“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è una immortalità all’indietro”

Mentre scrivo penso che nessuno meglio di Umberto Eco abbia saputo trovare parole adatte ad esprimere la potenza di un libro, delle parole, in generale dell’arte. Senza i libri, senza il teatro, senza la scultura, nessuno di noi avrebbe la speciale facoltà, e allo stesso tempo possibilità, di uscire dal proprio mondo per andare incontro a qualcosa che è stato, che è, che sarà, ma che non conosciamo. L’opportunità di attraversare un ponte che ci collega all’altro.
In occasione, allora, della Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, mi viene da consigliarvi delle letture che potrete utilizzare come pass, biglietti d’ingresso per universi di sport da esplorare.  

- Pensare con i piedi – Osvaldo Soriano, 1994, Einaudi Tascabili  

Il primo libro è firmato Osvaldo Soriano. Osvaldo Soriano è stato un giornalista e uno scrittore argentino, un militante per la democrazia nella Terra del Fuoco. Ha lottato per la dignità del suo Paese, nei tempi in cui generazioni di giovani venivano sterminate dalla violenza del potere della dittatura militare. Quella violenza che Soriano combatteva con humor e una profondità impressionante. È stato un uomo formato da un’infanzia nomade e dal fumo delle redazioni, dalla crudezza della vita. Ci ha lasciato pezzi di realtà e specchi nei quali ritrovare la faccia dell’Argentina dei suoi tempi.
Ma Osvaldo Soriano è stato anche un tifoso del San Lorenzo de Almagro. Lo sport ha influenzato la sua letteratura, amava parlare dei “perdenti vestiti di sogno”.
Diceva, poi, di non essere preparato abbastanza per scrivere di fútbol, perché le implicazioni del calcio sono enormi. Però scrisse racconti, come la narrazione del rigore più lungo del mondo, durato una settimana, presente nella raccolta “Pensare con i piedi”.
“Pensare con i piedi”
 che non è un libro sul calcio, ma un libro in cui il calcio ha un ruolo importante come lo ha avuto nella vita di Soriano. Si ripercorre appunto la vita dell’autore e, allora, ritroviamo una varietà infinita di racconti legati da un filo rosso: la storia dell’Argentina. Da un parte la descrizione di quegli anni, dall’altra la riflessione. 
La prima sezione del libro è intitolata “Nel nome del Padre” e restituisce immagini della vita dell’Osvaldo bambino nell’Argentina peronista. Quel Peron, conosciuto familiarmente come “il Generale”, che si stagliava, allo stesso tempo, come totem e come figura paterna.
La seconda parte “L’Altra Storia” e una serie di aneddoti riguardanti gli eroi dell’indipendenza nazionale.
Arriviamo solo alla fine a “Pensare con i piedi”: terza e ultima parte del volume, quella più vicina al tema calcistico. Le storie si concentrano, inizialmente, su due allenatori dell’infanzia di Soriano. Ma l’argomento forte riguarda la finale del mondiale fantasma del 1942, quello vinto da una squadra di mapuches argentini contro una selezione di lavoratori tedeschi. L’arbitro di quella partita era William Brett Cassidy, figlio del leggendario cowboy Butch Cassidy, che arbitrò tutte le partite ad eccezione di Inghilterra-Mapuche, per riprendersi dai postumi di una sbornia, e che non esitava a sparare ai calciatori che non erano d’accordo con le sue decisioni.  

