Scusate, ma non ci capisco più. Sono completamente perso nei meandri della vicenda e rischio di entrare in piena confusione perché leggo notizie di ogni genere. Non ho più ben chiaro quali siano le posizioni delle parti e soprattutto in che modo si giungerà a una conclusione anche se mi rendo conto che questa domanda è veramente complessa e probabilmente senza possibilità di risposta.
Il calcio ripartirà? Boh. Chi lo sa.

Provo a basare il mio pezzo su 3 aforismi che spero siano una valida linea guida: Dostoevskij affermava che: “Non c’è al mondo nulla di più difficile della franchezza e nulla di più facile dell’adulazione”. Axel Oxenstierna, politico svedese, diceva: “La franchezza, per essere una virtù, deve essere regolata dalla prudenza”. Da ultimo ecco Khalil Gibran, poeta libanese naturalizzato statunitense, che sosteneva: “Se dovete essere schietti, siatelo sempre con garbo; altrimenti, restatevene in silenzio”.

Il calcio vuole ripartire e su questo penso vi siano pochi dubbi. Oddio, qualcuno forse non è del tutto convinto. Stando però alla maggioranza sembra che l’intento sia quello di portare a termine la stagione, anche perché su una simile falsariga si muovono pure le altre maggiori federazioni europee esclusa la Francia.
E’ scontato che ciò dovrà avvenire in sicurezza. Nessuno può permettersi il rischio di mettere a repentaglio delle vite umane. Questo principio vale nel pallone come in qualsiasi attività dell’esistenza. Nel periodo attuale, le persone si sono stancate di sentirsi ripetere i numeri che questo sport movimenta e che per evitare ulteriore tedio cercherò di riassumere: 1percento del Pil italiano, contribuzione fiscale per un miliardo di euro e 32 milioni di appassionati. Ripeto, questo rappresenta solo una parte dei dati snocciolati dalla Lega Serie A in una risposta ormai di un mese fa al Ministro dello Sport e delle Politiche Giovanili Spadafora. Tali cifre non rappresentano un qualcosa di puramente astratto. Quando qualcuno riferisce che il pallone è movimentato esclusivamente dall’interesse economico fine a se stesso, non tiene in considerazione che grazie a questo mondo non vivono soltanto atleti strapagati, agenti extralusso, dirigenti che chiudono gli affari davanti a un prosecco a Forte dei Marmi o giornalisti dai lauti conti correnti che parlano in televisione. Esiste anche una serie di persone che per le conseguenze calcistiche di questa terribile pandemia rischiano il posto di lavoro e quindi anche il mantenimento magari di una famiglia. Mi riferisco ai magazzinieri, giardinieri, massaggiatori e molte altre figure professionali che operano nel pallone.
Provo, quindi, a essere franco: “Come si risolve questo problema?”. Cerco di anticipare una Vostra possibile risposta: “Con la Cassa Integrazione”. Non credo sia una soluzione geniale nel senso che comunque lo stipendio è ridotto in buona misura e, ribadisco, non si stava parlando di introiti milionari. Occorre poi affermare che gli ammortizzatori sociali non sono come la manna che Dio fece cadere sul Popolo Israeliano durante la fuga dall’Egitto. Questi hanno un limite nella quantità e nel tempo. Tale punto deve essere assolutamente chiaro.
Recentemente ho letto un articolo scritto da Andrea Distaso su Calciomercato.com (Il calcio contro Spadafora, i perché dello scontro. 10 club a rischio, De Laurentiis: ‘Addio alle medio-piccole che vivono oltre le loro possibilità’). Non ci si potrebbe permettere mai una simile ecatombe.

