Cercherò di essere molto chiaro. Premetto: la vita delle persone ha un valore primario. Punto. Detto questo, onde evitare di banalizzare la situazione, occorre osservare ogni esigenza e tutti i punti di vista altrimenti si rischia di creare sofferenze di serie A e B.

Se dovessi dare un parere tecnico non lo darei favorevole e credo che il Comitato tecnico scientifico sia d'accordo. Poi sarà la politica a decidere”. Ancora: "Il calcio è uno sport che implica un contatto e quindi un certo rischio di trasmissione". Non poteva farsi mancare una battuta di spirito: "Da romanista manderei tutto a monte(La Repubblica). Queste sono le parole di Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell'Iss e componente del Comitato tecnico scientifico. Si tratta quindi di un’Istituzione la cui voce è assolutamente importante all’interno di questa crisi sanitaria.

Rezza ha giustamente risposto a un quesito posto da un giornalista nella classica conferenza stampa tenuta insieme a Borrelli, Commissario della Protezione Civile, alle 18.00 di ogni giorno. E’ un momento atteso da tutto il Popolo Italiano che sta soffrendo e patendo le pene dell’Inferno durante questa terribile pandemia. In questo periodo le persone allo strenuo delle loro forze pendono dalle labbra di tali esperti e attendono con un’ansia inaudita una parola di conforto. Sia chiaro: davanti alle centinaia di morti che giornalmente vengono annunciati non vi è nulla definibile con l’aggettivo prima scritto. Detto questo, l’andamento dell’emergenza pare in evidente fase migliorativa.

A complicare ulteriormente la situazione per il calcio giunge il dottor Ranieri Guerra dell’Oms: “Ritorno in campo a maggio? Ci sono delle indicazioni che stiamo fornendo. Se i giocatori vengono sottoposti a test e valutazioni continue sulla suscettibilità alla malattia e vengono tenuti i distanziamenti necessari, che è difficile, è un'ipotesi. Ma è un'ipotesi che passa attraverso una serie di verifiche e mi sembra abbastanza difficile che vengano superate queste istanze. Il Comitato tecnico scientifico sta facendo una valutazione del rischio, non possiamo perdere il capitale umano per ragioni puramente economiche. Si sta cercando di valutare il rischio e quali siano gli strumenti per eliminarlo e le procedure per mettere in sicurezza il capitale umano, e non mi riferisco solo ai giocatori ma anche a tutti quelli che ruotano attorno al calcio. Credo che per quanto riguarda la grandi partite, con il grande pubblico, non sia il caso di pensarci neppure perché non abbiamo ancora raggiunto il punto nella curva epidemica per liberare le manifestazioni di massa. Per il ritorno agli allenamenti c'è un punto fondamentale che è la messa in sicurezza, che è possibile e ci stiamo lavorando, cerchiamo di dare delle indicazioni”. Queste sono le dichiarazioni a La 7 come riportate dalla Gazzetta dello Sport.

Ora mi chiedo quale sia stato il motivo e quale fosse la necessità da parte del mondo scientifico di esporsi in modo così netto. Per carità, rispondere è assolutamente lecito. Anzi, da taluni è visto come segnale di grande onestà intellettuale e coraggio di manifestare un parere scomodo perché urta le intenzioni di un settore fondamentale dell’economia italica che avrebbe tutt’altre necessità. Posso dire serenamente che se fossi stato al posto dei professori mi sarei trincerato dietro affermazioni che rimandavano ad altre Istituzioni e a diverse competenze. In effetti, non sarà il comitato tecnico scientifico ad assumere una decisione in tal senso, ma giunti a questo punto chi si assumerebbe la responsabilità di una diversa scelta? Si ponga il caso in cui il pallone riparta e sfortunatamente si verifichi una situazione complicata dal punto di vista sanitario che dovrebbe essere comunque contemplata perché il “rischio zero” è un’utopia irrealizzabile, il Popolo si scatenerebbe verso chi ha concesso la possibilità di scendere in campo nonostante il parere diverso della comunità scientifica. Se, invece, Rezza e Guerra avessero mantenuto un profilo più basso, qualcuno avrebbe avuto l’occasione di spiegar loro cosa significhi il calcio in Italia e quali siano i suoi bisogni. Magari, avrebbero contribuito a trovare una soluzione in grado di consentire a quest’azienda che sfama molte persone di proseguire il suo cammino al posto di infliggerle un colpo duro.