- Febbre a 90’ – Nick Hornby, 1992, Guanda  

Nick Hornby è un uomo nato in Inghilterra sul finire degli anni Cinquanta, considerato tra le voci più originali e autentiche tra gli autori contemporanei. I suoi romanzi sono ritratti brillanti dei vizi e delle virtù della sua generazione, una generazione che, probabilmente, non aveva trovato ancora una voce. Chi ama il calcio, i dischi, l’ironia, chi ha nostalgia di un’adolescenza passata in fretta, potrà classificare Nick Hornby come proprio scrittore di riferimento.
La fama di quest’autore nasce in corrispondenza con il suo primo libro: "Febbre a 90°", pubblicato nel 1992 e da cui è tratto il film omonimo con Colin Firth.
Ancora oggi il testo continua ad esser divorato dagli appassionati della Premier e del calcio inglese. Il tema centrale è proprio l’amore, quello dello stesso Hornby per la sua squadra del cuore: l’Arsenal.
«Mi innamorai del calcio come mi sarei poi innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore o alla sconvolgimento che avrebbe portato con sé», questa frase estratta dal testo, indimenticabile, non è altro che la fotografia più lampante del senso dello scritto.
Una passione, quella per il calcio, che è più dolore che gioia, è irrazionale perché resiste nonostante tutto, è condizionante: non esiste domenica senza stadio, non esiste partita, azione, goal, formazione o giocatore che non sia impresso nella memoria. Non esiste evento della vita non riconducibile alla squadra del cuore o comunque al calcio.
ll libro è diviso in tre epoche: 1968-75, 1976-85, 1986-1992. Tre epoche e tre fasi di una relazione segnata dall’amore totale infantile, quello giovanile, irruente, e, infine, maturo e quasi rassegnato.  

- Gaetano Scirea, il gentiluomo – Darwin Pastorin, 2019, Giulio Perrone Editore  

Darwin Pastorin è un amico ma, soprattuto, un uomo di sport, di grandi storie, di amicizie fraterne con molti dei più grandi giocatori del passato, di avventure, di mondo o meglio di mondi. Nato in Brasile, a San Paolo, è arrivato ben presto in Italia, seguendo la sua famiglia di origini veronesi.
La sua formazione come giornalista si è consolidata sotto la guida attenta di Vladimiro Caminiti, suo maestro, dal quale ha rubato i segreti del mestiere, la padronanza degli aggettivi e il senso del racconto.
La sua poetica è una continua opposizione della poesia alla vile realtà grazie alla conservazione intatta della propria infanzia e dei ricordi. Darwin è stato influenzato dal calcio, ha amato il calcio, lo ama ancora perché se ben praticato è forza di popolo come insegnava Edilberto Coutinho.
È sempre una forza infantile quella che muove i suoi racconti perché ci restituisce gli effetti che la passione per lo sport ha su di noi: la furia, l’energia, la sicurezza, la passione. “Gaetano Scirea, il gentiluomo”, è una biografia del campione bianconero non convenzionale, sentita, leggera. Di una leggerezza, che come diceva Calvino, non è superficialità bensì delicatezza con la quale toccare le fasi più importanti della carriera di quel numero 6.
Il racconto è quello di un uomo che andandosene ha portato via anche un calcio, del quale non possiamo essere più spettatori. Un calcio che agitava le penne, le piazze, che oscurava tutto ciò che c’era intorno per genuinità e non per prepotenza economica. Un calcio dove poteva ancora esistere un rapporto vero con i giocatori, senza la mediazione di agenzie e procuratori.
Un calcio ad immagine e somiglianza di Scirea, un uomo silenzioso, un artista del pallone, un gentiluomo.  

P.S.  
Di Darwin consiglio vivamente anche “Portieri da sogno – Storie di numeri 1”, 2009, Einaudi. Il libro non è più in stampa, sarà difficile trovarlo ma ne vale la pena.
La narrazione, dalla quale abbiamo tratto “I racconti di Darwin Pastorin: Joao Leite”, si concentra sulla figura del portiere, il ruolo più folle e, allo stesso tempo, più romantico del calcio.
Chi gioca tra i pali è un uomo solo, un uomo predestinato dalla grande personalità: deve essere l’ultimo a cadere, come se fosse la palla con l’otto nero stampato addosso. 
Uomini che hanno fatto la storia o l’hanno subita: Zoff contro il Brasile nell’82, Quiroga con la marmelada, Rojas e la sceneggiata. Numeri uno da risvolti personali sconosciuti come Giuliano Terraneo, il Van der Sar juventino, Chilavert, Gilmar, Joao Leite.