Dall’altra parte del guado pare esserci la scienza. Sì, signori. Proprio Lei. Nuovamente provo a essere freddo e franco. Il vocabolario Treccani definisce questo fondamentale settore della vita come: “Insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati”. Sarò proprio molto schietto. Non noto nella definizione nessun ruolo di comando e nemmeno di guida di un Popolo. All’inizio dell’emergenza ritenevo che lo Stato cercasse di bilanciare tutte le esigenze. E’ dal 20 febbraio che sostengo una simile tesi e continuo a premere sul medesimo bottone. La Politica starà facendo sicuramente di tutto per tutelare ogni esigenza, ma il valore del Cts mi pare a volte troppo sbilanciato. Sia chiaro: l’obiettivo della salvaguardia della salute è assolutamente primario e più importante, ma in questo concetto, come in quello di vita, è assolutamente obbligatorio inserirvi molteplici fattori onde evitare di creare il caos. Il mondo scientifico sta ragionando con un unico obiettivo. Mi sembra ormai palese. La volontà è quella di sconfiggere il virus a costo di immani rinunce. E’ una posizione piuttosto estrema, ma plausibile per questa disciplina. Temo, però, che tale direzione unilaterale potrebbe condurre al bag del sistema. Non sto additando la scienza come una possibile colpevole di un eventuale disastro socioeconomico futuro. Essa ha quel compito e lo porta avanti con fermezza e rigore. In un recente articolo ho sottolineato come la risolutezza della dottoressa Annalisa Malara abbia contribuito in maniera decisiva a salvare la vita di Mattia Maestri, paziente uno, e di molti altri esseri umani. All’interno dei nosocomi tali caratteristiche sono fondamentali per il singolo individuo che purtroppo si trova ricoverato. Il medico svolgerà qualsiasi attività pur di consentirgli di vivere. Non esistono tempistiche. Purtroppo quando si entra in un ospedale non si conosce mai il momento in cui si potrà finalmente uscire guariti. E’ la triste realtà. La scienza opera con questa idea, ma non può pensare di farlo sulla vita di un Paese perché risulterebbe troppo pericoloso. Uno Stato ha tante diverse necessità e queste devono essere considerate per non aggiungere sofferenza all’angoscia già presente.

Nel mezzo del guado, invece, si stabilisce la Politica che ha certamente il compito più difficile. Essa, infatti, è chiamata a prendere le decisioni. E’ palese e sarebbe inutile esercizio stilistico ribadire quanto sia complesso assumere certe determinazioni. Quando si occupano alcune posizioni, però, è assurdo pensare che non ci si trovi di fronte a problematiche elevate e che non si sia costretti a portare il peso di responsabilità immani per qualsiasi uomo. La complessità delle scelte può eticamente rappresentare una giustificazione, ma non credo proprio che si possa considerare scriminante dal punto di vista giuridico. Serve coraggio. E’ quello che si sta dimostrando? Non mi sbilancio certo in una simile “presuntuosa” considerazione. Lascio a ognuno di Voi che mi fate l’onore di leggere ogni tipo di parere. Noto solo un certo sbilanciamento dalla parte della scienza. E’ giusto? E’ troppo? Non lo so. Ribadisco che non spetta a me il compito di giudicare. Leggo, però, di moti di protesta da più parti. Persino la Cei è intervenuta in relazione alla libertà di culto per l’impossibilità di poter esprimere la Fede tramite le funzioni mantenendo il giusto distanziamento sociale. Il Papa ha poi raccomandato la necessaria prudenza. Alcuni Governatori non paiono propriamente entusiasti dell’ultimo dpcm.

