Il cuore del calcio

Innanzitutto va messo per appunto che quella di ieri non è stata una partita, ma la partita. Si è giocata ventiquattrore dopo un rinvio (decretato nel pomeriggio di sabato), causato dalla pioggia, come se qualcuno da lassù abbia cercato di ottenere più tempo per prepararsi all’evento. E quel qualcuno altro non può essere che il dio del calcio, ovviamente argentino. Se per strada vi capiterà mai di fermare un argentino e chiedergli cosa rappresenti per lui il gioco del football, otterrete una sola risposta: la vita. Cosi come noi viviamo per la cucina e l’arte, in Argentina si vive per il tango e il calcio. E no, non avranno un livello come quello dei maggiori campionati europei, non avranno sceicchi pronti a investire fior di milioni, non avranno vinto mondiali su mondiali, ma hanno il cuore, cosa che noi non abbiamo più. Prendiamo per esempio i nostri derby più sentiti: abbiamo su tutti, Lazio-Roma, poi Milan-Inter, Juventus-Torino e Catania-Palermo. Poi? Nient’altro. In Argentina invece, c’è una storica rivalità in ogni angolo, come quella tra appunto Boca Junior e River Plate, ma anche per esempio quella tra Racing e Indipendente, che si “vive” letteralmente in quartiere. Già, avete letto bene, i loro rispettivi stadi si trovano a soli pochi metri di distanza.

Il destino

A volte il fato può essere davvero crudele, può distruggerti nel giro di un secondo. Altre invece, può servirti la madre delle occasioni, come per esempio ha fatto con il River. Nel lontano 2011 infatti fu scritta una delle peggiori pagine della storia del club: la retrocessione in Serie B. E indovinate chi fu a condannarli a tale “discesa”? Esatto, proprio il Boca. Si trattò di una batosta talmente grande che i loro tifosi festeggiarono con due giorni di festa cittadina, e ora il River ha l’occasione di riscattare quella brutta pagina di storia nel migliore dei modi, ovvero portando a casa la “Libertadores”, che per chi non lo sapesse è l’equivalente della nostra Champions League. In tutto questo però cosa c’entra il destino oltre alla rivincita? Non solo le due squadre si re-incontrano in una finale decisiva per i loro futuri, ma questa è inoltre l’ultima edizione con la formula del doppio confronto, visto che già dal prossimo anno, si passerà alla finale unica, proprio come nelle maggiori competizioni europee. Boca-River è anche questo, la partita del destino.

Come spiegare una guerra

Quella tra i tifosi del Boca e quelli del River, non è una semplice rivalità, è una vera e propria guerra segnata da anni di battaglie, la cui più importante avvenne nel lontano 1968: siamo al 23 giugno, e mentre da noi è appena iniziata l’estate, in Argentina siamo in pieno inverno, fa molto freddo, e nel finire della partita tra appunto le due squadre, gran parte dei tifosi del Boca decidono di lasciare lo stadio con qualche minuto d’anticipo. Scelta abbastanza comprensibile se si pensa che non stiamo parlando di una partita qualsiasi, bensì di un derby che richiama a se tutta la città. Solo che è proprio in questo momento che una partita di calcio si trasforma in una tragedia: ai tornelli d’uscita si crea un blocco, la massa di persone non riesce a defluire, rimanendo poco a poco bloccata. Siamo nel 1968 e il paese non se la passa di certo bene: appena due anni prima c’è stato infatti un golpe, guidato dal generale Julio Alsogray, e fenomeni di repressione e povertà sono all’ordine del giorno. Le strutture poi, sono quel che sono, visto che i tornelli dove si ritrovano bloccati sono piccoli e stretti. A un certo punto poi, iniziano ad arrivare altri gruppi di tifosi: la partita è appena finita e tutti ora stanno lasciando lo stadio. Bastano una manciata di minuti per far diventare quei stretti cancelli di ferro in una vera e propria trappola mortale. La calca di persone inizia a diventare spaventosa e c’è gente che continua ancora ad arrivare. Lo spazio inizia a essere sempre meno e il panico entra in scena. È la fine. La polizia è sistemata proprio davanti l’uscita, davanti alla famosa “puerta 12” e decide che è arrivato il momento di vendicarsi. Già, vendicarsi. Durante la partita infatti, dalla curva del settore ospiti, ovvero quella del Boca, sono stati intonati cori “peronisti”, che all’epoca erano assolutamente vietati. La polizia decide cosi di caricare le persone bloccate prendendole a manganellate, evento che spiega come mai nessuno riesca a uscire, e anzi, il perché di tutte quelle persone che tentano disperatamente di risalire. Centinaia furono le vittime, con qualcuno che morirà anche in quello stadio, ma come già detto prima siamo all’alba di un colpo di stato e alle forze dell’ordine tutto è concesso, soprattutto far uso della violenza. Il governo cercherà infatti di sbarazzarsi della storia il più in fretta possibile, offrendo a tutte le famiglie coinvolte, una simbolica donazione di poco più di mille dollari, in cambio della rinuncia a qualsiasi tipo di denuncia, contro il River, la federazione argentina e ovviamente il corpo poliziesco. Per colpa della povertà e della disoccupazione dilagante, tutti accettarono l’offerta, tutti tranne Nèlida Oreto e Dìogenes Zùgaro, che decisero di procedere per vie legali e ottennero cinquantamila dollari a testa. Non sono mai state trovate prove certe sulla carica dei poliziotti, ma da quel giorno, sia i tifosi del Boca che quelli del River non hanno mai smesso di intonare almeno una volta il coro che recita:

No habia puerta, no habia molinete, era la cana que daba con el machete”, che tradotto significa: “non è stata colpa della porta, ne dei tornelli, è stata colpa della polizia con i manganelli”.