Il pianto a dirotto, inconsolabile, senza freni di Dybala, alla penultima di campionato ha destato più di una perplessità. I motivi per cui una persona piange non sono sempre facilmente decifrabili, né quindi tantomeno possono essere sempre facilmente esprimibili. D’accordo i tanti rimpianti, l’abbraccio affettuoso degli amici, e dei tifosi, e mille altri personalissimi motivi per essere triste, ma più di qualcuno, me compresso, si è però chiesto come mai Paulino non abbia anche messo sull’altro piatto della bilancia, gli aspetti positivi del suo addio. Ad esempio, il fatto di non dover più avere a che fare con Arrivabene, io personalmente l’avrei considerato e gli avrei dato un peso tale, nel computo complessivo da uscire dal campo, non dico ridendo, ma quasi…
In realtà, lo tsunami di pensieri che l’aveva assalito riguardava paure che nessuno, ma proprio nessuno avrebbe mai potuto intuire, se non, forse, Mamma Alicia, perché la mamma è sempre la mamma. E ogni mamma sa quanta sofferenza può esserci dietro un sorriso di circostanza, o un post che ostenta una serenità che in realtà non c’è.

Il pianto di Paulino ha origini antiche, ma è alimentato da paure per l’incolumità sua e dei suoi cari attualissime e serissime. Dietro tutto questo, c’è l’ennesimo atto di bullismo del solito Bonucci, che gli aveva detto chiaro e tondo che a fine partita gli avrebbe bucato la palla col cacciavite, se in questi ultimi giorni non avesse approfittato di una delle tante conferenze stampa per ritrattare la versione su ciò che era successo negli spogliatoi di Cardiff, riaffermando nuovamente quindi di aver ricevuto da Mandzukic, non solo lo schiaffo di cui tutti favoleggiavano, ma anche tutta una serie di pizzicotti dati nel corso della partita lontani dalle telecamere, con tecniche di tortura ben note, che permettono di provocare dolore, senza lasciare segni, apprese nel campo di addestramento paramilitare della primavera della Dinamo Zagabria, frequentato con ottimi risultati dal buon Mario fin dall’asilo paramilitare d’infanzia.
I bidelli che prestano servizio davanti all’ingresso principale della sede dell’Inter, abituati al massimo a dover fronteggiare personaggi molesti del calibro di Brozovic o Vidal, avevano rassicurato la Joya e la sua mamma circa l’assenza di pericoli, visto che, a loro dire, nessuno avrebbe avuto il coraggio di avvicinarsi senza essere bloccato e reso inoffensivo.
A quanto pare, invece, con la complicità del suo compagno di scorribande, Demiral, col quale si è subito creata una spettacolare intesa criminogena che in tanti sperano di vedere nuovamente in azione sul campo, anche lui frequentante le scuole elementari “Lucignolo nel paese dei balocchi” annesse al riformatorio di stato di Nisida, con sede distaccata di Torino), il buon Leo, eludendo il cordone di sicurezza che era stato predisposto, ha compiuto il suo ultimo gesto da bullo: lo scioglimento del fiocco del grembiulino di Paulino.
Questo il modo di Leo Bonucci di farsi ricordare dalle sue vittime. Aggiungiamoci pure che, fin quando glielo faceva la mamma, il fiocco resisteva perché, capito l’andazzo, la signora Alicia, la mattina, al piccolo Paulo glielo sistemava a prova di bullo, appuntandoglielo con una spilla da balia ben nascosta dietro il fiocco, in modo che nessuno se ne accorgesse e lo prendesse in giro. Alla peggio si sarebbe strappato, ma sciolto no!
Ma da quando a farglielo la mattina è la sua compagna Oriana, cantante che non fa mistero di ispirarsi, per sonorità e cifra artistica, a Madonna, potendo anch’essa vantare, nel corso delle riprese del videoclip del suo ultimo successo, di aver avuto (come da copione) scambi di effusioni saffiche che inevitabilmente, in un crescendo alla Rossini di sonorità orgiastiche, consistenti in schiocchi di frusta, gemiti femminili e rumori di catene, sapientemente mixati con un fondo (solo a tratti riconoscibile) di quell’Ave Maria di Schubert fortemente, testardamente voluto da Oriana per omaggiare iconicamente la figura di Madonna, a cui la Sabatini rende giustamente tributo.
In questo turbinìo di contaminazioni artistiche che non fanno che rincorrersi e sfuggirsi vicendevolmente, è anche comprensibile ed inevitabile che spesso il fiocco del grembiulino del piccolo Paulo finisca in secondo piano, e che a volte Oriana lo faccia non sempre con la giusta concentrazione, col risultato che spesso, questo povero fiocco, finisca con lo sciogliersi anche così, senza che il Bonucci o il Demiral di turno debbano far nulla.
Lui, poverino, che se non avesse la pancetta e il visino rubicondo di un puttino del Canova, potrebbe sempre proporsi come sosia dell’attore Tobey Maguire nelle scene pericolose di Spiderman, ce la mette tutta, e riesce quasi sempre a trovare il lato positivo delle cose. Recentemente, ad esempio, in modo molto signorile, ha affermato che se la sua compagna non riuscirà a superare le 1000 visualizzazioni col suo nuovo videoclip, potrà comunque vantare un’esperienza (saffica n.d.r.) sicuramente molto piacevole e divertente. Poi qualcuno, a microfoni spenti, gli ha fatto notare che tutt’al più a divertirsi nel baciare altre donne bellissime era la sua compagna, non lui. Lì, forse un po’ male c’è rimasto, ma non l’ha dato troppo a vedere, cercando di apparire serafico e imperturbabile come un tempo. Certo, però, erano davvero altri tempi: Oriana non c’era, il fiocco lo faceva mamma Alicia, a prova di bullo, e le ragazze, tutt’al più, le baciava lui.

