Siete mai stati da un coach motivazionale? Bene, che voi lo siate stati o meno poco importa. Il nostro intento è portare alla vostra attenzione una metodologia attraverso la quale i professionisti del settore promettono ai clienti di diventare dei vincenti, grazie al supporto dei servizi offerti.

N.B. non si diventa vincente dall'oggi al domani, si acquisisce la fiducia per diventarlo e vi accenniamo brevemente come.

Il desiderio innato di determinare le nostre vite

Il segreto di un’alta performance non è la nostra motivazione biologica o la motivazione a cercare le ricompense ed evitare le punizioni, ma una terza motivazione: il nostro innato desiderio a determinare le nostre vite. Dunque, è pratica diffusa isolare momenti delle vite dei clienti per rintracciare gli episodi che, a seconda del caso, li hanno resi perdenti o vincenti. In questo modo, si può indagare circa le cause che hanno portato rispettivamente alla sconfitta o alla vittoria.

Insomma si va a ritroso per analizzare e recuperare le situazioni in cui il paziente ha avuto la percezione di avere il controllo, fattore essenziale nella felicità di qualsiasi individuo. Evidenziate le potenzialità che ci hanno resi vincenti, la strategia è quella di allenarsi su di queste per essere protesi costantemente al risultato.

Ora mettiamo caso che Lazio si sia sottoposta ad un trattamento di coaching autogeno e sia per questo in corsa per la vittoria dello scudetto a gennaio inoltrato. 

Ci teniamo a sottolineare una linea temporale perché negli ultimi anni siamo stati abituati ad assistere a grandi gironi d’andata dei biancocelesti, seguiti successivamente da gironi di ritorno di basso livello, che distruggevano, di fatto, quanto di buono costruito nella prima parte dell’anno. Eppure, questa stagione, sembra che qualcosa sia cambiato. La percezione è che la Lazio abbia lavorato su sé stessa, isolando quei "momenti" che la rendevano perdente o vincente a seconda del caso.

Analizzando gli anni passati, i biancocelesti, guidati da Inzaghi, avranno potuto constatare i punti critici costanti: troppo spesso non si riusciva ad agguantare un risultato che andasse oltre la prestazione. Bel calcio ma tante (troppe) partite perse per mancanza di applicazione e freddezza. In parole povere si finiva per uscire dalle partite prima del triplice fischio.

Lazio-Atalanta: felicità massima!

Così facendo, andando avanti con il processo di coaching, ci si rende conto, però, di un episodio in cui si è stati capaci di determinare il proprio destino, si è avuto il controllo e si è raggiunta una felicità massima. Eccola la via maestra!

Lazio-Atalanta, Olimpico, 19 ottobre 2019. Gli uomini d’Inzaghi allo scadere del primo tempo sono sotto di tre gol, la squadra nei primi 45’ letteralmente non è scesa in campo, non ci è stata. Poi, qualcosa cambia il destino del match e probabilmente il senso dell’intera stagione. Con un gol pazzesco di Correa e due rigori di Immobile, i biancocelesti rimontano la Dea, si rimettono in carreggiata ed evitano una sconfitta pesante.

Si accende una scintilla nella personalità di gruppo, sincreticamente i singoli scorgono nel collettivo le potenzialità che li hanno resi vincenti: non hanno mollato, cosa non comune durante gli anni precedenti. La Lazio trova il suo fattore determinate, il quid, il mantra della felicità.

Obiettivo: il miglior risultato possibile

Da quel sabato la Lazio che conoscevamo sparisce, non c’è più la bella che non balla. C’è chi di essere bella se ne frega, vuole solo ballare, ballare sempre fino a che l’arbitro non fischi la fine. Non c’è ostacolo che tenga, né avversario, né prestazione: la soddisfazione sta nel portare a casa il risultato sempre e nel portare il miglior risultato possibile.

Il cambiamento repentino di mentalità è confermato dai numeri: 12 sono i gol segnati nell’ultimo quarto d’ora, 6 nei minuti di recupero; 5 match sono vinti per 2-1, contro Brescia, Fiorentina, Sassuolo, Cagliari e Milan. I biancocelesti restano all’interno della partita fino alla fine con l’intento di ammazzarla appena si presenti l’occasione giusta. È lo spirito delle grandi squadre.

È una volontà d’animo capace di portarti in una dimensione ultraterrena, perché segnando durante gli ultimi minuti ti è restituita quella percezione di essere artefice del tuo destino, quasi come si fosse ἀπὸ μηχανῆς θεός  (Mechanè, divinità che scende dalla macchina) che risolve in un colpo gli intrecci. Determini la vita con le tue sole forze e la consapevolezza che potrà essere sempre così.

La risposta è Si!

E con questa propensione ed influenza che arrivano 9 vittorie consecutive in campionato e piovono i record: le nove vittorie si equiparano a quelle racimolate dalla Lazio scudettata di Eriksson; Immobile eguaglia Angelillo con 19 gol segnati nelle prime 17 giornate; la banda d’Inzaghi mette a segno almeno due gol per dodici partite consecutive, a una sola partita di distanza dal record del Grande Torino.

Un’intenzione, una cognizione e un lavoro sul proprio essere, che alla domanda “La Lazio può davvero vincere lo scudetto?” ci fa rispondere “Si!”.

(Dati statistici via OptaPaolo)