Era il 26 dicembre del 1937 e Sammy Bartram come sempre si trovava a difendere la porta del Charlton, la squadra a cui aveva dedicato la sua intera carriera da professionista. Era quello uno dei tanti boxing day, che in Inghilterra si giocavano già dal 1860. In quell’occasione, il Charlton si trovava ospite del Chelsea nel mitico Stamford Bridge. Una partita maschia, tipica del calcio inglese dei bei tempi, giocata in un clima gelido, come rigido fu d’altronde quell’inverno a cavallo tra le due guerre. Sebbene non nevicasse, sullo stadio di Londra cominciò a calare la nebbia dopo la prima mezz’ora di gioco, che si fece sempre più fitta. Al ’60 praticamente era impossibile vedere al di là del proprio naso, tanto che a un certo punto il caro Sammy cominciò a sentirsi alquanto solo, tra i pali della sua porta. E più i minuti passavano, più Sam si spazientiva. “Diamine. Con questa diavolo di nebbia mi sarò di sicuro perso un goal dei ragazzi!”. Così Sam attese e lo fece invano, ma di questo smise ben presto di preoccuparsi. “I ragazzi stanno facendo una partita memorabile. Credo di non aver mai subito così pochi tiri in tutta la mia carriera!”.
Passata un’altra mezz’ora, quando Sam cominciava ad acuire l’orecchio per non perdersi il triplice fischio finale, vide apparire nella nebbia una figura scura. L’arbitro, pensò subito Sam, pensando che il giudice di gara fosse giunto ad avvertilo che la partita era finita. Quando però quella figura si fece più vicina e più nitida, Sam si ritrovò incredulo faccia a faccia con un bobby, un poliziotto. “Ma che diamine ci fa lei qui?” gli chiese costui, sorpreso di trovare qualcuno in campo nel suo giro d’ispezione. Da tipico inglese irascibile, Sammy gli rispose a tono “Sto giocando una partita, maledizione. Piuttosto lei che cosa ci fa in campo?!”. Basito, il poliziotto ci mise qualche secondo a rispondergli, chiaramente imbarazzato per la situazione. Alla fine, con delicatezza, glielo disse. “Vada a casa signor Bartram. La partita è stata sospesa mezz’ora fa per impraticabilità di campo. Lo stadio è vuoto già da un po’!”. Sorpreso, e forse anche intristito per essere stato dimenticato, Sammy Bartram non disse nulla e si diresse sommesso verso gli spogliatoi. Leggenda vuole che, dispiaciuto della situazione, il poliziotto si offrì addirittura di pagargli un taxi per tornarsene a casa. Ma questo, come si dice spesso, è un’altra storia. 

Triste storia quella del caro Sam Bartram, se ci si pensa. Essere dimenticato nella nebbia, come un signor nessuno, come uno sconosciuto del cui destino a nessuno importi niente. Eppure il vecchio Sammy non era uno qualunque. Era un vero e proprio uomo squadra. Uno che ha sempre dimostrato gratitudine verso la sua squadra, il Charlton, al punto da vestire esclusivamente la sua maglia per oltre 20 anni. Uno che diede tutto sé stesso per quella maglia e, con le sue prodezze, portò il Charlton dalla terza divisione ai primi posti della First Division, nonché a vincere una Coppa d’Inghilterra. Un uomo-squadra, come già detto poco fa. Ma soprattutto un uomo di sport, grato ogni giorno al calcio per averlo strappato dalla vita in miniera. Perché Sammy Bartram non era infatti destinato a diventare un calciatore professionista. In gioventù egli aveva infatti provato come giocatore di movimento nelle leghe dilettantistiche, ma con scarsi risultati. Fu persino rigettato durante un provino avuto con il Reading. Eppure, nonostante giunto ai suoi 20 anni si fosse rassegnato nel proseguire la strada del professionismo, il fato decise di dargli un’ultima occasione. In una partita di coppa locale della sua zona, il Boldon Villa si era ritrovato improvvisamente senza portiere. Sam non ci pensò due volte a farsi trovare pronto. Sebbene non avesse mai giocato tra i pali, quella prestazione destò l’attenzione del Charlton, il quale lo ingaggiò poche settimane più tardi. Quello fu il momento in cui nacque un grande amore che nulla, nemmeno la morte, sarebbe riuscito a spezzare. Basti pensare che il giorno delle sue nozze, il Charlton avrebbe dovuto giocare una partita casalinga. Ebbene, pare che dopo aver pronunciato il fatidico Sì, Sammy sia corso al The Valley, stadio della sua squadra, abbia indossato i guantoni e abbia portato a casa una vittoria a rete inviolata per il Charlton. Finita la partita, se ne sarebbe tornato dalla sua sposa per la cena nuziale. No signori, questa non è una leggenda, tanto che i giornali dell’epoca ne scrissero ampiamente. 

