Finalmente il calcio è tornato.
Dopo interminabili 3 mesi di pausa, siamo tornati a vedere e tifare per la nostra squadra del cuore. Almeno questo è quello che deve aver pensato un tifoso medio dello stivale. 
Nemmeno il tempo di sedersi sul divano (o sulla poltroncina) per ammirare le gesta di CR7 e company, che siamo stati catapultati in una dimensione al quale non siamo abituati. Per la prima volta nella storia del calcio televisivo, infatti, nessuna emittente ha l'esclusiva o la totalità delle partite del nostro campionato. La Serie A si adegua ad un mercato in forte crescita si, ma che penalizza enormemente il tifoso che non può permettersi di seguire la propria squadra dal vivo.

Facendo due conti, per poter vedere per intero il campionato italiano, ci vogliono più o meno un centinaio di euro; divisi nella maggior parte per gli abbonati Sky, passando poi per la nuova piattaforma DAZN e per la necessità di una connessione Internet a banda larga. Se questa rivoluzione può sembrare epocale ed al passo coi tempi, bisogna sempre contestualizzare il cambiamento. Ci stiamo adeguando al business calcio degli Stati Uniti e dell'Inghilterra in primis, senza però averne ne i mezzi ne la mentalità.

Ma come funziona il mercato televisivo dello sport in Inghilterra? La Premier League vende i propri diritti televisivi collettivamente e li redistribuisce in modo equo e senza superare un rapporto di 1,8:1 tra chi incassa di più e chi incassa di meno. Questo fa si che l'ultima in classifica della Premier ottenga profitti maggiori della nostra 6^ in serie A. Tralasciando il fatto (non poco importante) che gli introiti sono più del doppio della serie A, questa ripartizione sicuramente ha livellato la qualità del campionato verso l'alto e creato un forte equilibrio al vertice. Non ci sono, però, soltanto elementi positivi: nessun emittente ha l'esclusività della competizione e molte partite non sono nemmeno visibili alla televisione. Questo per scelta commerciale, ma soprattutto etica: per il tifoso inglese lo sport (il calcio in questo esempio) va vissuto dal vivo, sul divano non può essere la stessa cosa.

Come si può quindi trasportare questo business nel nostro campionato? Credo che la risposta sia ovvia: è quasi impossibile.

Per conformazione territoriale e per ideologia calcistica, il calcio nostrano è quanto di più distante si possa avere dal modello Inglese. Può, forse e per alcune cose, paragonarsi al calcio iberico.

  • La prima difficoltà che un tifoso italiano incontra è la conformazione quantomeno datata delle strutture; un limite strutturale importante che allontana sempre di più la passione dal vivo.
  • La seconda è sicuramente la conformazione del territorio; in Inghilterra le squadre di Premier sono concentrate nelle grandi città. Un tifoso, infatti, si può trovare a dover affrontare la trasferta più lunga andando da Londra a Leeds, che dista più o meno 300 km. Quanto Milano-Firenze per rendere l'idea. Aggiungiamo una moderna rete di collegamenti e capiamo subito perchè il tifoso inglese sul divano proprio non ci vuole stare. Lo vorrei vedere a fare Torino-Napoli, Milano-Cagliari...
  • Legato al primo punto, spunta anche una polemica molto attuale: i prezzi dei biglietti. Dopo delle trasferte del genere e dei sacrifici economici e di tempo, non si può chiedere ad un tifoso di presenziare in curva ospiti alla cifra di 60€. Più o meno il costo di una semifinale di Champions League. Per vedere cosa poi?! 11 giocatori rinchiusi nella propria area a fare le barricate?!
  • Ultimo, ma non ultimo, è la varietà del tifo italiano; esistono poche eccezioni di squadre che concentrano il proprio tifo nella città in cui giocano. Le principali (Juventus, Milan, Inter, Napoli) hanno tifosi distribuiti in modo omogeneo in tutto il territorio. Di questo non si può non tenerne conto.

Capiamo, infine, che questa "inglesizzazione" del calcio sta portando ad un solo risultato: uccidere la passione.

Non è un colpa nostra se siamo un popolo comodo, che è stato abituato a vivere la partita dal divano. D'altronde un film storico raccontava bene il nostro modo di vivere il calcio: "Frittatona di cipolle, familiare di birra gelata, tifo indiavolato e rutto libero". Il ragionier Fantozzi non avrebbe approvato sicuramente.