Il valzer degli allenatori della nostra Serie A si è appena concluso con l’approdo di Marco Giampaolo e di Eusebio Di Francesco rispettivamente sulle panchine di Milan e Sampdoria.
Osservando nomi e caratteristiche dei vari allenatori che dirigeranno i nostri club nella prossima stagione, un primo elemento che balza all’occhio è di tipo quantitativo, dal momento che ben sette squadre hanno cambiato conduzione tecnica e che a farlo sono state soprattutto le “grandi” storiche del nostro calcio. Ad eccezione di Napoli e Lazio, hanno infatti cambiato allenatore Juventus, Inter, Milan e Roma.

Il secondo tipo di considerazione è invece di tipo qualitativo e si fonda sullo studio delle diverse tipologie di allenatori che le nostre società hanno scelto. Esistono fondamentalmente tre tipi di allenatori. I “giochisti”, tecnici che cercano di arrivare al risultato attraverso la qualità del gioco, il possesso di palla, il dominio dell’avversario, lo spettacolo, il segnare un gol in più dell’avversario piuttosto che il subirne uno di meno. Gli “italianisti”, vale a dire quei tecnici appartenenti alla vecchia tradizione italiana del “primo non prenderle”. Quelli convinti che, l’unica cosa che conta sia il risultato finale, da ottenere con qualsiasi mezzo, “parcheggiando un autobus” davanti alla propria area di rigore. Infine, esistono i tecnici che stanno un po’ in mezzo al guado, quelli che potremmo definire i “pragmatici”. Sì al bel gioco, ma con un occhio sempre molto attento e vigile al risultato.

La prima impressione è che la prossima stagione sulle panchine delle squadre della nostra massima serie avremo un maggior numero di allenatori della prima tipologia, i “giochisti”, rispetto agli anni passati. Elemento che potrebbe consentire al nostro calcio di virare verso un football più europeo, e quindi più in linea con quello che si osserva guardando le partite dei principali campionati continentali.

Vediamo quindi i venti allenatori delle squadre della prossima serie A, divisi per categorie:

Giochisti

Maurizio Sarri: Juventus

Il tecnico ex Napoli e Chelsea, in virtù della spettacolarità del gioco praticato dalle sue squadre è stato chiamato dalla “vecchia signora” in sostituzione di Max Allegri, “pragmatista” per eccellenza, proprio per cercare di fornire ai bianconeri un gioco più europeo, spettacolare, offensivo, attraverso il quale poter far compiere un ulteriore passo avanti verso la vera ossessione del club piemontese: la Champions League

Carlo Ancelotti: Napoli

Unico tecnico delle “grandi” rimasto al proprio posto. Qualcuno lo inserisce nella categoria dei “pragmatici” vista la proverbiale solidità difensiva delle squadre da lui allenate, ma Carletto rimane un tecnico formatosi alla scuola di Niels Liedholm e Arrigo Sacchi e quindi proiettato verso un’idea di calcio che contempla bel gioco, dominio dell’avversario e gioco d’attacco.

Gian Piero Gasperini: Atalanta

Con il suo 3-4-1-2 fatto di intensità, corsa, velocità, raddoppi, è senza dubbio il nostro allenatore più “europeo”, elemento che lo inscrive di diritto nella categoria dei “giochisti”.

Antonio Conte: Inter

Per alcuni il 3-5-2 con cui ha vinto tanto rappresenta il classico sistema di gioco all’”italiana”, dimenticando che il tecnico pugliese è tutt’altro che un integralista di moduli. E’ infatti diventato allenatore di fama nazionale stravincendo due campionati di serie B con Bari e Siena mettendo in mostra in entrambe le piazze un 4-2-4 iperoffensivo, con due ali pure che in fase offensiva affiancavano i due attaccanti centrali. Anche il 3-5-2 che gli ha consentito di vincere tre scudetti con la Juventus era improntato alla presa di possesso della metà campo avversaria e il 3-4-3 con cui vinse la Premier League con il Chelsea prevedeva un calcio aggressivo, veloce e di dominio totale dell’avversario.

Marco Giampaolo: Milan

Giampaolo è un allenatore che cerca di arrivare alle vittorie attraverso il bel gioco, riuscendo a dare alle sue squadre un’impronta importante, una sorta di marchio di fabbrica. Il modulo che predilige è il 4-3-1-2, in cui non esistono incontristi puri ma bensì un mediano basso con spiccate doti tecniche, vero e proprio catalizzatore del gioco e due mezzali di qualità posizionate dietro al trequartista. Un gioco spesso praticato a due tocchi, con continui inserimenti nell’area avversaria dei centrocampisti pronti a dar man forte agli uomini di prima linea.

Paulo Fonseca: Roma

E’ l’allenatore che si conosce di meno rispetto a tutti gli altri ma il suo Shakhtar Donetsk praticava un 4-2-3-1 che mai si adattava al gioco degli avversari ma piuttosto tendeva ad imporre il proprio gioco fatto di un possesso di palla ragionato, a volte non velocissimo ma molto tecnicamente ben giocato in quanto praticato con giocatori dotati di spiccate abilità balistiche. Un atteggiamento tattico mai speculativo, fattispecie che intende replicare nella capitale

Eusebio Di Francesco: Sampdoria

Allievo di Zdenek Zeman e profeta del 4-3-3, il suo modulo preferito. A Roma, dopo un ottimo primo anno con una semifinale di Champions raggiunta, ha fallito il secondo anno essenzialmente per non essere stato messo nelle condizioni di praticare il suo gioco preferito che prevede una linea difensiva altissima e un gioco basato su verticalizzazioni, tagli degli esterni, pressing e triangolazioni velocissime.

