Non amo Spalletti, tutt’altro, lo trovo anche un tantino antipatico. Forse il tempo, nonché l’ascesa professionale in termini di notorietà e ricchezza, hanno evidenziato aspetti del carattere un po’ ruvidi (come molti tecnici toscani del resto), con una crescita smisurata dell’ego di cui oggi, molto probabilmente, ne è diventato anche vittima. In fondo, ultimamente risulta sempre più protagonista - con le sue cervellotiche elucubrazioni - in conferenza stampa e molto meno in campo, dove la sua squadra spesso esprime un gioco modesto e povero di idee. Ma non facciamone un capro espiatorio per l’ennesima stagione a vuoto dell’Inter. Lui è colpevole quanto i suoi predecessori, e fallire gli obiettivi sta diventando un tragico mantra che si ripete ogni anno all’Inter. Di conseguenza, le maggiori responsabilità restano della società. Tuttavia, l’innesto di una figura come Marotta significa aver capito da dove ripartire. Una dirigenza forte e competente è la condizione necessaria se si vuole crescere, e col tempo (e le scelte giuste) i risultati arriveranno. Eppure, la gestione di alcune situazioni delicate lasciano più di qualche dubbio sulla bontà della loro efficacia. Almeno nell’immediato. A cominciare dalla discussione del rinnovo di Icardi: una formalità per Marotta anche se, finora, le offerte avanzate sono state definite “poco serie” dallo spesso capitano. E considerato che l’agente del giocatore è una certa Wanda Nara, la cui ragione di vita è postare il quotidiano sui social, con una privacy (forse) sconosciuta solo ai monaci tibetani, allora si poteva evitare la fastidiosa esposizione mediatica dell’uomo simbolo di questa Inter. Magari qualche riunione con le parti in causa avrebbe giovato, al massimo avremmo assistito ad un paio di foto su Twitter con il ghigno di Marotta, il sorriso beota di Ausilio e la posa di Wanda che mostra – nemmeno tanto velatamente – le sue qualità (soprattutto due). Ma se la telenovela per il rinnovo del capitano (volutamente con la c minuscola) sembra finalmente proseguire a fari spenti, la vicenda Peresic ha del grottesco. E qui Spalletti ha ragione da vendere. In un momento delicato della stagione, che senso ha dichiarare al mondo che il croato ha chiesto la cessione se poi non hai una proposta concreta in mano? Intanto svaluti un patrimonio in termini di cartellino le cui offerte, quando e se arriveranno, saranno formulate al ribasso. Ma poi come può essere gestito dal mister un giocatore - con la testa altrove - che sarà fischiato ogni qual volta metterà piede in campo? Diciamolo, è roba da dilettanti, ovvero quello che non ti saresti mai aspettato da Marotta e soci. Inoltre, la passeggiata milanese di Conte sa tanto di un avvoltoio che volteggia sulla testa di Spalletti. Sia chiaro, Conte è il tecnico giusto per la prossima stagione e per tornare da subito competitivi, forse il migliore sul mercato. Ed è giusto che la società stia programmando il futuro già da ora, ma di questo passo vedremo Conte impegnato in una visita guidata ad Appiano. Non esattamente un modo elegante per mettere pressione all’ambiente, a meno che non si pensi di cambiare subito. Anche perché c'è di peggio che chiudere con “zeru tituli”, ed è chiudere fuori dalla zona Champions, che poi è l’obiettivo minimo legittimamente rivendicabile dal tecnico toscano.