Rezza si definisce “tifoso”. Dovrebbe comprendere allora il reale valore del calcio alle nostre latitudini. Il pallone è uno dei settori industriali principali del Paese.
La Lega Serie A ha recentemente spiegato che questo sport risponde a 32 milioni di appassionati, che frutta l’1% del PIL e che genera “un indotto di 8 miliardi a beneficio dell'intera piramide calcistica, oltre a una contribuzione fiscale e previdenziale di 1 miliardo di euro”. Sia sufficiente questo. Non voglio aggiungere altro. Il professor Guerra afferma che: “non possiamo perdere il capitale umano per ragioni puramente economiche. Vorrei replicare che non possiamo perdere il capitale umano per ragioni sanitarie. Mi spiego: lo scienziato dovrebbe essere a conoscenza del fatto che il calcio, così come lo Stato, non potrà farsi carico di tutte le persone che subiranno delle gravi conseguenze in termini di denaro a causa di questa catastrofe. I soldi, purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista riguardo cui non mi esprimo, sono ciò che consente alle persone di vivere e di mantenersi. E’ così, che lo si voglia o meno. Parlare poi di “capitale umano” denota ancora una volta la freddezza scientifica che pare trattare la vita delle persone alla pari del “capitale” quindi in modo crudamente numerico. Ennesimo scivolone comunicativo.

Non si può dimenticare ciò che significa il pallone a livello sociale.
Non ci si nasconda dietro un dito. Riprendere il campionato significherebbe concedere un virgulto di vita a un intero popolo di tifosi veri che non aspettano altro e che soffrono per la mancanza di un’attività che non è soltanto una semplice passione. E’ un qualcosa in grado di muovere i sentimenti. Riesce a estrarre dai cuori e dalle menti gioia pura e sano dolore. Lo sport insegna cosa significhi l’esistenza. Lo sport è vita. Bastino le affermazioni di Papa Francesco:In questo periodo tante manifestazioni sono sospese, ma vengono fuori i frutti migliori dello sport: la resistenza, lo spirito di squadra, la fratellanza, il dare il meglio di sé. Dunque, rilanciamo lo sport per la pace e lo sviluppo” (Ansa.it). Concedere in sicurezza la possibilità di vivere un’estate di calcio significherebbe dare un segnale positivo. Fornirebbe un grande messaggio di speranza. In questo periodo di immenso sconforto, fungerebbe da magnifico medicinale ed è proprio ciò che la scienza non è stata in grado, al momento, di garantire. A porte rigorosamente chiuse, il calcio potrebbe essere pure un’arma a favore di quest’ultima disciplina fungendo da ottimo stimolo per le persone per rimanere tra le mura domestiche e gustarsi la partita in televisione. Qualcuno potrà sostenere che molti tifosi si ritroverebbero all’interno dei luoghi di aggregazione per seguire i match insieme. E’ vero, ma è sufficiente regolamentare la situazione e ci si augura vivamente che ci si possa quantomeno ritrovare tra amici intimi altrimenti significherebbe che l’attuale tragedia immane avrebbe assunto dimensioni ancora più cosmiche. L’andamento della pandemia non pare rivolgersi in questo senso. Quante persone anziane trascorrono il loro santo tempo dedicandosi a una partita di pallone?