In attesa di capire come evolverà la finora strabiliante carriera di Oriana, visto che il buon giorno si vede dal mattino, per evitare pericolosi assembramenti, l’entourage “Sabatino” ha già provveduto ad affittare per il prossimo Grammy Award, lo stadio Nord Coreano, Rungrado May Day Stadium di Pyongyang, che per capienza (150.000 posti) “dovrebbe bastare”, questa le parole “spese” dalla cantante, per commentare la scelta della location, che a qualcuno, dalle parti di Laguna Larga, dove, man mano che queste decisioni vengono prese, a distanza di pochi giorni giungono fatture alquanto costose che, stando ai soliti ben informati, qualche mal di pancia, sembra, lo provochino. Fatture a cui corrispondono ovviamente spese, e non di parole, come quelle della Sabatini, bensì di denaro sonante che, a mamma Alicia, e ai fratelli Mariano e Gustavo, non dispiacerebbe utilizzare per coltivare velleità, magari artisticamente più terra terra, ma pur sempre adeguatamente costose.
E meno male che nei bilanci dei calciatori argentini, qualcuno prima o poi ce ne spiegherà il perché, quasi non venga contemplata la figura del procuratore. Spesso (se c’è) la si trova accorpata alla voce “offerte libere” assieme alle offerte per la parrocchia del paesello d’origine, e a quelle relative a spese che è bene rimangano generiche e non meglio specificate.
Ci sarebbe da chiedersi come mai se tutto il resto del parco giocatori mondiale si regola pagando ai procuratori decine di milioni di euro, come facciano i giocatori argentini praticamente ad autogestirsi.
In attesa di capirne di più, dobbiamo registrare come il buon Jorge Antun, concessionario d’auto, procuratore di tennisti, amico di vecchia data del defunto papà di Dybala, abbia palesato in questi giorni la sua presenza per buttare giù i dettagli di un accordo con l’Inter che nessuno mette in discussione.
Antun, in attesa di farsi venire la faccia tosta, la spavalderia, e la tracotanza di Raiola, si è portato avanti sul fronte della panza, su cui, va detto, se la giocherebbe fin d’adesso ad armi pari. Antun, in attesa di affilare le armi della diplomazia, basa il suo stile di mercanteggio su quello che ha appreso visionando più e più volte una delle più famose pellicole della cinematografia popolare italiana di fine anni 70, un film di Bud Spencer e Terence Hill che si intitola: “Io sto con gli ippopotami”; tanto poco valutato ed apprezzato allora, quanto meritatamente rivalutato 40 anni dopo.
In una scena del film, Mr Ormond, il cattivo di turno, manda un suo scagnozzo per conoscere le richieste che Terence e Bud ritengono adeguate. Prima che lo scagnozzo arrivi, Bud Chiede a Terence un parere su quanto chiedere:
Terence: Io mi farei dare di più
Bud: Quanto di più?
Terence: Almeno il doppio
Nel frattempo arriva lo scagnozzo…
Scagnozzo di Mr Ormond: Quanto volete?
Bud: Almeno il doppio!

Ecco, la competenza che in Argentina viene ritenuta più che sufficiente per quel che deve fare un procuratore, oltre ad avere la panza, sembra possa essere questa.
Al di là delle competenze di Antun, Marotta non penso ci metterà tanto a capire che il Dybala che aveva lasciato a Torino era un calciatore, e soprattutto un uomo molto diverso. Ai tempi di Palermo e nei primi anni di Torino era uno che non si spaventava di lavorare. Poi qualcuno gli ha fatto credere di essere un fuoriclasse e qualcosa si è rotto.

Se la Juve ha preferito non fare nessuna offerta, col terrore che per quanto bassa la facesse Dybala l’avrebbe comunque accettata, vuol proprio dire che quel Dybala lì... non c’è, e non c’è nemmeno alcuna speranza che torni ad essere!