E’ imprenditore chi esercita un’attività economica organizzata al fine dello scambio di beni o di servizi”. Con queste poche parole, l’articolo 2082 del Codice Civile definisce una figura fondamentale in un sistema sociale. Questa norma viene poi interpretata ed ha una valenza primaria all’interno del nostro ordinamento giuridico. Partendo da tale principio, il diritto commerciale si è sviluppato andando a legiferare quelle che sono le più svariate sfaccettature che la realtà manifesta e i suoi dettagli più nascosti. Solo per citare alcuni macro esempi, si pensi alla differenziazione tra impresa individuale e società. All’interno della seconda specie si trovano le società di persone e quelle di capitali che sono a loro volta suddivise in ulteriori generi. Sempre al solo fine esemplificativo, si immagini la vastità di norme che fanno capo alle “società per azioni”. Senza volersi dilungare ulteriormente nei meandri dell’ordinamento giuridico italiano, risulta abbastanza chiara la portata che la figura dell’imprenditore vanta all’interno di un sistema economico. Come detto, però, questo soggetto ha un’immensa rilevanza anche nella collettività. Spetta pure a questi il compito di creare posti di lavoro che consentano a un individuo il proprio sostentamento. Tra dipendente e titolare si dovrebbe creare un rapporto di necessità comune per il quale l’uno abbisogna della professionalità dell’altro. Questa è la realtà di un sistema sano in cui la domanda e l’offerta di lavoro siano bilanciate. La figura dell’imprenditore e quella del subordinato dovrebbero avere la medesima valenza e lo stesso peso. Soprattutto in un periodo di estrema difficoltà economica e sociale come quello attuale, “il capitano d’industria” svolge un ruolo ancora più importante che gli impone responsabilità ulteriori rispetto a quelle solitamente gravate. Tanta gloria e molti oneri. Con le capacità e la fortuna, il mestiere di impresario può regalare ampie soddisfazioni. Allo stesso tempo, però, il bravo imprenditore riempie la sua coscienza con il peso della protezione dei suoi dipendenti. Questa deve essere la direttiva principale che lo guida durante la sua attività evitandogli, magari, scelte rischiose o scellerate in nome del profitto nudo e crudo.

Tale lunga disamina è utile al fine di comprendere come la descritta figura abbia una valenza fondamentale anche all’interno del calcio che senza di essa non potrebbe esistere. Non si deve pensare soltanto ai tycoon che timoneggia il top club. Esistono una serie di piccoli industriali che forniscono il loro importante sostegno all’interno di compagini di provincia o addirittura di realtà locali pure nei meandri del dilettantismo. Fortunatamente il calcio nasce come un sistema aperto e meritocratico. Non esiste una casta chiusa e tutte le società hanno la possibilità di esprimersi in ogni categoria senza preclusioni. Questo è consentito da un importante impianto di promozioni e retrocessioni che viene dato quasi per scontato, ma che è una prerogativa geniale di determinati sport. Nella quotidianità non è così semplice trovare simili possibilità di interscambio. Troppo spesso, infatti, la situazione appare molto cristallizzata rendendo impensabile il concretizzarsi di qualsiasi tipo di sogno a causa della mancanza del “titolo” atto a raggiungere l’obiettivo, nonostante si posseggano tutte le capacità indispensabili allo scopo.
Il pallone è diverso e può regalarci favole come quella realizzata da Giorgio Squinzi con la sua magnifica opera d’arte calcistica: il Sassuolo
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Ieri la cittadina emiliana ha vissuto i tristi momenti dell’ultimo saluto al suo grande eroe con il drappo nero sulla bandiera tricolore e il respiro spezzato da un nodo in gola. Il Dottore, come veniva chiamato sulle colline modenesi, ha lasciato un’impronta evidente in questa popolazione che tanto somiglia a quella dove è nato e cresciuto. Mapei è uno dei grandi doni che il padre di Giorgio gli ha lasciato e che lui, laureato in chimica, ha curato nel miglior modo possibile ottenendo risultati straordinari. Nel periodo tra il 2012 e il 2016 è stato il rappresentante principale dell’imprenditoria italiana restando alla guida di Confindustria e svolgendo la sua opera con egregia mitezza. Questa è forse una delle doti principale di un uomo che ha ricoperto cariche di enorme responsabilità sempre con cura e amore tanto da far trasparire un’importante attenzione verso il prossimo. Non è un caso se il mondo del calcio si è letteralmente unito in un immenso abbraccio verso una persona che molti giocatori neroverdi, o con trascorsi in Emilia, hanno definito come un secondo padre. Uno di questi è Acerbi che arrivò al Sassuolo in un momento di estrema difficoltà personale rilanciandosi tanto da vestire la maglia della Nazionale ed avere un importante chance di titolarità alla Lazio.
Squinzi decise di acquistare il club neroverde in serie C2 e lo trascinò sino all’Europa League disputata nel 2016-2017. Sono 7 anni che questo Comune situato nella pedemontana modenese ha la possibilità di disputare la massima categoria e lo fa all’interno di uno stadio di proprietà. Urge sottolineare che, in Italia, tale prerogativa è vantata solo da alcune realtà sicuramente di dimensioni più significative rispetto a quella emiliana: Juve, Udinese, Cagliari e Frosinone.

