30 maggio 1984. Costretto a casa di amici perché allo stadio non c'è posto nemmeno sulle scale, stringo la scarpetta tra i pugni stretti e i denti. Ultimo rigore... traversa e fuori... niente, mi ha svuotato di tutte le energie, neanche la forza di tirare giù una lacrima, che a 13 anni sarebbe anche logico, ma forse sono già un piccolo uomo e per giunta romanista e il mio presidente lo dichiara subito che "il tifoso romanista è forte e non piange mai" e io come Garibaldi e i cacciatori delle Alpi rispondo fedele...Ubbidisco! Torno a casa in un silenzio surreale ma dentro di me mi dico "dai! Alla prossima ce la facciamo!" Alla prossima...?

Sono passati 34 anni e la prossima non c'è mai più stata... ho imparato che se vuoi  essere tifoso di questa squadra  non lo fai perché sei abituato a vincere, ma perché sai che ogni vittoria degli altri è effimera e ogni tua sconfitta rinforza la tua corazza.

Poi aspetti un sorteggio di venerdì e dall'urna sbucano fuori i fantasmi. Ahhhh ancora? E poi penso " vuoi vedere che stavolta... Poi svuotò la testa e dico "figurati! Non è da romanista!" Ma direi anche basta con questa storia! Dove sta scritto? C'è una tavola dei comandamenti che ci impone questa cosa? Il bello di tutte le storie è che sono fatte per essere stravolte, le dittature si possono soverchiare! E allora perché non provarci? È solo una partita, sempre 11 contro 11.

Lo si deve a questa gente, veri eredi di una Storia antica fatta di conquiste ed egemonie, a chi c'è e soprattutto a chi non c'è più, come il povero Agostino che esattamente 10 anni dopo se ne andò. Per una sliding door mai tanto attesa.