Quando una bestia di nome Leucemìa ti bussa alla porta che fai? Non vuoi aprirle chiaro, ma sei costretto. E da quel momento tocca conviverci, non sai per quanto, ma non vedi l’ora di rispedirla fuori... c’è chi s’arrende senza combattere... ma questo non è il caso di Sinisa... lui lo conosciamo bene.

Sinisa Mihajlovic le battaglie, quelle sul rettangolo verde, è sempre stato abituato a vincerle, l’ha fatto centinaia e centinaia di volte sia da calciatore che da allenatore.
La sua era la generazione dei fenomeni, di quella Stella Rossa capace di sovvertire i pronostici e di alzare la coppa dalle grandi orecchie sotto il cielo italiano in quell’ormai lontano 1991. Lo avrebbe dovuto capire già in quella sera gloriosa che il Belpaese sarebbe stato nel suo destino, come d’altronde sorte uguale sarebbe capitata a molti suoi compagni di squadra... come ad esempio il “genio” Savicevic capace di vincere tutto col Milan di Capello, Prosinecki stella del Real Madrid o Darko Pancev meteora dell’Inter metà anni ‘90. 
Dio ha concesso in dote al giovane Sinisa uno dei piedi sinistri più precisi e potenti della storia del calcio e quel regalo “onnipotente” venne da subito messo in mostra da quel capellone riccioluto sin dalle giovanili del Vojvodina e successivamente al Marakanà di Belgrado.
A dire il vero il giovane Miha, col suo tiro mancino non avrebbe sfigurato neanche nell’altro di Maracanã, quello verdeoro di Rio de Janeiro, palcoscenico ben più famoso.

Dicevamo dell’Italia: la Serie A nei primi anni novanta e nei successivi, era la regina incontrastata del panorama europeo e neanche il poco più che ventenne Sinisa poteva resisterle. In Italia, terra di pallonari col palato fine, vuoi che non ci si accorgesse di un artista come lui? La più decisa fu la Roma, che nel 1992 lo acquistò per 8 miliardi delle vecchie lire.
Dopo 2 stagioni si trasferisce a Genova, lì dove il mare ne fa da padrone, scatena tempeste sul prato verde, come mai gli era riuscito in maglia giallorossa. Ma è nell’altra metà della Capitale, ritornatoci nel 1998, che raggiunge l’apice della sua gloriosa carriera. Ricordo ancora una delle tante domeniche pomeriggio vissute davanti alla tv a guardare 90° minuto, andava in onda il servizio su Lazio-Sampdoria... punizione per i biancocelesti... ”troppo lontano anche per uno come Sinisa”... pensavo stupidamente.
Tiro all’incrocio...gol.
Passano altri minuti, punizione di nuovo per la Lazio... ”no dai da qua e’ impossibile Sinisa”...pensavo ingenuamente. Tiro...gol. Secondo tempo altro tentativo dalla distanza per i padroni di casa... ”va be da li?Sinisa tu sei matt..” Gol. Tripletta su punizione. Mai successo nella storia della Serie A. “Chi sei e da che pianeta vieni?”.

Le stagioni con l’aquila biancoceleste sul petto furono piene di successi, uno scudetto ringraziando Calori, juventino a tradimento nell’acquazzone di Perugia, una Coppa Coppe contro il Maiorca e una Supercoppa Europea contro lo United di un altro baronetto del calcio, di nome e di fatto, Sir Alex Ferguson. “Cosa? Sinisa all’Inter??” un artista del pallone nella mia squadra del cuore?! Sì successe nell’estate del 2004. Come se non bastasse, riscrive la storia nerazzurra, rimanendo tuttora il più anziano marcatore ad aver realizzato un gol in campionato a 37 anni suonati.
Dopo 2 stagioni nel 2006 appende gli scarpetti al chiodo, ma quel sinistro oggi a 50 anni d’età non sfigurerebbe per nulla. Si sa il tempo passa ma la classe non invecchia. E da interista chi se ne frega se ti ho visto allenare i cugini ed esultare come un invasato al 3-0 rossonero in quell’ultimo derby vinto dal Milan, ormai lontano.

Ti perdono Sinisa, ora fallo tu con la malattia che t’ha lanciato la sfida, spediscila via con un calcio come facevi al pallone, come solo tu col tuo sinistro magico sapevi fare.