Squinzi era un grande tifoso del Milan. Nel 2002, quando decise di acquistare il Sassuolo, i rossoneri erano guidati da un altro eccezionale imprenditore italiano: Silvio Berlusconi.
Non so se vi siano caratteristiche caratteriali che accomunino questi 2 magnati, ma sicuramente si somigliano sotto l’aspetto dell’amore per il “giuoco del calcio” e per l’impegno che hanno profuso verso questo sport. La loro passione è stata tanto forte da risultare a tratti cieca, ma in realtà sempre ben consapevole delle operazioni svolte.
Poco importa se un capitano d’industria acquista un club calcistico per diletto personale, al fine propagandistico o per qualsiasi altro scopo che sia confacente alla legalità. Nel momento in cui egli riversi un sentimento lungimirante nella sua creatura farà sempre il bene del mondo del pallone. Recentemente sui canali Sky sta andando in onda 1994, la terza stagione della trilogia dedicata anche all’ascesa politica di Berlusconi. In questa pellicola emerge tutto l’amore che l’attuale patron del Monza ed ex Presidente del Milan mostrava nei confronti del club rossonero e del calcio.
Con lui al timone, la prestigiosa società lombarda è divenuta la più titolata d’Europa conquistando, tra i 29 trofei, ben 5 Champions e altrettante Coppe Intercontinentali in 31 anni. Una media disarmate che ha toccato i cuori di tutti i tifosi del Diavolo nel momento in cui, il 13 aprile 2017, il Cavaliere ha lasciato il timone della società a Li Yonghong. Indipendentemente dal credo politico, ogni supporter rossonero ha sentito una stretta al cuore ricordando il glorioso passato che tanto fatica a essere ritrovato. Difficilmente un Presidente potrà eguagliarlo. L’amore per questo sport, però, era troppo forte per tenere Berlusconi al di fuori. Così il tycoon di Arcore ha deciso di acquistare un Monza che sta dominando il girone A di serie C. A proposito, ecco un’altra caratteristica che avvicina l’ex numero 1 rossonero a Squinzi: la Brianza.
L’ex presidente di Confindustria è nato a Cisano Bergamasco che è zona limitrofa a quella citata. Il Cavaliere, invece, vive da lungo tempo in quel lembo di terra che si staglia tra più province della Lombardia del nord. Questa zona ha una sua identità fortemente marchiata e con connotati ben definiti. Nel suo film, Il Capitale Umano, Paolo Virzì fornisce uno spaccato molto particolare di tale stupenda parte d’Italia. Il titolo dell’opera è già sufficientemente esplicativo e qualcuno potrebbe interpretare il capolavoro del regista toscano come la glaciale rappresentazione della fredda ambizione sfrenata che sembra caratterizzare quel popolo. In realtà non è così. Si tratta semplicemente di gente guidata da una forte cultura del lavoro. Questa piccola fetta d’Italia vantante una geografia fisica con ogni sorta di possibilità è storicamente un polo economico di prim’ordine. E’ situata a nord della Città del business per eccellenza, Milano. Le 2 realtà si mescolano e influenzano reciprocamente.

