Un presidente! C’è solo un presidente! Un presideeeeeente! C’è solo un presidente!”

“Vattene!” “Caccia i soldi!” “Non ti vogliamo!

Eh già, fare il Presidente di una squadra di calcio, ha i suoi lati belli e brutti. Quando vinci, tutti applaudono, sono contenti, il merito è della società ecc…Quando qualche risultato negativo appare all’orizzonte, i tifosi vogliono la loro testa, deve sganciare i soldi ecc...
Ma, queste figure, non si fanno influenzare da qualche insulto o condizionare dalle innumerevoli opinioni dei propri supporters. Altrimenti non potrebbero fare questo mestiere. Hanno il denominatore comune che devono prendere per ultimi le decisioni più importanti e mettere mano al portafogli (suo o dei vari sponsor). Ma, di Presidenti, nel mondo pallonaro, c’è ne sono stati di svariati tipi. Da Nord a Sud. Avete fame? Bene, allora parleremo di “mangia-allenatori”.
Il titolo indiscusso di questa sottocategoria, appartiene senza dubbio all’imprenditore friulano Maurizio Zamparini. Esonerare gli provoca una libidine non indifferente. Comincia ad avventurarsi nella massima carica dirigenziale dalla stagione 1986-87, guidando il Pordenone in serie C2. L’ ”Hannibal Lechter” dei presidenti, vanta il non invidiabile numero di 45 esoneri nella sua carriera. Nel solo Palermo ha avuto ben 37 allenatori. Numeri da capogiro. All’imprenditore di Sevigliano viene comunque dato merito di aver portato il Venezia dalla serie C alla serie A e sopratutto di aver reso splendenti anni che, a Palermo, non si vedevano da un pezzo assai.

Spostandoci nella vicina Sardegna, non si può menzionare colui passato alla storia per aver esonerato uno dei più vincenti tecnici del calcio mondiale: Giovanni Trapattoni. Sto ovviamente parlando di Massimo Cellino. Patron del Cagliari per ben 22 anni. E’un rampante 36enne, quando nell’estate del 1992, rileva dal suo predecessore Orru, la società sarda per 16 miliardi di lire. Anni di alti e bassi con questo Presidente al comando. Il picco massimo viene raggiunto nel 1994, quando la Coppa Uefa veniva comandata esclusivamente da squadre italiane. I rossoblù si concedono il lusso di battere ai quarti i campioni uscenti della Juventus. Doppia vittoria a Torino e in casa. Semifinale caldissima con l’Inter. Un palpitante 3-2 al Sant’Elia fa sognare tutto l’ambiente sardo, che purtroppo si trasforma in un incubo al Meazza: 3-0 per i nerazzurri. Che in finale alzeranno poi il trofeo. Come patron Zamparini, anche Cellino vanta un curriculum di tutto rispetto alla voce esoneri. In poco più di vent’anni, gli allenatori allontanati sono stati ben 27, per un totale di ben 36 cambi in panchina. Ma il punto forte del n.1 sardo però, non sono gli esoneri. Il titolo indiscusso appartiene a Zamparini. Cellino è famoso sopratutto per la sua scaramanzia. Il numero 17 lo ossessiona da sempre.
Nel suo stadio non tollerava che, se le partite si giocavano un sabato o una domenica, o ancora peggio un venerdi, con quel numero, obbligava tutti gli spettatori a entrare solo con abiti viola. Il seggiolino del Sant’Elia che corrispondeva al n.17 era bandito. Così venne sostituito con il 16B. E guai a chi voleva indossare la maglia con quel numero. “Ritiriamo quel numero malefico” Ordinò! Alla fine della sua avventura italica, approda in Inghilterra. Appena acquista il Leeds United, volle sapere le date di nascita dei componenti della rosa. “When were you born?” chiese anche al povero portiere Paddy Kenny, il quale non potè minimamente capire il senso logico di questa domanda. “I was born on May 17th, President”. Cellino non ci pensò due volte. Licenziato “per giusta causa”!  “Ajò questo porta sfiga”.

Chi di sfortune, malocchi e riti se ne intendeva, fu anche il presidente del Pisa, Romeo Anconetani.
I venditori di sale si saranno sicuramente costruiti ville o seconde case in giro per il mondo, visto che dal 1978 al 1994, era sua immancabile abitudine spargerlo prima di ogni partita. Uomo tanto religioso quanto dispotico. Portava i calciatori in vari pellegrinaggi o a visitare santuari. E poi era capace di aver un atteggiamento tirannico nei loro confronti e verso il suo staff. Si perdono le partite? Bene, ritiro punitivo. Senza se e senza ma. Ovviamente anch’egli non poteva non entrare nella classifica dei “mangia-allenatori”. In sedici anni, i cambi risultano ben 22. Anconetani fu colui che, con grande azzardo, tentò di creare la fusione più impossibile d’Italia: quella tra Pisa e Livorno. E aveva già pronto il nuovo nome da coniare: Pisorno. La sconvolgente notizia, provocò diversi e continui scontri tra le due acerrime tifoserie nemiche e quindi, per il bene di tutti, decise che non era proprio il caso di fondere le due società. Il “Presidentissimo” (come lo chiamavano), dopo la sua morte, rimase comunque nei cuori della gente, visto che lo stadio “Arena Garibaldi” venne cointestato a suo nome con tanto di targa commemorativa.

