Dieci partite in dieci orari diversi. Questa la proposta sottoposta all'attenzione della Lega Serie A da parte di DAZN, per andare incontro alle eventuali difficoltà tecniche di fruizione del servizio. Un vero e proprio ‘spezzatino’, in linea con la ripartizione inglese, senza la visibilità della Premier League: un problema che nasce a monte, nella confusione generale della ripartizione dei diritti TV, che rischia di essere un bagno di sangue per il triennio 21/24.  
L’abbiamo sentito in più occasioni, le nuove generazioni hanno altri interessi. E non è certo nuova la necessità di combattere la pirateria, che annualmente arreca danni da milioni di euro alle società interessate. La cosa grave è che si sono presi questi due concetti, si sono uniti, e si sono create le fondamenta per una spaccatura profonda tra gli spettatori (indipendentemente se tifosi) e il movimento stesso.  

Ma entriamo nel concreto: nel triennio 21/24, una famiglia interessata a seguire tutto il calcio dovrà sottoscrivere fino a quattro abbonamenti differenti, con compagnie differenti (Dazn, Sky, Mediaset e AmazonPrime), con strumenti tecnologici differenti (segnale TV e connessione internet). Per seguire il calcio, tutto il calcio. 
Ma un passo alla volta: DAZN offrirà tutta la Serie A, dieci partite a settimana. Qual è il problema? Non si conosce l’effettiva efficacia del servizio in streaming, che anche nel caso di efficienza massima dipenderà dalle connessioni internet di ogni famiglia. Non tutti avranno la stessa esperienza. Vi domandate come fate a sapere se la vostra connessione sarà sufficiente per seguire le partite per cui pagate un abbonamento mensile? O con quale qualità? Armatevi di pazienza, ci sono diversi test per valutarne la velocità e la stabilità. Non ne siete avvezzi? Vi siete già stufati di leggere?  

Ecco il reale problema: si sta caricando lo spettatore di uno sforzo mentale e psicologico che in molti non sono disposti ad accettare. In quanto a connettività, l’Italia è spaccata tra entusiasmo tecnologico metropolitano e analfabetismo tecnologico di borgata, per contesto sociale e limiti tecnologici/logistici. In questo contesto, cos’è sempre stato il calcio? Uno sfogo, il più piacevole. La sensazione che, al termine di una lunga settimana si potesse accendere il televisore per seguire con più o meno passione le avventure della propria squadra del cuore. Era un modo per ‘spegnere il cervello’, in altre parole per non preoccuparsi e occuparsi di nulla; la maggioranza del pubblico non frequenta lo stadio, che ovviamente descrive un altro tipo di coinvolgimento. E allora sì, con questo carico muore l’interesse, perché l’affannarsi supera il piacere, si sostituisce la spensieratezza con l'impegno. 

Fino ad oggi, il discrimine tra abbonamento e pirateria è stato un muro di pigrizia, un richiamo alla comodità. Fare un abbonamento per non doversi preoccupare di dove e come guardare le partite. Sostanzialmente, per godersi la leggerezza del momento, venerdì, sabato o domenica che sia. Ecco, in questo senso sarà un triennio difficile per tutti, perché questo fattore verrà a mancare tramite ogni mezzo di fruizione. Già a monte, la prospettiva di trovarsi a dover scegliere cosa guardare tra quattro diversi offerte di partite è un autogol che rischia seriamente di minare l’attrattività del nostro calcio. E per quanto sia vero per le vecchie generazioni, i giovani hanno decisamente meno problemi a destreggiarsi con i mezzi tecnologici, in tutti i sensi: se si contribuisce ad allontanare il calcio dai genitori si alimenta il motore della pirateria nei giovani, che saranno gli adulti di domani. E ancora, se manca il calcio alla TV dei genitori, mancherà il calcio alla TV dei ragazzi, che troveranno altri interessi. Ecco la vera sfida, lo 'spezzatino' del weekend è solo un segnale d’allarme. 

Questo non è un inno al boicottaggio, è una richiesta di responsabilità nell’interesse di tutti, una lettera aperta contro una visione miope. E ricordate, la pirateria è illegale!