Una parte del calcio, invece, ha manifestato il proprio malcontento tramite alcuni suoi esponenti come il direttore sportivo della Lazio, Tare: “Alla luce delle decisioni prese ieri la sensazione è di essere discriminati. Ho sentito che bisogna pensare alla tutela della salute ma poi si vuol far correre i giocatori nei parchi in mezzo alla gente anziché correre nei centri sportivi con le dovute misure…”. Ancora: “…Vogliamo finirlo più che altro per il bene del sistema calcistico italiano. In Germania il presidente della Federcalcio e gli esponenti dei principali club hanno preso tutti una posizione netta per la ripresa, c’è di mezzo la continuità del sistema calcistico del Paese. Lo stesso vale per l’Italia e non mi riesco a spiegare perché squadre come Juventus, Inter e Milan non prendano posizione”. (La Gazzetta dello Sport). Spadafora ritiene che il mondo del calcio implichi un maggior numero di persone impiegate rispetto agli altri sport negli allenamenti. Trovo che a questo problema si rimedierebbe facilmente. Basterebbe limitare le quantità fintanto che non vi sarà la sicurezza. Leggo che il dilemma potrebbe essere legato all’ingente materiale sanitario da usufruire all’interno del mondo del pallone. Se l’incertezza fosse economica, lo sport più importante del Paese avrebbe le risorse per farvi fronte. Il discorso è diverso se mancasse proprio la possibilità di disporre dei beni. Un’altra questione pare incentrata sul fatto che la scienza è molto drastica e, in caso di positività di un atleta, esigerebbe una quarantena per tutta la squadra, mentre il protocollo previsto vantava altre forme di tutela delle persone che non costringessero a un nuovo stop della stagione.
Tornando alle recenti parole del Ministro dello Sport: “Abbiamo visto sondaggi in cui gli italiani preferirebbero che il campionato terminasse qui. Io non sono mai stato uno che si fa condizionare dai sondaggi e dal sentimento comune.” Molto bene. Allora ci si chiedono i motivi della specifica. E ancora: “Le affermazioni di un complotto contro la Serie A sono ridicole, invito ad astenersi nel fare pressione sul governo e la politica anche grazie a certa stampa…(Calciomercato.com).
Dichiarazioni molto pesanti. Si innesca così l’ennesimo duello verbale tra il Politico e parte del mondo del calcio. Gravina si lascia poi andare ad affermazioni che traspirano grande delusione e che paiono essere rivolte soprattutto al mondo della scienza, forse visto davvero come maggior ostacolo a una ripartenza del calcio. Concordo con lui: “Il nostro mondo, per non correre rischi, dovrebbe aspettare il vaccino. Ma, ascoltando gli scienziati, dovremmo aspettare la primavera del 2021. Poi forse, per essere acquistabile nelle farmacie, ci vorrà un altro anno. Quindi dovremmo sospendere un’impresa sociale ed economica del nostro paese per tutto questo tempo?E ancora: “Mi rattrista, è come se ci fosse apatia e disinteresse per un mondo che ogni weekend coinvolge 14 milioni di persone, 12 diversi settori merceologici, produttore di ricchezza nel nostro paese, che fa sognare, che dà speranza, che coniuga intelligenza creativa con la passione civile dei nostri cittadini. Se ci fossero condizioni oggettive allora alzerei le mani, ma non mi sembra questo il caso. Ma mi devo rimettere alla decisione del comitato tecnico scientifico. Certo, un mondo così importante annullato mi farebbe provare grande amarezza (Calciomercato.com).
Le sue parole sono come un colpo al cuore. Puntuale come un orologio svizzero giunge la nota dell’Aic che definisce “irrazionale e illogica” la scelta del dpcm di spingere i giocatori ad allenarsi nei parchi essendo chiusi i centri sportivi dopo il 4 maggio. Insomma, un gran casino. La Gazzetta dello Sport riporta poi che Spadafora avrebbe avuto contatti con il Presidente dell’Assocalciatori per chiarire la situazione prima di calare l’asso su La 7: “Sono in corso contatti tra il comitato tecnico scientifico e la Figc, che aveva presentato un protocollo per gli allenamenti ritenuto dal comitato non sufficiente. Ma ripresa degli allenamenti non significa ripresa campionato. Se non vogliamo avere incertezze basterebbe seguire la linea di Francia e Olanda che hanno fermato tutto. Io sinceramente vedo il sentiero per la ripresa sempre più stretto. Il discorso allenamenti è diverso, ma fossi nei presidenti penserei alla nuova stagione. La scelta della Francia può spingere anche l'Italia e altri paesi europei a seguire quella linea e leggendo certe dichiarazioni potrebbe essere una maggioranza dei presidenti a chiedere la sospensione per preparare al meglio il prossimo campionato”.
Il Politico però si dimentica che esistono altri Governi come quello spagnolo, tedesco o inglese che paiono intenzionati alla ripresa fornendo un contributo al calcio molto più elevato del suo. Tant’è che, stando alla Rosea, i club di serie A vorrebbero aprire un dialogo direttamente con il Premier Conte. Questo non è certamente un punto a favore dell’operato di un Ministro dello Sport che verrebbe così scavalcato. Manifestando questa continua incertezza pare non rendersi dei rischi che sta provocando alla professione di molte persone.

Quando ripartire quindi? Gli italiani sono abituati a vivere un’estate priva di calcio e la sua presenza in quella stagione rappresenterebbe solo una succulenta novità. Bisogna ammettere che la vera sofferenza è rispetto a ciò che di solito abbiamo e ci viene privato. Questa è una concreta rinuncia. E’ più sopportabile, invece, fare a meno di qualcosa che non è con noi. Mi spiego: se Tizio è incline a non vedere la sua fidanzata per lunghi periodi di tempo, avrà sofferto meno questi giorni di distacco forzato. Caio, che la frequentava giornalmente, avrà patito di più. Semplice, no? Tornando alla domanda inziale, quale sarebbe davvero il bagno di sangue del calcio se la stagione dovesse concludersi così? Penso che al momento sia l’unico interrogativo da porsi.

