Scrivo mentre l'avventura di Spalletti sulla panchina dell'Inter sembra arrivata al capolinea con la dirigenza interista, Marotta in primis, orientata ad affidare la guida tecnica ad Antonio Conte. Leggo ed ascolto tante opinioni favorevoli a questa possibile svolta, ed altrettante contrarie, chilometri di "perchè sì" e "perchè no" e non voglio partecipare al giochino dei pro e dei contro, mi piace invece, con la stagione che sta andando in archivio, analizzare le scelte, i comportamenti e i risultati del buon Luciano e riflettere sul perchè le possibilità di vederlo sulla panchina dell'Inter la prossima stagione paiano così esigue.

Giusto sottolineare prima di tutto che l'anno scorso Spalletti ha fatto un mezzo miracolo, riuscendo a riportare l'Inter nell'Europa che conta, ci è riuscito calandosi fin dal primo giorno di ritiro nel mondo Inter, immedesimandosi con la passione tutta particolare che circonda questa squadra e questa società, ci è riuscito nonostante una rosa ridottissima e di qualità non eccelsa, ha saputo valorizzare al meglio l'investimento su Skriniar, è riuscito a trovare la giusta collocazione tattica a Brozovic, ha "curato" il mal di pancia di Perisic, ha saputo trarre il massimo da giocatori come Cancelo e Rafinha e, fatto assolutamente non trascurabile, ha capito l'importanza di Ranocchia all'interno dello spogliatoio. Un ottimo lavoro a mio avviso.

In estate poi, con l'allentamento dei vincoli del fair play UEFA e con i milioni della Champions la società ha lavorato (bene) per consegnargli una rosa che gli consentisse di compiere una ulteriore crescita. Sono stati acquistati giocatori importanti e funzionali all'idea tattica dell'allenatore, seguendo sue precise indicazioni.
L'inizio della stagione 2018/2019 non è stato dei migliori, più per contingenze negative che per precise responsabilità di Spalletti che ha saputo gestire il momento e ripartire alla grande, sia in campionato (sette vittorie di fila) che in Champions (a punteggio pieno dopo due giornate).
Poi sono iniziate le difficoltà vere: la tendenza cronica e mai risolta a vere e proprie emorragie di punti con le squadre medio piccole, l'Inter ha perso 5 punti con Sassuolo e Torino, 3 con Parma Bologna e Cagliari, 2 con Chievo e Udinese. La seconda parte del girone di Champions giocata con il braccino e una qualificazione gettata alle ortiche dopo aver sprecato due match ball consecutivi. La gestione del pur spinosissimo caso Icardi, che ha visto più volte Spalletti gettare benzina su un fuoco che per il bene della squadra e della società sarebbe stato opportuno provare a spengere.
L'ostinazione, francamente poco comprensibile, ad insistere su un giocatore come Vecino, uno in grado di fornire due tre prestazioni epiche incastonate in campionati interi di assoluta mediocrità in luogo di un Gagliardini che si è costantemente dimostrato più affidabile e continuo del compagno di reparto. Un finale di stagione come quello cui stiamo assistendo, con una squadra contratta e paurosa, che svolge il compitino e che ha sprecato più di un'occasione per mettere in cassaforte la vitale partecipazione alla prossima champions league.

A Spalletti va riconosiuto il merito, in questi due anni sulla panchina dell'Inter, a dare alla squadra una precisa identità, tattica e di gioco e ha dimostrato di saper trovare la giusta collocazione ai calciatori a sua disposizione. Inutile negare però che ha la responsabilità della cinquantina di milioni investiti per giocatori come Vecino e Naingolann, che hanno fornito un rendimento decisamente inferiore alle attese, che non è riuscito a dare alla squadra le dovute, giuste motivazioni necessarie ad affrontare le partite sulla carta più semplici, ma soprattutto, ed è questa secondo me la ragione principale del suo più che probabile addio, non sembra in grado di reggere le enormi pressioni che derivano dal gestire uno spogliatoio come quello dell'Inter o, più in generale di una grande squadra.