Il Natale è vicino. Ci si riunisce in famiglia. Si fanno delle grandi "abbuffate" (chi può). La mattina si va in Chiesa per celebrare la festa liturgica più importante assieme a Pasqua. Il pomeriggio ci si diverte con parenti attorno ad una lunghissima tavola bandita, questa, non per il pranzo ma per il "gioco". C'è chi è specializzato nella distribuzione delle carte, chi nella consueta formula magica "alza il mazzo!", colui che per vincere è costretto a ricorrere a stratagemmi e a truffare i suoi "compagni di gioco", il dilettante che chiede "Ma come si gioca? A me è la prima volta!" e, di conseguenza, quello che deve spiegare tutte le regole minuziosamente, ma finisce col perdere il filo del discorso. E infine lui. Quello "baciato dalla fortuna" che vince sempre e comunque e si fa un bel "malloppo" di danari alla faccia di tutti gli altri che a stento credono che, come ogni anno, 'sto tizio qua ha vinto ancora sbaragliando tutti. Non per sue capacità intellettive, ma perché, come al solito, è aiutato dalla sorte. 

Un po' come l'uomo sopra in figura. Josè Mourinho. Che ha vissuto di fortuna basando, in questo modo, i suoi innumerevoli successi. Il suo palmares è vastissimo e infinito: due campionati portoghesi, quattro Premier League, due campionati italiani, un campionato spagnolo, due Champions League. Ma ancora tanto altro: due Coppe Uefa (Europa League, ndr), una Coppa di Spagna, una Coppa d'Inghilterra, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana. Insomma, il suo "curriculum" è davvero particolareggiato e assai ampio. Se ci dovessimo limitare soltanto a questo, pleonastico sarebbe il tentativo di voler fare un contraddittorio in merito alle sue grandi vittorie ottenute. Però, bisogna anche tener conto (se vogliamo essere onesti intellettualmente) del "come" queste tantissime vittorie sono arrivate in "saccoccia" al buon Josè. Premetto che il calcio, come ogni appassionato ovviamente, mi piace tutto: dalla Spagna all'Inghilterra, dal Congo alla Papuasia eccetera. Ma siccome lo "zero tituli" ha militato nel nostro campionato, forse è il caso di ricordare agli "spasimanti nerazzurri" perché il "Triplete" ad esempio a Milano è arrivato. Il dominio nerazzurro in quegli anni (può darsi che il ricordo sia così lontano che ormai è diventato sfocato nelle menti dei tifosi interisti) è arrivato per un motivo molto semplice che si fa finta di non voler rammentare. Non c'era nessuno che teneva testa all'Inter di Josè. E questa "vocazione imperialistica" non arrivò certo per meriti della società nerazzurra (quindi qualsiasi ipotesi di paragone con l'attuale Juventus crolla immediatamente), ma per demeriti delle squadre avversarie. Il Milan si stava "ricostruendo" tant'è vero che nel primo ciclo bianconero di vittorie sono stati i rossoneri a contendere il titolo alla Vecchia Signora. La Juventus, a causa di Calciopoli, era (stata) distrutta. La Roma poco blasonata provava in qualche modo ad infastidire l'Inter vanamente. 

"Ok... Ma la Champions?" Beh, quella finale contro il Bayern e la conquista della "Coppa" arrivò in una maniera che rasenta lo scandalo e la vergogna. Nel doppio confronto con il Chelsea, ai Blues mancano due rigori sacrosanti finiti nel dimenticatoio. In Inter-Barça 3-1 il gol di Milito è in netto fuorigioco e non viene dato un penalty agli ospiti per atterramento su Dani Alves. Errori (non voglio parlare di "aiuti" perché quell'Inter formata da grandi giocatori non ne aveva bisogno) che hanno indirizzato l'intero percorso nerazzurro in Europa. "Vabbè... ma Mourinho ha portato il Porto, una squadra normalissima a vincere una Champions!". Peccato che quell'anno lì (2003-04) in semifinale approdarono: Deportivo (la sfidante del Porto), Monaco, Chelsea (che perse contro i francesi) e lo stesso Porto. Con un avversario sufficiente quale era il Monaco, il compito si facilitò incredibilmente e Mourinho riuscì a vincere la Champions. 

Negli ultimi anni, lo "zero tituli" ha collezionato più fallimenti che conquiste dimostrando di esser arrivato alla frutta, o meglio, siccome siamo nel periodo, al panettone. Nel 2015, lascia il Chelsea perché sedicesimo in classifica. Un anno dopo con la stessa squadra (ritoccata giusto in qualche reparto) Antonio Conte vincerà la Premier League. Un allenatore vero dovrebbe tutelare la propria squadra e il proprio spogliatoio, ma Josè lo dimentica troppo spesso e con Pogba (talento cristallino) il rapporto si inizia a consumare nonostante il francese abbia fatto di tutto per tornare a Manchester. Viene "cacciato" qualche giorno fa dalla società che al "grande" Mourinho preferisce la qualità di Paul che, probabilmente, sarebbe partito già a gennaio qualora fosse rimasto il portoghese. Gli interisti che ora vorrebbero il suo "capo" torni in un esercito di "sciagurati" dimenticano che nella rosa ora ci sono: non più Maicon ma D'Ambrosio, non più Sneijder ma Joao Mario, non più Zanetti ma Asamoah. Che venga dato questo organico allo "Special One", anzi, allo "SpecialFlop"! Forse, in fondo, neanche i suoi amici di Milano lo vogliono più bene...