La battaglia alle porte è prossima. L’esercito nemico, i cui tamburi si sentono già risuonare all’orizzonte, è stanco, afflitto, eppure potente, voglioso di vincere, assetato di sangue.
Due schieramenti su cui è calata un’ombra impellente si stanno per affrontare, ma coloro che stanno per essere assediati vivono il momento più duro della loro storia. Quella a tinte rossonere è infatti una “democrazia” giovane, che ancora deve trovare una propria struttura all’interno del proprio senato.
Nessuno pare avere ancora le caratteristiche per poter assumere il comando, per riuscire a trainare i propri fratelli in armi e rinfrancare i loro cuori. Il rischio che le mura crollino al primo sbuffo di vento è forte, ben presente nelle menti spaventate dei protagonisti. Il numero dei nemici pare aumentare ogni giorno di più, compagini barbare desiderose di fare bottino di questa debole e insicura accozzaglia. Per questo, come accadeva in epoche antiche, la tentazione di rinunciare per un po’ di tempo alla propria libertà si sta facendo sempre più accattivante. Il vecchio tiranno, colui che in bei tempi andati fece la fortuna della città con il suo spadroneggiare per il campo di battaglia, potrebbe essere richiamato. Nominato nuovamente come salvatore della patria e della causa, al fine che, prima o poi, questo progetto di gioventù possa prendere il volo. Un tiranno barbaro, perché proveniente da terre straniere e lontane. Un tiranno oramai in là con gli anni, forse troppo stanco per riprendersi in mano le sorti di un esercito ricolmo di paure. Eppure un personaggio che mai ha rinunciato alla sfida, uno che oltre al guadagno ha sempre amato l’odore del sangue e che, per questo, potrebbe imbarcarsi in questa ultima battaglia. Un ultimo ballo. Un ultima impresa per essere iscritto definitivamente negli annali di una storia eterna e immortale. Ma per quanto costui possa veramente giungere in aiuto del blasone, che di rosso e nero si tinge, ci vorrà del tempo. Bisogna quindi serrare i ranghi, preparare le tinozze ricolme di olio bollente al di sopra delle mura, scavare fossati fuori dalla città, rinforzare i torrioni, incoraggiare le truppe a dare il massimo. Il momento del suo arrivo, sempre che avvenga, è ancora troppo lontano. Se la situazione dovesse crollare, il vecchio tiranno potrebbe trovarsi di fronte solo macerie e silenzio. Bisogna resistere. Bisogna reagire. Nell’attesa che il salvatore giunga ancora una volta. 

Sarò forse un po’ retorico, ma questa è più o meno la situazione in cui si troverà il Milan, da qui alla fine di dicembre. Quelle che erano solo voci riguardo un possibile ritorno di Ibrahimovic, ora sono diventate un qualcosa di più. Da ipotesi, si sono tramutate in vero tentativo da parte della dirigenza rossonera. Un tentativo, questa volta lo devo proprio dire, fatto con tutti i sacri crismi della situazione. Invece che buttare in giro voci e farsi splendidi sui giornali, scelta sempre controproducente, Boban e Maldini hanno tenuto la questione sotto traccia. Sono partiti dal vero punto nevralgico della questione, ovvero Mino Raiola, procuratore dello svedese. Per quanto Zlatan sia un uomo tutto d’un pezzo, che decide lui del proprio destino, avere Raiola dalla propria parte significa comunque essere a metà del lavoro. Lo ascolta, lo segue, lo ispira. Il modo migliore dunque per cercare di riportare il tiranno in seno alla squadra.
E questa parola non deve ingannare. Sebbene i modi e il carattere di Ibrahimovic a volte possano essere spinosi e non facili da digerire, il concetto di tiranno proviene dall’antico passato. In epoche ancestrali infatti, nel momento in cui sistemi come la democrazia stavano cominciando a mettere i primi germogli, capitava che potessero essere messi in crisi a causa di conflitti e complotti. Motivo per cui, a volte, si preferiva cedere per un po’ il potere ad un’unica figura, con il compito di traghettare la città, la polis, fuori dalla crisi. Ovviamente, al tempo si trattava di una scelta molto rischiosa. Gli effetti benefici in molte occasioni si avevano solo nel breve periodo, ma poi le cose si facevano difficili. Molti di coloro che sono stati targati come tiranni in questo senso, alla fine non restituivano mai il potere volontariamente. Ma questa, come si dice, è tutta un’altra storia. 

Con la sua compagine giovane e inesperta, la rosa del Milan a tratti riveste un po’ il ruolo della debole democrazia antica. Un gruppo di giovincelli uniti, pronti a dare tutto e con una fede importante nei confronti del progetto, ma pur sempre privi di consapevolezza. Ognuno è libero di dire la propria, nessuno osa salire sopra la voce dell’altro. Cosa buona e giusta, senza ombra di dubbio, ma nel momento di difficoltà tali voci non esprimono quasi mai reali soluzioni e la mancanza di un leader si fa sentire. Perché allora non accantonare per un po’ di tempo questa equità di gruppo? Perché non cedere il controllo della rosa a uno che ama titaneggiare in campo? Qualcuno che possa eliminare le paure, spronare gli animi, polverizzare gli sconforti con la sua sola presenza. Zlatan Ibrahimovic può fare tutto questo. È scritto nel suo DNA, non deve nemmeno impegnarsi per farlo. Magari, data l’età avanzata sportivamente parlando, non potrà essere l’uomo decisivo di un tempo, non tecnicamente almeno. Dal punto di vista mentale però, egli ha tutte le carte in regola per rivestire il ruolo di giusto tiranno, colui che viene per affrontare con un piglio diverso il momento di difficoltà, nonché superarlo. Il pericolo che non restituisca tale privilegio è poi inesistente. La sua carriera è al termine e questa possibile seconda esperienza al Milan ne sarebbe il canto del cigno. Un ottimo modo, dal suo punto di vista, di chiudere i conti in maniera luminosa, dopo la scarsa fama raccolta in un campionato minore come la MLS. L’ultima battaglia, forse quella più difficile, ma proprio per questo anche più gloriosa. Può essere che, per i suoi servigi, pretenda anche un lauto bottino. E purtroppo la “città” non è ricolma d’oro, non in questo momento almeno. Ma per evitare il crollo, questo ed altro. 

Detto ciò, anche se questo ritorno fosse certo, cosa che ancora non è, manca ancora parecchio tempo prima che si possa realizzare. Ben cinque sfide attendono il Milan da qui alla fine dell’anno. Cinque sfide molto pesanti, che potrebbero anche pesare dal punto di vista dell’appeal per lo stesso Ibrahimovic. È chiaro infatti che, se i risultati dovessero portare qualche punto importante, lo svedese di Malmö avrebbe più interesse a tornare. Perché non giocarsi un’ultima champions la stagione prossima, raggiunta tra l’altro grazie al suo apporto? Al contrario, se si dovesse palesare l’ennesimo tracollo, forse Zlatan potrebbe preferire un dignitoso ritiro a una battaglia persa in partenza. Motivo per cui, è necessario che il Milan serri i ranghi e si prepari alla battaglia più dura.

Il messo è stato mandato oltre le trincee e ha recapitato la missiva al tiranno da tempo in esilio. Buone nuove paion giungere da oltre oceano, ma la traversata è lunga e il suo arrivo incerto.
Or non rimane che combattere sino all’ultimo uomo, difendere le mura, mantenere la posizione. E sperar che, prima o poi, uno squillo di tromba attiri l’attenzione verso la soave voce del banditore che, a pieni polmoni, annuncerà il ritorno del tiranno