La carrellata relativa ai grandi imprenditori e uomini di calcio non può non citare un altro lombardo DOC, Massimo Moratti. E’ l’uomo dei sogni nerazzurri che tanto si è prodigato per la sua Inter andando incontro a spese ingenti tali da apparire a tratti folli. Si pensi, per esempio, all’acquisto di Ronaldo, il Fenomeno, per circa 50 miliardi di lire che nel 1997 rappresentavano una somma stratosferica. L’ex patron della Beneamata è colui che ha voluto fortemente Mourinho sulla sua panchina e a cui il portoghese pare donare una riconoscenza infinita. Non è certo facile conquistarsi tanta simpatia dallo Special One che quando ricorda i suoi anni ad Appiano pare quasi commuoversi. Moratti è il patron del triplete che resta gemma più unica che rara nel panorama italiano. Insomma, un grande del calcio che quanto a passione e amore per questo sport non ha nulla da invidiare ai citati Colleghi. Uno storico “nemico” di Massimo è rappresentato dalla famiglia Agnelli alla guida della Juventus. Con l’Avvocato Giovanni e il Fratello Umberto, l’Inter morattiana ha combattuto mille battaglie dando il la a epici duelli durante la fine degli anni 90. Tutti ricorderanno la stagione 1997-1998 con la fantastica bagarre bianconerazzurra che purtroppo visse anche momenti di eccessiva ed esagerata tensione dopo il noto contatto Iuliano-Ronaldo, valutato come non sanzionabile con penalty in favore dei lombardi dall’arbitro Ceccherini.
Lentamente la battaglia tra queste società finì pure nelle aule dei Tribunali con i tristi anni di Calciopoli, per poi riprendere la sua forma migliore all’interno del terreno di gioco con Andrea Agnelli che aveva sostituito gli illustri avi. Peccato, però, che ben presto Moratti cedette la sua splendida creatura a Thohir che successivamente la passò a Suning, colosso delle telecomunicazioni asiatiche. Ora Steven Zhang è il più giovane Presidente di serie A. Con i suoi 28 anni non ancora compiuti, il cinese rappresenta un’immagine di speranza per il nostro calcio.
Gli attuali risultati dell’Inter mostrano come vi siano nuove leve che già in tenera età hanno le capacità e la maturità per ricoprire una carica così importante con ampie responsabilità.
Lui, Andrea Agnelli e altri patron come Giulini, rappresentano il grande valore aggiunto che questa generazione può fornire al mondo del pallone. Il calcio è ancora amato e vi è tuttora chi vuole investire risorse importanti in questo sport dal fondamentale valore sociale. Non ci si stancherà mai di ripetere che, per l’uomo comune, il pallone deve servire come superba passione utile a svagarsi e occupare con attività divertenti il poco tempo libero a disposizione.

Questa analisi porta direttamente a esaminare il rapporto tra il nostro calcio e i “conquistadores” stranieri che vengono in Italia per acquistare il prodotto. E’ chiaro che se si pensa a figure come Berlusconi, Squinzi, Agnelli o Moratti non si può che reagire con un minimo di sana malinconia. Detto questo tali personalità continuano a esistere ed essere protagoniste del mondo del pallone.
Se i magnati esteri giungono nel Nostro Paese con la volontà di creare un progetto serio e solido, come pare essere quello della già citata Suning, tutto è alquanto positivo. Sono investimenti che vengono fatti all’interno del Belpaese e che lo arricchiscono esportando con orgoglio un marchio tricolore.
La differenza sta nella passione e nell’amore che questi personaggi dimostrano per la squadra che acquistano. Non è difficile comprendere quando vi sia la presenza di una proprietà solida, passionale e interessata al progetto o, al contrario, un’entità che vaga per l’Etere facendosi rappresentare da “procuratori” con limitati poteri gestionali. Zhang diventa ancora una volta l’esempio più concreto. Contorniato da figure importanti come Javier Zanetti e Marotta sta lentamente crescendo e con lui la sua compagine. Non ha affrontato spese folli, ma uno sviluppo morigerato che sembra portare i suoi frutti sulla falsariga di quanto fatto da Andrea Agnelli alla Juve o di Squinzi al Sassuolo.


Tutto torna e sino a che vi saranno imprenditori degni di tale carica che vivono con passione il mondo del calcio, allora questo sport potrà mantenere la sua fondamentale funzione sociale.
La passione lungimirante deve essere la stella cometa da seguire. E’ come avere un figlio. Poco importano le modalità che hanno condotto alla sua nascita, quello che conta è che sia cresciuto con l’amore e spontaneo che è nell’essenza di essere genitore.