Cinque partite per mettersi in mostra, quattrocentocinquanta minuti per mostrare a Paulo Fonseca di essere giocatori da Roma. Non soltanto per doti tecniche ma anche per la capacità di adattarsi agli schemi del tecnico portoghese. Il nuovo allenatore giallorosso, come è noto, predilige un 4-2-3-1 magari non integralista ma molto definito nella sua identità. Per alcune caratteristiche può ricordare il 4-3-3 propugnato invano per due anni da Eusebio Di Francesco che però scontava il fatto di avere a disposizione  una rosa poco compatibile con i suoi schemi.

Dopo gli addii traumatici di Totti e De Rossi, la cessione di Manolas e quella probabile di Dzeko, alla Roma si è voltata decisamente pagina, nel segno della chiarezza e della sintonia operativa fra tecnico e direttore sportivo. Una armonia inedita che ha più volte visto l'allenatore motivare ed invogliare direttamente i calciatori che Petrachi trattava con le società avversarie. La Roma finora non ha acquistato dei fuoriclasse ma giocatori solidi e funzionali al progetto.

Nelle cinque partite fin qui disputate la squadra ha mostrato già una fisionomia chiara ma anche diverse lacune in settori nevralgici dello schieramento; al centro della difesa, al centro dell'attacco (se non sarà possibile confermare Dzeko in caso di mancato arrivo di Higuain o Icardi), un esterno destro di attacco ​ di piede mancino, eventualmente un esterno destro di difesa se Florenzi alla fine sarà dirottato più avanti. L'aspetto forse più preoccupante della rosa giallorossa è di essere carente in alcuni ruoli e sovrabbondante in altri, come a centrocampo, in porta ed anche come esterni difensivi; Petrachi perciò dovrà curare non poco anche il mercato in uscita.

La Roma al momento è un laboratorio, tenendo conto che tanti giocatori importanti non hanno giocato ancora nemmeno un minuto (Pellegrini e Veretout) o pochi scampoli di partita (Zaniolo e Mancini). Il campo, però, ha fornito delle indicazioni interessanti a Paulo Fonseca: il nuovo portiere Pau Lopes non è praticamente mai stato impegnato però si fa sentire a livello di personalità nella guida della difesa, Spinazzola si è già inserito brillantemente negli schemi di Fonseca e si alterna sulla fascia sinistra con Kolarov che si conferma una certezza, Diawara, anche se con pochi allenamenti alle spalle e pur senza disputare partite trascendentali, riesce a trovarsi spesso al centro della manovra in fase di costruzione del gioco, Mancini e Fazio devono  assimilare i nuovi meccanismi difensivi dato che in diverse occasioni la Roma ha rischiato di subire gol anche da avversari di scarso livello tecnico, Zaniolo è tornato dalle vacanze più determinato rispetto alla fine dello scorso campionato, Dzeko si è confermato un giocatore di categoria superiore, Under è stato a tratti discontinuo ma ha realizzato diversi gol di pregevole fattura e sembra un giocatore recuperato,  il giovane Antonucci si è fatto apprezzare specialmente nelle prime tre partite.

Ma la vera sorpresa di queste prime amichevoli è stato il giocatore che non ti aspetti, il grande flop della stagione passata, l'uomo per il quale Monchi si era attirato una sequenza ininterrotta di maledizioni da parte dei tifosi della Roma: Javier Pastore. El Flaco, grazie anche alla serietà con la quale si è allenato e al fatto che Fonseca non nutra nei suoi confronti gli stessi pregiudizi di Di Francesco, si è messo in luce sia per la classe sconfinata  sia per la sua duttilità (ha giocato con risultati egregi sia da mediano che fa partire l'azione sia da trequartista a ridosso della punta).

Certo, Fonseca avrebbe bisogno di rivederlo in test molto più impegnativi e contro avversari che lo aggrediscono senza soluzione di continuità; inoltre la sua permanenza alla Roma non è per niente scontata;  ma se l'argentino dovesse pur vagamente tornare il Pastore di Palermo, la Roma si troverebbe in casa un campione in più.