Ci si rende conto che si è chiuso un numero immenso di individui in casa con il solo svago dettato dalle trasmissioni televisive che trattano di coronavirus e il web che discute dello stesso argomento? Per non avere news sul covid-19 è necessario concedersi alle note piattaforme online che propongono serie tv o cinema. Qualche film, fortunatamente, è garantito pure dal palinsesto televisivo così come qualche programma che tratta altri argomenti. Se si riflette a fondo sul tema, si nota quanto sia assurda questa situazione. Il mondo è paralizzato dentro l'attuale emergenza dalla quale non riesce a distrarsi un secondo nemmeno restando nella propria magione. E’ logorante e distruttivo per la psiche umana. Con questo non voglio certamente sminuire il lavoro prezioso dei media che stanno attraversando questo momento terribile in maniera quasi perfetta. Non si sono “svenduti” alla bieca retorica, ma stanno palesando un’informazione completa e multilaterale.

Forse gli scienziati non riescono proprio a tenere in considerazione queste importanti esigenze e viaggiano con il solo scopo fondamentale di salvare le persone dal virus.
E’ un’idea assolutamente corretta, ma paradossale. Ribadisco che è utopistico pensare di costringere gli individui all’attuale “non vita” per un tempo ancora lungo in quanto forzare le persone nelle proprie dimore è risultato essenziale per molti, ma rischia pure di divenire distruttivo per un numero esorbitante di individui. Serve equilibrio, ma le parole degli esponenti di questa disciplina sono spaventose. Si pensi per esempio a quanto sostenuto dal pneumologo Mario Schiavina. "Questo virus ha una contagiosità eccezionale. Anche quando ci saranno zero positivi e zero morti occorrerà sempre un grandissimo controllo perché tutto può ancora essere sotto traccia ed esplodere alla prima sciocchezza, come assembramenti o avvicinamenti di persone” (La Repubblica). Non penso siano necessari ulteriori commenti se non la disperata richiesta di un bilanciamento di esigenze che, ripeto, non significa sottovalutare la pandemia, ma semplicemente osservarla senza miopie. Questa possibilità può essere garantita dalla recente task force composta da tanti professionisti e varata dal Governo. Almeno, è la speranza alla quale ci si deve aggrappare.

Tornando alle parole di Rezza, non voglio entrare nel merito della triste battuta riguardo alla Roma perché la trovo un bieco e inutile tentativo di fare spirito in un periodo nel quale assolutamente non mi sembra un’idea geniale. Non è la prima volta che il professore sorride in conferenza stampa o che si lascia sfuggire slogan. Vano pure il tentativo di spiegazioni: “Si è trattato solo di una battuta, per sdrammatizzare il contesto”. Ha solo peggiorato la situazione visto che di fronte a migliaia di morti (scusate se uso un termine forte, ma voglio rendere l’idea) non vi è nulla da “sdrammatizzare”.

Ora tornerei a trattare di calcio riferendomi agli aspetti più tecnici del tema sui quali mi pare che recentemente il Presidente Gravina sia stato piuttosto chiaro. Se non si porta a termine l’attuale stagione, si rischia di intasare la Giustizia. Il grosso pericolo è quello di rivivere una specie di Calciopoli bis che potrebbe esplodere all’ennesima potenza rispetto a quella del 2006. Vorrei esprimere alcuni semplici esempi che non hanno trovano alcun riscontro attuale nella realtà. Si ponga il caso in cui si decida di congelare le classifiche. Una squadra che sta dominando la serie B o che sta disputando un ottimo torneo o un’altra che è in fase di rimonta, accetterebbe di buon grado di ripartire da capo? Se si pensasse, invece, alla promozione delle prime 2 compagini del campionato cadetto per spedirvi le ultime 2 della massima categoria. Cosa penserebbero queste società? Nessuno è aritmeticamente retrocesso. Capisco che di fronte a certe situazioni, vi sono esigenze che passano assolutamente in secondo piano ma, bando alla retorica, chi si assumerebbe mai il lusso di attaccare colui che agirebbe in giudizio per tutelare fatica, lavoro, sudore e risultati? E’ troppo semplice moralizzare su interessi altrui quando non si è direttamente chiamati in causa.

