Il calcio è di tutti. Se così non fosse questo blog non darebbe a me la possibilità di scrivere senza sapere se io sia giornalista, iscritto all'albo o semplice appassionato. Intanto però scrivo di calcio, loro pubblicano, faccio ciò che mi piace all'insegna dello sport e il cerchio si chiude.
È così, e in questo momento dovrebbe essere chiaro a tutti, altrimenti la quarantena tutto ci ha insegnato tranne che davanti ad alcune cose siamo tutti uguali.
In tal senso una delle ultime idee che si sentono in giro è relativa all'apertura degli stadi a capienza ridotta. Pensate a San Siro con 10 mila presenze o solo 4 mila tifosi a guardare la Juve e pochi intimi a cantare per il Napoli. Sarebbe bello rivedere qualcuno allo stadio, ma con quali criteri, a quali costi, per chi? Viene da pensare a prezzi dei tagliandi alle stelle, a posti accessibili per chi può permetterselo a discapito di chi segue sempre la squadra con passione. Una follia, non siamo di certo a teatro, o all'evento mondano dell'anno. Il calcio è del popolo, che troppo spesso è usato a fini promozionali. Basti pensare che per "qualcuno" uno degli ostacoli alla ripresa del calcio era la possibilità degli assembramenti e delle proteste dei tifosi, contrari alla riapertura. Stranezze, giochi poco piacevoli sulla pelle di chi ama questo sport. Forse sarà meno spettacolare assistere alle partite in stadi vuoti, ma è ancora peggio che in pochi possano avere l'accesso e senza criterio, sopratutto in una fase dove il campionato è ancora in discussione.
Pensiamo al presente, speriamo nella ripartenza, usiamo la parola oggi che è meglio di domani e per cortesia, non rendiamo gli stadi un luogo per pochi. Siamo tutti uguali, oggi ancora di più, quindi attenderemo insieme le riaperture.
A chi vuole fare il contrario rispondiamo come il grande Totó all'onorevole... "Ma mi faccia il piacere"!