Spostandoci dalla Toscana all’Umbria, incontriamo un Presidente che, nella Perugia tra gli anni 90 e 2000, divenne famoso per scoprire giocatori/allenatori sconosciuti da categorie minori e farli emergere in serie A. Su tutti, mister Serse Cosmi, e i giocatori Baiocco, Liverani e sopratutto il “man of the glory 2006” Fabio Grosso. Il suo nome è Luciano Gaucci.
Le campagne acquisti originali erano la sua specialità. Importare giocatori stranieri da tutto il mondo, il suo cavallo di battaglia. Già, perché Lucianone possedeva una scuderia. Amava i suoi stalloni. Li amava talmente tanto che era anche disposto a regalarli pur di assicurarsi una partita. Questo prezioso regalo fatto ad un arbitro, gli costò la promozione in serie B nel 1993. Si rifece con gli interessi nel 2001, visto che in quell’annata, il Perugia era stata la squadra rivelazione della serieA, il cui capocannoniere della squadra fu il difensore Materazzi. Nel 2003 hanno avuto l’onore di vincere anche la Coppa Intertoto. Dicevamo dei giocatori stranieri. Giappone, Ecuador, Corea del Sud, Iran..tanto per citare alcuni paesi dove Gaucci pescava i nuovi acquisti. Il presidente umbro di origine romane, aveva il suo carattere fumantino. Se le partite venivano perse, non ci pensava due volte a mandare la squadra in ritiro. Tanto mica doveva correre lui. Le sue sfuriate comprendevano anche chi non si comportava bene contro la Nazionale Italiana. Ne sa qualcosa Ahn-Jung Hwan, il giustiziere dell’Italia nel famigerato golden-gol ai Mondiali nippocoreani 2002. “Ma come? Io ti ho comprato, ti ho portato in un bellissimo paese, ti abbiamo coccolato, ti paghiamo e tu come ci ricambi? Segni a noi italiani e ci elimini dai mondiali? Non voglio più saperne di te. Tornatene in Corea, ingrato”. Gaucci infine è quello che ingaggia Saadi, il figlio del leader libico, Gheddafi. Acquistato per motivi prettamente politici e imprenditoriali. Un pseudocalciatore che giocò in tutto 15 minuti contro la Juve e venne addirittura squalificato per doping. Il patron romano chiuse la sua avventura in Umbria nel 2004, dove venne dichiarata bancarotta fraudolenta, e lui scappò a Santo Domingo dove tutt’oggi è ancora latitante, mentre i suoi figli, i suoi più fidi collaboratori, sono finiti in gattabuia.

Chi invece, proprio mentre nel 2004 se la svignava, qualcuno stava facendo risorgere una società. Il glorioso Napoli, fallito in estate, venne acquistato da Aurelio De Laurentiis. Esattamente oggi, il 6 settembre. In tre anni porta il club partenopeo dalla serie C al grande palcoscenico della serie A. Sotto la sua guida, gli azzurri tornano a risplendere (quasi) come ai tempi del “Pibe de Oro”. Manca solo un triangolo tricolore da cucire sulla maglia, da tanti anni egoisticamente in possesso sulle casacche bianconere. Da buon produttore cinematografico, il Presidente romano sa regalare schetch degni di film all’italiana. Famosa è la sua uscita durante la riunione della Lega, mentre venivano stilati i calendari di serie A. Il suo Napoli venne sorteggiato a giocarsi parecchi big-match in un lasso di tempo troppo breve. Siete delle merde”. Abbandona la sala inseguito da giornalisti, e, appena fuori dalla porta, ferma il primo ragazzo in motorino per farsi dare un passaggio. Rigorosamente senza casco.

Spostandoci verso la Liguria troviamo un altro produttore cinematografico: Massimo Ferrero, detto “Er viperetta”. Folkloristico presidente della Sampdoria. La sua parlata romana e le sue presenze allo stadio tra esultanze, espressioni particolari e sciarpe sbandierate davanti alla curva blucerchiata, lo hanno reso “one man show” indiscusso tra i Presidenti.

E poi al Nord ci sono loro, che per anni sono stati i Presidenti indiscussi per eccezione: Berlusconi - Moratti - Agnelli. Su i tre magnati si sono scritte innumerevoli pagine. A capo delle tre squadre italiane più conosciute nel mondo. Mentre a Torino, dopo la sovranità degli anni passati di zio Gianni prima e papà Umberto poi, ora regna indiscusso Andrea, in terra lombarda, nerazzurri prima e rossoneri poi hanno ceduto al richiamo del ricco Oriente, ponendo fine a una romantica avventura che li ha visti protagonisti nel corso degli anni.