Roberto De Zerbi: Sassuolo

Tra i giovani tecnici italiani è senza dubbio il più “giochista” di tutti. Il suo credo è fato di un gioco che si sviluppa sempre dal basso, senza lanci lunghi e senza mai buttare via la palla, a costo di perderla nei pressi della propria area di rigore e di subire gol, cosa successa in alcune occasioni al suo Sassuolo nello scorso campionato. Gioco di prima, grande movimento, ruoli dinamici e posizioni non fisse in campo, sono i suoi cavalli di battaglia.

Igor Tudor: Udinese

Chiamato dalla famiglia Pozzo per il secondo anno consecutivo a salvare l’Udinese, non solo è riuscito nel suo intento, ma nel giro di poche settimane ha cambiato pelle alla squadra friulana, alzandogli il baricentro di oltre venti metri, e conferendogli una mentalità meno attendista e maggiormente propositiva.

Vincenzo Montella: Fiorentina

A prescindere dagli ultimi risultati ottenuti, sia nella Liga spagnola che nel suo rientro a Firenze, l’”aereoplanino” è un allenatore esteta, con un’idea moderna e brillante di calcio che lo porta ad impostare le sue squadre con idee e principi di gioco innovativi e un’impronta decisamente offensiva e legata al bel gioco.

Fabio Liverani: Lecce

Negli anni trascorsi nelle categorie inferiori, Fabio Liverani ha dato l’impressione di essere un allenatore alla ricerca non solo del risultato fine a sé stesso ma anche del bel gioco, mettendo in campo le proprie squadre con un 4-3-1-2 fatto di pressing, recupero immediato della palla nella metà campo avversaria, costruzione del gioco con palla a terra, pochi lanci lunghi e trequartista dietro le due punti per garantire spettacolo e fantasia alla squadra.

 

Italianisti

Walter Mazzarri: Torino

Mazzarri è un tecnico tra i più scafati del panorama nazionale che basa la sua idea di calcio sul concetto di pochi fronzoli e tanta sostanza. Costruisce squadre solide, rocciose, difficili da affrontare, perché dotate di grande corsa, pressione e aggressività sul portatore di palla. Il centrocampo delle sue squadre è di norma imbottito con mediani di quantità più che con giocatori di qualità. Uomini di gamba e di generosità più che di fini artisti della pedata.

Roberto D'Aversa: Parma

Baricentro molto basso, difesa attenta con marcature arcigne e spazio al vecchio contropiede. Questa è la ricetta con cui il tecnico nato a Stoccarda ma italianissimo ha salvato il Parma neo promosso nella passata stagione.

Ivan Juric: Hellas Verona

Allievo di Giampiero Gasperini, dal suo maestro ha ereditato la difesa a tre e il gioco uomo contro uomo basato su un continuo pressing a tutto campo e rapidissime azioni di rimessa con verticalizzazioni immediate non appena la squadra torna in possesso di palla.

 

Pragmatici

Simone Inzaghi: Lazio

Tecnico molto preparato dal punto di vista tattico. Organizza la squadra con molta intelligenza e sagacia, spesso modellando la propria squadra alle caratteristiche delle squadre avversarie. Nei suoi anni sulla panchina laziale ha dimostrato una particolare predilezione per la difesa a tre, con un baricentro di squadra medio - basso, un centrocampo propositivo e una prima linea basata su un centravanti classico e una seconda punta di fantasia, più leggera e dinamica.

Sinisa Mihajlovic: Bologna

Il serbo autore del miracolo di Bologna, squadra ricevuta nelle mani praticamente retrocessa e non solo da lui rivitalizzata, ma guidata verso una salvezza ottenuta con alcune giornate di anticipo rispetto al termine della stagione. Allenatore – motivatore, punta su un calcio molto aggressivo, di grande dinamismo e sostanza.

Rolando Maran: Cagliari

Non solo l’aver salvato il Cagliari al suo primo anno di panchina in terra isolana, ma l’idea di squadra che ha proposto, incentrata su un regista di fosforo e qualità come Cigarini a dirigere il traffico in mezzo al campo, una mezzala di inserimento come Barella e il trequartista fisso dietro i due attaccanti hanno confermato le doti di allenatore – equilibratore già messe in luce da questo tecnico antidivo negli anni passati a Verona sponda Chievo.

Leonardo Semplici: SPAL

Due salvezze consecutive con un solido e robusto 3-5-2 ma nello stesso tempo con un’idea di gioco ben definita. Una squadra, la sua, messa in campo non solo per difendere e ripartire ma anche per cercare buone trame di gioco e produrre uno spettacolo di qualità adeguata alla categoria.

Aurelio Andreazzoli: Genoa

Scelto dal patron Preziosi per il dopo Prandelli, Andreazzoli nel periodo trascorso sulla panchina dell’Empoli, sia nell’anno della promozione dalla B alla A che nell’ultima sfortunata stagione culminata con un’immeritata retrocessione, ha messo in mostra una squadra con principi di gioco moderni improntati alla ricerca sì del risultato, ma sempre a fronte di un gioco arioso e spumeggiante.

Eugenio Corini: Brescia

Nelle pur brevi parentesi di allenatore della massima serie sulle panchine di Chievo e Palermo, Eugenio Corini ha fatto intravvedere di poter essere considerato un tecnico in grado di mettere in campo le proprie squadre con un gioco equilibrato e basato più sulla ricerca del passaggio in verticale che del possesso di palla, così come di una marcata densità nella zona centrale del campo volta alla chiusura delle linee di passaggio piuttosto che ad un pressing esasperato sui portatori di palla.