Assorti nel fallimento della nostra Nazionale, forse non abbiamo potuto cogliere appieno il senso che dà il ritorno nella selezione danese di Eriksen, ritorno prima festeggiato dal gol in Olanda e martedi da QUELLO MESSO A SEGNO PROPRIO NELLO STADIO CHE A GIUGNO LO VIDE PROTAGONISTA DI QUELLE FASI DRAMMATICHE CHE PRECEDETTERO LA SUA MORTE E LA SUA RESURREZIONE.

Il 21 giugno 2021, le telecamere portarono nelle nostre case l'incedere incerto, tre passi di corsa che si accorciavano, fino a incontrare un ostacolo invisibile, con l'inevitabile caduta faccia avanti.
Nel contrasto cromatico del rosso sangue della maglia della sua nazionale, il prato verde di Copenaghen e il blu inchiostro della divisa calcistica degli avversari finlandesi, circondato come dal muro protettivo composto da tutti i compagni di squadra, dopo che Kjaer gli aveva praticato i primi decisivi soccorsi per ridare al suo cuore l'unica cosa che un cuore non deve mai smettere di fare: battere, lo abbiamo visto caricato in barella, increduli che quelle immagini così drammatiche fossero reali.

Abbiamo seguito prima con ansia, poi con sollievo e commozione, il decorso della vicenda medica, i giorni del ricovero e dell'intervento chirurgico,  gli è stato innestato un elettrostimolatore, indispensabile perchè quel cuore dispettoso non creasse più problemi.
Abbiamo poi letto con incredulità le prime dichiarazioni di Eiksen, che chiedeva, quasi supplicava i medici, di farlo tornare in campo, cosa impossibile pensando ai rischi e per i rigorosi regolamenti della sanità sportiva. Pensavamo alle normative italiane che ritengono inconcepibile e altamente rischiosa la prestazione sportiva nelle condizioni in cui si trova Christian. L'idoneità sportiva al calciatore viene revocata.

L'Inter è costretta a rinunciare a Lui e lo libera consensualmente dal contratto; ma Eriksen non ci sta; in lui, dentro di lui, non c'è traccia del dramma vissuto; forse qualcosa nei suoi ricordi, nella sua mente sì, ma certamente non si sente un miracolato e la sua passione è una forza trascinante, dirompente, irrinunciabile.
A meno di 30 anni non si sente un pensionato, tantomeno un ex atleta; non sa vedersi a casa a vedere calcio in tv, mentre i suoi compagni, i suoi avversari, i rivali di ieri e di oggi corrono, giocano, vincono o perdono, ma si divertono e continuano ad essere protagonisti del più bel gioco al mondo.
Per fortuna le regole italiane non sono universali e Christian scopre che in Premier League ci sono dei precedenti confortanti, che riguardano la concessione della idoneità sportiva per casi simili al suo. 
Così vince la sua cocciutaggine e ottiene finalmente l'autorizzazione a continuare l'attività professionistica sportiva. Ma ora resta la parte forse ancora più difficile, è svincolato: DEVE ASSOLUTAMENTE TROVARE UNA SQUADRA CHE GLI OFFRA UN CONTRATTO e gli dia la ossibilità di giocare.
Questo club esiste, si chiama Brendford FC, società neopromossa che ha sede nel distretto londinese; non è dunque un top club, ma ha una storia ultracentenaria essendo stato fondato nel 1889. E comunque a Christian interessa giocare e basta e il club gli offre quel contratto che lui cerca, anche se limitato al residuo di stagione già in corso.
Il 25 febbraio il Brendford affronta il Newcastle; al 52' il tempo sembra fermarsi per tutti i presenti: Christian Eriksen sta per entrare in campo, con la sua nuova maglia a strisce bianco/rosse, con sottopelle qualcosa in più rispetto a 8 mesi prima, quando a fermarsi fu il suo mondo e il suo cuore.
Già così sarebbe il classico Happy ending delle più belle favole che la tradizione fantastica tramanda alle nuove generazioni; ma talvolta la vita regala una realtà che sa essere persino più fantastica della favola più bella.
Certo è che l'idoneità sportiva appena ottenuta consente al CT danese di poter richiamare in Nazionale il calciatore Christian Eriksen e che in calendario ci sia il doppio impegno ad Amsterdam contro l'Olanda e in casa contro la Serbia.....

E' già felice Christian di essere tra i convocati della selezione del suo Paese, perchè per un calciatore la maglia della Nazionale è quello che l'oscar rappresenta per le star del cinema. Non spera di giocare o almeno se lo fa -come è umano farlo- è nel suo intimo, un sentimento che tiene per sé e non confida a nessuno.
Invece... invece all'inizio del secondo tempo tocca a lui; la Danimarca è sotto 3-1, ma che importa, Christian torna a vestire la maglia della nazionale, dopo quel maledetto 12 giugno 2021!
Il destino però ha in serbo un'altra meravigliosa sorpresa per lui.....
Sono passati 2 minuti, da quando ha assaporato il suo grande insperato ritorno; ma è concentrato sulla gara, molto concentrato, al punto da seguire velocemente al centro il contropiede con cui la sua squadra si riversa nella metà campo degli orange; Eriksen viene a trovarsi smarcato in area di rigore al momento topico, ossia quando dal settore destro il pallone gli giunge con i giri giusti; il tiro è tipico della sua immensa classe, di collo destro senza fermare la palla; parte un proiettile a mezza altezza, verso il secondo palo; il portiere non può fare nulla inesorabilmente battuto.
E' un tripudio che coinvolge compagni, avversari, pubblico e lo stesso Christian che, sempre con il garbo che lo contraddistingue, esulta serrando i pugni verso il cielo.
Non servirà questo gol a evitare la sconfitta danese, che anzi subirà il 4-2 finale dagli olandesi, ma l'emozione pervede l'universo calcistico e i media scriveranno a lungo di questa impresa sportiva.

Talvolta però l'impresa diventa pura leggenda e ciò si verifica martedi 29 marzo 2022; il teatro è lo stadio PARKEN di Copenaghen, lo stesso stadio dove 290 giorni prima Christian era clinicamente morto!
L'avversario della Danimarca è la Serbia al cospetto di 35.000 connazionali che lo accolgono osannandolo e gli tributano un'autentica ovazione nel momento più toccante, quando il capitano dei danesi Schmeichel cede a Christian la fascia. Il ritorno ufficiale in Patria, il ritorno nella sua Comunità.
Se Christian è emozionato gli passa subito: gioca una partita sontuosa; la sua è una revanche, una rivincita verso un destino avverso che cercò di fermarlo, ma contro cui si è rialzato, con le cicatrici, certo, ma anche con l'orgoglio di chi vuole la sua rivalsa.

La prestazione di Eriksen è da ricordare a lungo, ma ha il suo zenit quando, nel secondo tempo, al limite dell'aria serba, si aggiusta il pallone sul destro ed esplode una cannonata imparabile: 3-0.
Stavolta l'ovazione è universale: è l'umanità che vince sul fato, la vita contro la morte, i sentimenti contro la fragilità, l'anima sul corpo.
Grazie a Christian Eriksen ora sappiamo che sulla terra albergano gli alieni: sono degli uomini.
Quelli animati da vera passione.