, i giocatori che parteciperanno e giocheranno con le squadre nella Superlega non potranno giocare né ai Mondiali né agli Europei né in nessuna partita delle nazionali". 
Ma il meglio, l'inviperito Ceferin, lo riserva ad Andrea Agnelli, uno dei grandi architetti del progetto: "Non parlerò molto di Agnelli, è la più grande delusione. Ho parlato con lui sabato pomeriggio, ha detto che si trattava solo di voci, che non c'era nulla sotto. Ovviamente l'avidità è così forte che sconfigge tutti i giusti valori umani". Bum!

Boccia il progetto, ovviamente, anche la FIFA, il governo del calcio mondiale, attraverso una nota ufficiale: "In questo contesto la Fifa non può che esprimere la sua disapprovazione per una lega separatista europea chiusa, al di fuori delle strutture calcistiche internazionali e che non rispetti i nostri principi, a favore della solidarietà nel calcio e di un modello di ridistribuzione equa che può aiutare a sviluppare il calcio come sport, in particolare a livello globale".
Anche i massimi esponenti della politica calcistica nostrana, non risparmiano cartucce e sparano a vista. Gabriele Gravina, presidente FIGC, è durissimo: "Il calcio è dei tifosi. L'unica riforma percorribile è quella nata dalla proposta UEFA sulla Champions, ogni tentativo di fuga in avanti è irricevibile. Questo progetto pone gli stessi club fuori dal contesto riconosciuto dalla FIFA". 
Di lì a poco, seguono le dichiarazioni e le azioni di tanti protagonisti del mondo calcistico, tutti ansiosi di mettere il proprio cappello su quello che pare proprio essere un momento epocale: e tutti, o quasi tutti, sono contrarissimi alla Superlega, ai suoi principi ispiratori, finanche ai suoi fondatori fisici. 

A fronte delle proteste immediate di tutti i supporters inglesi, sopratutto dell'ala più calda del tifo, i giocatori del Liverpool diramano un breve comunicato, condiviso dal capitano Jordan Henderson, circa la loro posizione sulla Superlega. I Reds non vogliono partecipare e appoggiano le proteste dei tifosi: "La Superlega non ci piace e non vogliamo che accada. Questa è la nostra posizione collettiva. Il nostro impegno nei confronti di questa squadra di calcio e dei suoi tifosi è assoluto e incondizionato". 

Mesut Ozil, tedesco attualmente al Fenerbahce (ex Real Madrid ed Arsenal) scrive: "Il divertimento delle grandi partite è che avvengono solo una o due volte all'anno, non ogni settimana. Davvero difficile da capire per tutti gli appassionati di calcio là fuori..". Ander Herrera, del PSG, non è da meno: "Mi sono innamorato del calcio popolare, del calcio dei tifosi. I ricchi non rubino ciò che il popolo ha creato". Durissimo anche Gary Neville, ex capitano Manchester United: "Una vergogna assoluta, sono disgustato. E' pura avidità, i proprietari di questi club sono degli impostori, anche quelli dello United per il quale faccio il tifo da 40 anni. Bisogna penalizzare questi club, farli retrocedere e togliere loro tutti i soldi". Lo segue Lucas Podolski, ex di Bayern Monaco, Arsenal e Inter: "La Superlega è un insulto, il calcio è per tutti. Questo progetto mi disgusta, sono contrariato di vedere coinvolti club di cui ho fatto parte. Dobbiamo combattere tutto questo".

La protesta supera la linea di bordocampo e sconfina nelle panchine. Dal "Loco" Bielsa, attuale tecnico del Leeds ("Il problema è che i ricchi vogliono essere sempre più ricchi e vogliono privilegi sproporzionati"), all'ex campione d'Europa Jurgen Klopp ("Ho la stessa opinione negativa che avevo sulla Superlega. La gente non è felice, posso capire il perché"), fino al nostro Roberto De Zerbi del Sassuolo ("Non ho piacere a giocare contro il Milan, una delle squadre fondatrici. Hanno fatto un colpo di Stato, il comportamento di questi club lede il diritto del più debole, al quale impedisci di crearsi la strada. È come se il figlio di un operaio non possa in futuro fare il dottore").

