Il calcio ci manca. Eccome se ci manca. C'è poco da dire. E' come una droga, crea dipendenza e l'astinenza può comportare effetti collaterali. Effetti che possono pregiudicare il calcio medesimo. Ad esempio forzando. Forzando la ripartenza. Eppure con un po' di pazienza e lungimiranza questo tempo impiegato, con enormi diatribe e scontri, per decidere su come ripartire, sarebbe stato meglio indirizzarlo su come progettare la prossima stagione per salvare il calcio?
Perchè se non lo si fosse capito, il problema principale non è tanto questa stagione che oramai è andata, sportivamente falsata, anche nella remotissima ipotesi che il calcio riesca a partire.
Che poi a dirla tutta l'attenzione è focalizzata sulla nostra Serie A, perché i campionati minori non sono affatto nelle condizioni di poter ripartire con protocolli impossibili da soddisfare per una marea di realtà. Il calcio della Serie A è una grande azienda italiana, una delle più importanti, ma si trova in una zona grigia e questa zona grigia lo sta soffocando.
Se innanzi alla legge siamo tutti uguali, in teoria, non è che ci deve essere per forza qualcuno meno uguale o più uguale degli altri. Anche perchè si rischia veramente di compiere il disastro. 
Ma l'emergenza coronavirus ha evidenziato come uguali non lo si sia proprio per niente.
Se vogliamo il bene del calcio, decidiamo in fretta. O si riparte o chiudiamo questa stagione e pensiamo a come programmare la prossima. Non c'è più tempo da perdere!
Di cose a cui pensare ve ne sono sin troppe. 
Perchè fino a quando non ci sarà il vaccino, sarà difficile andare avanti come prima. Se non impossibile. Ci saranno società che spariranno perché non potranno economicamente affrontare né questa crisi né le partite con gli stadi vuoti.
E con esse sparirà tutto il mondo che hanno alle spalle, di giovani, di sogni, di ragazzi sottratti alla strada. Di questo stiamo anche parlando.
Il calcio non è solo diritti TV e dovrebbe interrogarsi sul fatto che non si può più dipendere in modo sostanziale dai diritti televisivi. Se la telecamera si spegne non è che deve spegnersi il calcio.
Il calcio c'era prima, ma rischia di non esserci dopo lo spegnimento della telecamera.
Queste sono le conseguenze di cattive gestioni e di un calcio tossico. Inquinato da business e danaro che ha reso possibile speculazioni pazzesche, stipendi superlativi, e indecenze di vario tipo che con la passione del calcio c'entravano un bel niente. Cose che oramai sappiamo bene.
Ma una cosa va detta con forza. Se vogliamo bene al calcio, dobbiamo ripensare questo sport. Perchè ritorni ad essere uno sport dove la passione venga prima di tutto il resto.
E questa è l'occasione delle occasioni. Non sprechiamola.
Iniziamo a discutere del calcio che verrà, di come deve essere e di come non deve più essere.
Anche per il calcio ci sarà un prima e dopo coronavirus.
E se non lo faremo, perderemo una grande occasione, forse la più grande che sia mai capitata a questo mondo.
Serve una sorta di costituente per il nuovo calcio.