“Bartram ha impedito, innumerevoli volte, l’unione tra la palla e la rete nel sacro vincolo del matrimonio.” - Daily Mirror, 24/09/1937

Come si potrebbe dimenticare un uomo così, con o senza la nebbia, vi domanderete tutti.
Ebbene purtroppo a volte la memoria è beffarda, anzi addirittura maligna se proprio vogliamo dirlo. Perché nonostante Sammy Bartram fu tutto ciò, il non aver raggiungo risultati eccelsi, quelli che vengono scolpiti nella pietra della storia, lentamente lo consegnò all’oblio. Appesi i guantoni al chiodo, Sam cercò di cimentarsi nella difficile carriera dell’allenatore, ma senza successo.
Compresa che quella non era la sua strada, si gettò allora nel giornalismo sportivo, dove divenne a suo modo un apprezzabile telecronista e una buona penna.
Un giorno purtroppo, uscendo dalla redazione del Sunday People, un malore lo strappò alla vita. Era il 17 luglio del 1981 e, da quel momento, il suo nome fu dimenticato per molto tempo.
Colui che per un certo periodo era stato considerato persino miglior portiere d’Inghilterra, fu ancora una volta dimenticato nella nebbia, quella eterna. La sua tomba, lasciata andare alla peggiore delle incurie, anni dopo la sua morte presentava terribili crepe.

Gi eroi e gli uomini giusti però vivono un’immortalità propria. E per quanto l’oblio desideri divorarli, essi resistono al tempo. Anche se spariscono, non c’è da preoccuparsi, perché prima o poi tornano a farsi sentire. Una sorta di giustizia a scoppio ritardato, potremmo dire. La medesima giustizia che ha portato un anonimo benefattore a rimettere a nuovo il luogo di riposso di Sammy. La medesima giustizia che ha portato il Charlton nel 2005, anno del centenario del club, a porre una statua imperiosa di fronte al The Valley. La statua di un uomo, sebbene dimenticato nella nebbia, non si domandò nemmeno per un istante il motivo di quel silenzio sepolcrale. Ciò che lo preoccupava era rimanersene lì, in mezzo a quei pali, a difendere la porta della squadra che gli aveva dato tanto e a cui avrebbe dato ancor di più. Perché a volte gli eroi non sono coloro che fanno cose straordinarie, ma sono ometti semplici che fanno il loro e sono grati per quel poco che hanno ricevuto. Uomini che non si fermano di fronte alle intemperie e sorridono, loro malgrado, anche quando sembra impossibile. Per questo, se vi capita di passare di fronte al The Valley, fermatevi un secondo di fronte alla statua di Sammy Bartram e lasciatevi ammaliare da quel sorriso bronzeo. In esso forse troverete il senso dello sport e magari persino quello della vita. 


Dedicato a tutti coloro che vivono sorridendo e facendo sorridere. 

Un abbraccio.

Novak.