IL FASCINO OLEOSO DEL POLITICALLY CORRECT. Tutto bello, tutto giusto, tutto politically correct. Applausi scroscianti e tutti schierati contro questo progetto elitario, divisivo, snob, che crea un solco tra grandi club e club meno grandi, tra grandi giocatori e giocatori meno grandi.  Ed infatti, in meno di quarantott'ore, il progetto della Superlega fallisce miseramente, risolvendosi in uno dei flop più clamorosi e fragorosi della storia recente (non solo dello Sport): sotto i colpi della critica comune, i club iniziano a sfilarsi uno per volta, finchè tutto finisce. L'UEFA riaccoglie il figliol prodigo ed uccide il vitello grasso in vista della prossima Champions.
Ma le dichiarazioni restano e resta quella strana sensazione viscida, figlia dell'ipocrisia di un mondo, quello del pallone, che stenta ad uscire dal cortile delle frasi fatte. E fatica dannatamente, sin dalle origini, a dire qualcosa d'intelligente e di poco scontato.
Parlano di etica, di "calcio del popolo", di diritti dei tifosi, addirittura di diritti dei poveri, ma queste parole vellutate escon fuori da bocche e da dita milionarie. Dita che pretendono di firmare solo contratti a sei o sette zeri, che esigono di restare milionari per sempre ed impongono la propria volontà di esserlo sempre di più: ad ogni rinnovo, ad ogni minaccia di andare via a parametro zero, ad ogni "ne parlerete col mio procuratore, grazie".
I giocatori del Liverpool, ragazzotti che per correre dietro ad un pallone vengono lautamente retribuiti con 5, 10 o 15 milioni di sterline all'anno, chi credono che faccia i bonifici ogni mese? E da dove credono che giungano tutti quei pounds, ogni santo mese? E perchè, secondo loro, il club ha l'esigenza immediata di aumentare gli incassi ed i fatturati attraverso leghe, superleghe ed extraleghe? 
I vari Ozil, Herrera, Podolski, sapendo di vivere in un momento di grande difficoltà economica per il mondo e il calcio, quante volte hanno detto al proprio club di saltare un mese di stipendio? Quante volte hanno rinunciato a chiedere un aumento d'ingaggio? Anzichè parlare dei tifosi, quante volte hanno giocato per i tifosi anzichè per il denaro?

E Bielsa, che percepisce otto-dico-otto milioni di euro a stagione per allenare una formazione neo-promossa, come può parlare dei ricchi che fanno la guerra ai poveri? Vi è giunta notizia che allenerebbe gratis o in cambio di uno stipendio da operaio, giusto per fare un piacere ai tifosi meno abbienti? Ed anche secondo lui, come secondo Klopp, chi gli paga lo stipendio super-milionario? Quando c'è da fare la dichiarazione ad effetto, siamo tutti pauperisti. Quando si tratta di incassare... è il capitalismo, baby!
Mi spiace per il bravo De Zerbi, che non vorrebbe giocare contro i club che hanno fondato la wannabe Superlega, poichè immagino che non vorrebbe neanche giocarci insieme. Suppongo quindi che rifiuterebbe con sdegno una chiamata dalla Juventus o dal Real Madrid. E rifiuterebbe il relativo contratto. O no?
Ed anche per i tifosi, un po' di coerenza sarebbe più utile di uno striscione ad effetto: o si contesta il club che s'indebita, o si contesta il Direttore Sportivo che non acquista quel bomber "troppo caro". O si accettano e si applaudono le Società sane, che tengono i bilanci in ordine ma rischiano di non vincere mai, oppure si accetta il rischio di andare sul lastrico ed avere bisogno di Superleghe dal sapore a stelle e strisce: non ci sono vie di mezzo. Bisogna accettare il fatto che comprare Ronaldo ed avere il bilancio in ordine, oggi, non è possibile. 
Chi è preoccupato per le problematiche etiche, per i tifosi, per il popolo del calcio, sappia che i Club sono arrivati alla canna del gas proprio per pagare gli stipendi faraonici dei calciatori e per sottostare ai ricatti dei procuratori dei calciatori. Gli stessi che hanno speso parole al vetriolo contro "il calcio dei ricchi" e la Superlega. La soluzione ai mali economici del pallone è semplice: anzichè riempirvi la bocca di frase fatte, al prossimo rinnovo di contratto accontentatevi di chiedere qualche euro in meno, sarete sempre ricchissimi.

Oppure, per favore, tacete ed incassate: come diceva Petronio Arbitro "Chi ha i soldi naviga con vento sicuro". Con e senza Superlega.