Non ero ancora nato ai tempi di Rizzoli e Gipo Viani, ma chi c'era, mio padre, garantisce senza ombra di dubbio: tempi d'oro, amore per Milano e per il Milan sopra ogni altra cosa, ma soprattutto eleganza, nei modi, nei toni, nello stile. Era l'epoca in cui l'Italia stava conoscendo il suo slancio economico, ed il Milan cosa significasse dominare in Italia e, per prima, nell'Europa che conta.
Durante la gestione dei Carraro ero fanciullo, ma già milanista fino al midollo: altri trionfi, altri primati e sempre quell'aura magica di profondo attaccamento ai colori rossoneri ed alla città.
Il seguito parla di Duina, Pardi, Farina e serie B. Un Milan già allora condannato ad arrancare. Chi ha questa squadra nell'anima lo sa: la pace non fa parte della nostra storia; siamo condannati a gioire di trionfi che in Italia si sognano, ma allo stesso tempo a sprofondare in allucinazioni societarie e sportive che agli altri, parlo di rivali diretti, non toccano mai. Ferite troppo profonde, blackout troppo lunghi, che durano anni ed inevitabilmente consegnano un'intera generazione a seguire sponde dove il nero non fa coppia col rosso.
Di quei due Milan trionfatori il comune denominatore era l'attaccamento delle proprietà' alla squadra: condizione non certo sufficiente per vincere, ma peculiarità fondamentale.

In fin dei conti è ciò che è mancato da allora, che manca da quarant'anni. L'epopea berlusconiana, infatti, ha fatto di una società plurivittoriosa una leggenda del calcio. Ci siamo giustamente beati di trionfi irraggiungibili per 25 anni, ma non ci siamo mai fermati davvero a riflettere perché alla fine non ce ne fregava nulla: eravamo la squadra più forte del pianeta e, probabilmente, all'epoca dei tre olandesi, la più forte della storia di questo sport. Ciò' che non c'era più, o era una dichiarazione di sola facciata, era il milanismo radicato ed autentico: Berlusconi ha infatti simpatizzato per i cugini in gioventù.
In fin dei conti quali erano le sue passioni? Donne, potere, visibilità elevata all'ennesima potenza e il Milan è stato propedeutico a tutto questo. Nulla di male o di sbagliato sia chiaro, ma si era perso lo spirito autentico di Andrea Rizzoli e Franco Carraro.

Di decifrazione più complicata le passioni di Yonghong Li e Scaroni barra Singer, non parlano di nulla quindi figuriamoci delle loro predilezioni. Si può azzardare l'amore del prestanome cinese per il pollo con le mandorle e quello dell'attuale proprietà' per un triplo hamburger con salsa piccante, ma sono solo congetture. Quel che è certo è che a nessuno frega assolutamente niente del Milan.  Perché' come detto prima non è certo la caratteristica fondamentale per vincere così come non lo è possedere una montagna di soldi, quelli che oggi abbondano e, o non si usano, o si buttano dalla finestra per Conti, Rodriguez, Leao o Kessié.

Il Milan dei nostri tempi e' questo: zero passione, tanti denari buoni come specchietto per le allodole e tanta, tantissima voglia di recuperare alla svelta una perdita ereditata con immensa seccatura da un ex interista coi deliri di onnipotenza.
Lascio quindi a chi ne trae giovamento ed illusioni a catena il dispiacere di parlare di Milan come se si parlasse di una società di calcio, con un piano sportivo preciso e finalizzato a tornare a vincere. Preferisco ricordare la mascella volitiva di Rocco che entrava in campo col suo cappottone doppiopetto: quello era Milan.