Sono stato uno dei più ferventi sostenitori del “panem et circensens” di Lotito e ancora lo sono. In effetti, il calcio ha un fondamentale valore sociale rappresentato dalla possibilità di concedere un attimo di svago a 32 milioni di italiani durante un periodo di assoluta tristezza. Comprendo, però, che ora questo sia il problema minore e che, se in altri Paesi il pallone ha pure questa considerazione, in Italia il Governo non abbia la forza di imprimere il concetto all’interno delle menti tecnico-scientifiche che lo consigliano. L’impegno straniero sul calcio mi pare, e potrei errare, nettamente più imponente rispetto a ciò che è tipico delle nostre latitudini. Il disinteresse narcisistico nei confronti di questo stupendo gioco nazionalpopolare si sta esprimendo in tutta la sua forza e probabilmente negli ultimi anni il movimento ne ha patito le peggiori conseguenze. E’ ormai da tempo immemore che il “tiro al piattello” contro il pallone e chi lo segue è diventato lo sport preferito di chi sofisticatamente ritiene il calcio come la ghianda da affibbiare “al popolino” che trascorre i suoi weekend allo stadio o alla televisione piuttosto che dedicarsi alla dotta lettura magari accompagnata da un bicchiere di vino pregiato. Vorrei informarvi, però, che le 2 attività possono anche andare d’accordo e non occorre guardare con occhio di sprezzante superbia chi ama uno sport che da sempre è simbolo del nostro Paese. Mi scuso per lo sfogo, ma anche una situazione simile ha un valore fondamentale nel fornire minore importanza istituzionale al mondo del pallone e, di conseguenza, anche ai suoi risultati. Gli ultimi anni italiani mi paiono molto chiari. Si deve tornare al 2010 per trovare un successo tricolore in una competizione europea e la nostra nazionale non si è nemmeno qualificata al Mondiale 2018. Comunque, è lo stesso. Abbiamo compreso che nel Belpaese, il pallone non ha un valore sociale. Punto.

Dato che, come scritto in precedenza, ha un riferimento economico di primaria importanza, urge comprendere quali sarebbero i danni alle persone se non si portasse a termine il campionato di serie A e se le squadre impegnate nelle attuali competizioni europee avrebbero comunque modo di parteciparvi . Se tali ultimi aspetti dovessero avere l’esito sperato, inizierei ad arrendermi pure io che sono tra gli ultimi baluardi della prosecuzione. Vorrei, però, muovere un’ultima postilla alle Istituzioni. Si sono bloccate quasi tutte le iniziative “ludiche” o di svago del Paese e aperte molte attività imprenditoriali di altro tipo. Non si pensa che il solo “ora et labora” (peraltro non in Chiesa perché non si può) possa diventare un tantino eccessivamente logorante per gli italiani? Tornando a noi, se vi sono le condizioni per farlo, si interrompa pure la stagione calcistica. Va bene, ci si rivede ad agosto. Siamo però certi che la prossima possa partire? Altrimenti, signori, la situazione diverrebbe realmente insostenibile e definitiva. A quel periodo non manca troppo tempo e l’idea di prolungarsi oltre può essere deleteria. Visto che non si è in grado di avere giustamente alcuna certezza a breve termine, almeno avanti nel tempo, è doverosa.

In ogni caso, bando alle ciance. Per il bene del calcio, si faccia fronte comune e si lavori uniti per la ripartenza. Si viaggi sulla base delle parole di Gravina che ritengo assolutamente uno dei migliori Presidenti che la Figc potesse avere in questo momento di difficoltà: “Basta polemiche, lavoriamo di squadra” (La Gazzetta dello Sport). Molto bene. I tifosi si mettano nell’ottica di riavere la serie A dal prossimo mese di settembre. Le Istituzioni però diano queste garanzie. L’andamento dell’emergenza nei prossimi 4 mesi non è prevedibile, ma certamente il tempo per predisporre un protocollo all’altezza è più che sufficiente. Sia una pax costruttiva. Scienza, Politica e Calcio collaborino davvero in comune con la sicurezza di donare almeno la gioia di assistere in tv a una partita di pallone. Il mio appello è rivolto soprattutto alle prime 2 realtà che francamente mi paiono non predisposte verso tale direzione. La cooperazione ha sempre portato a ottimi frutti. Le discussioni possono anche essere forti e decise ma, se l’intenzione è univoca e non in malafede, il risultato si raggiunge. Le recenti dichiarazioni di Gravina relative alle tempistiche però mi spaventano parecchio.


PS: Chiedo una cortesia alla Redazione. Mi piacerebbe poter ringraziare vivamente il Direttore Agresti per i concetti che esprime durante questo difficile periodo. Sono un suo grande ammiratore e per me rappresenta uno stimolo nella scrittura. Anche se sono pienamente consapevole che non Gli sarà di alcuna utilità, vorrei fornirgli il mio massimo sostegno morale.

Redazione: grazie Giovanni, giriamo subito il tuo articolo al Direttore!