Cairo afferma all’Ansa: “Ha ragione il professor Rezza, riprendere a giocare il campionato a fine maggio è impossibile". Ancora: "Oggi ha parlato un uomo di scienza, e ha detto una cosa che io sostengo da tempo semplicemente perché ho una certa dimestichezza con i numeri. Con la situazione attuale, non esiste pensare a giocare tra un mese e mezzo. Purtroppo. E sottolineo il purtroppo, visto che oltre al Torino ho la Gazzetta dello Sport e dunque avrei interesse a che si riprendesse, per motivi evidenti”. Poi: “Purtroppo questa cosa io l'ho sempre detta. L'8 marzo scorso dissi che ci voleva il lockdown e che più che parlare del campionato bisognava parlare dell'Italia, che se non si fosse fatto qualcosa di molte forte, con i numeri che c'erano, ci sarebbero stati 400mila contagi nel mese di marzo e 50mila morti. Fortunatamente l'abbiamo fatto, sebbene un po' in ritardo, e molte vite sono state risparmiate. Ma se in Cina hanno fatto il lockdown per due mesi e mezzo, e con misure molto più stringenti, facendo lo stesso qui da noi arriviamo a poterci allenare come minimo a fine maggio: e quindi poi a giocare il campionato da fine giugno, rischiando di arrivare alla conclusione di agosto e rovinando dunque anche la prossima stagione. Questo è impossibile, e io l'ho sempre detto. Purtroppo le decisioni che vanno prese non dipendono dai singoli desideri: anche Ceferin e Bach dicevano che non avrebbero rimandato Europei e Giochi Olimpici. Il problema non è quello che desidera l'editore della Gazzetta o il proprietario del Torino o di un'altra squadra. Il problema è che questa pandemia ha una forza senza precedenti. E quindi, mi dispiace dover dire che così come hanno capitolato Ceferin e Bach, saranno costrette a capitolare tutte le federazioni e le leghe dei campionati “(La Gazzetta dello Sport). Sono certo che il patron granata non parli “pro domo sua”. Ora mi chiedo: data la millantata lungimiranza, è certo che sia assolutamente da escludersi la situazione sopra esemplificata? Se si fermasse qui la stagione, come ci si porrebbe nei confronti degli altri campionati che paiono orientati a riprendere. Fifa ed Eca sono state piuttosto lampanti. 

Insomma, la scienza è entrata ancora una volta a gamba tesa contro il mondo del calcio che stava lentamente creandosi le basi per portare a compimento un miracolo che avrebbe potuto significare la felicità per molte persone e la possibilità di tornare al lavoro per tante altre. Questo intervento ha avuto pure l’esito negativo di riaccendere discussioni che parevano lentamente sopirsi andando quasi tutti verso una direzione di apparente buon senso. Presto le altre aziende giocoforza riapriranno e il pallone, nella sua parte più ricca, ha tutte le disponibilità per garantire le più rigorose esigenze sanitarie. E’ chiaro che il contatto dovrà essere consentito perché è l’essenza di questo sport, ma se i controlli fossero fortificati all’ennesima potenza, si potrebbe trovare un compromesso o chi lo pensa vive in un’altra dimensione?

Stando alla scienza mi pare vittoriosa la seconda ipotesi quindi il pallone dovrà andare incontro alle dette conseguenze negative. Qualcuno sostiene che, come si è rialzato dopo la Seconda Guerra Mondiale, troverà il modo di farlo anche questa volta. Forse, però, non si tiene in considerazione che si trattava di un’era geologica completamente diversa e che adesso la situazione è molto più complessa. Se non si interviene con immediatezza, curare certe ferite potrebbe divenire operazione quasi impossibile.

Proprio in quest’ottica mi sorge spontanea una domanda che rivolgo al mondo dei media legato esclusivamente allo sport. Come si può gestire una simile situazione?
La Redazione di Calciomercato.com può essere certo d'aiuto per spiegare questo momento così complesso essendosi sempre dimostrata ottima nel dirimere l'emergenza dando spazio a più punti di vista nel pieno rispetto della libertà d'opinione.
Per questo la ringrazio.