Luciano Spalletti sta per firmare con il Milan, o almeno così pare. Se tutto dovesse andare come previsto, nei prossimi giorni prenderà la guida della compagine rossonera, portandola verso la partita contro il Lecce, match che tutti sperano possa essere l'inizio della rinascita. 

Per conoscere una persona, diceva un vecchio e saggio amico, devi conoscerne la storia, da dove viene e cosa ha fatto.
Experientia est magistra rerum, dicevano infatti i latini. Il concetto vale ovviamente anche se la persona ricopre l'incarica di allenatore di un club calcistico. Vediamo dunque più da vicino chi è questo Luciano Spalletti, cosa ha fatto e, attraverso ciò, comprendere se il Milan possa o meno aver fatto la scelta giusta per la sua panchina. 

Luciano Spalletti allenatore comincia la carriera ben venticinque anni fa. La sua prima esperienza da trainer avviene sulla panchina dell'Empoli, che nel 1995 si trova in Serie C1, lontana da quasi un decennio dalla militanza nella massima serie. Da subito, il giovane allenatore dimostra di saperci fare. Infatti quell'anno Spalletti vince la Coppa Italia di Serie C, nonché conquista ai playoff la promozione in Serie B. Risultati che vengono subito bissati la stagione successiva, dove il tecnico toscano porta l'Empoli a fare un doppio salto mortale, raggiungendo la Serie A, nella quale conquisterà la salvezza l'annata successiva. Un triennio splendido per un neofita della panchina, come lo è all'epoca. 

Tutti però nella vita affrontano alti e bassi. E infatti, lasciato l'Empoli per la più quotata Sampdoria, Spalletti conosce i primi bocconi amari della sua carriera. Con i doriani infatti non riesce a evitare la retrocessione, in una stagione poi dove viene esonerato e richiamato in corsa. Da lì parte un peregrinare difficile tra squadre come Venezia e Ancona, le quali non sanciscono dei passi importanti nella sua carriera. E' un momento di stasi, come si dice in gergo. Un momento dove non si sa con certezza se potrà giungere nel calcio che conta, o si dovrà accontentare dei campionanti minori. 

Giunge così agli inizi del nuovo millennio alla guida dell'Udinese. Una nuova sfida dove l'obiettivo iniziale è quello di salvarsi dalla retrocessione, obiettivo che raggiungerà con una giornata di anticipo. Qui Spalletti riesce dunque a dare un colpo d'acceleratore, tanto che per due anni la sua Udinese giunge in Coppa UEFA, risultato bissato con la qualificazione in Champions nel 2005. Sono passati dieci anni dall'inizio della sua carriera e, per la prima volta, potrebbe calcare i campi della coppa dalle grandi orecchie. Potrebbe perché a fine stagione Spalletti dà l'addio alla squadra friulana, proiettato verso una nuova e più importante sperienza: la Roma. 

Nella capitale, gli inizi sono straordinari. Undici vittorie consecutive portano a credere che la Roma abbia la strada spianata verso lo scudetto. Ma, come sempre, le crisi sono dietro l'angolo. I risultati scemano nel corso della stagione e Spalletti finisce al quinto posto, tramutatosi in secondo con qualificazione champions a causa di Calciopoli. Una posizione che da quel momento Spalletti si terrà stretta anche nelle stagioni successive quando, a 28 minuti dalla fine del campionato 2007-2008, è virtualmente campione d'Italia, per poi essere ricacciato indietro con il gol di Ibrahimovic a Parma. Nel 2009 arrivano le sue dimissioni dopo appena due partite, cominciando così l'avventura estera sulla panchina dello Zenit di San Pietroburgo. 

Dopo due scudetti russi in quattro anni, Luciano Spalletti torna alla Roma per un anno e mezzo. Subentrato a Rudi Garcia, il quale aveva avuto ottimi risultati negli anni precedenti con i giallorossi, conquista un terzo posto il primo anno e un ennesima seconda posizione la stagione successiva. Giunge così il momento di approdare sulla panchina dell'Inter, dove si farà amare e odiare a fasi alterne. Ciò nonostante, conquista due qualificazioni champions in entrambi i suoi due anni come allenatore nerazzurro, risultato che all'Inter mancava da tempo. Si fa criticare, o applaudire, per la famosa esclusione di Icardi nell'inverno del 2019, annata non facilissima, ma che comunque termina con un ottimo risultato. Viene esonerato in corsa, sebbene rimarrà fino a fine stagione, per favorire l'arrivo di Antonio Conte. Tutt'ora il suo stipendio si trova nei libri contabili dell'Inter. 

Al di là della sua storia, Luciano Spalletti è un tecnico che ama giocare nella metà campo avversaria. Il modulo da lui utilizzato con più frequenza è il 4-2-3-1, ovvero il modulo a tre trequartisti che però difficilmente sarebbe utilizzabile dal Milan. Il motivo non sta negli uomini avanzati, ma soprattutto nel centrocampo. Il Milan, causa partenza di Bakayoko, non ha veri centrali di forza, Kessie a parte. Il suo stile vede il portare palla molto sulle fasce, cosa che invece potebbe sposarsi in casa Milan, data la presenza di giocatori di ala come Hernandez, Conti e Suso. Dei registi non sa molto che farsene, dato che alla riflessione preferisce dinamicità e velocità. La punta ferma non è proprio nelle sue corde, dunque ha bisogno di giocatori più simili a Leao, ovvero che il pallone se lo prendono, piuttosto che a Piatek, che lo aspettano. 

Se proprio dovesse tentare il modulo da lui più utilizzato, il Milan si designerebbe così: (4-2-3-1) Donnarumma; Hernandez, Romagnoli, Musacchio, Conti; Kessie, Biglia; Chalanoglu, Paquetà, Suso; Leao. Come detto però, tale modulo si sposa difficilmente con l'attuale rosa, il che fa pensare che Spalletti possa inventarsi qualcosa di diverso, nel caso diventi effettivamente allenatore del Milan. 


Nel complesso, la carriera di Spalletti parla chiaro. Il fatto se essa possa ripetersi o meno sulla panchina rossonera però, è ancora tutto da vedere.