Il cielo è biancorosso sopra Colonia. Il Siviglia batte l'Inter per 3 a 2 ed alza al cielo la sesta Coppa UEFA/Europa League della sua storia: un record per la competizione.

Vince la squadra di Julen Lopetegui, e lo fa da... squadra. Un collettivo solido che ha sempre saputo gestire i momenti della partita, nonostante abbia concesso alcune occasioni agli avversari (la palla-gol sul piede di Lukaku, su tutte). Un gruppo all'interno del quale non spicca il Campione assoluto, ma che fa dell'organizzazione di gioco il proprio punto di forza. Organizzazione esaltata poi da alcune buone/ottime individualità: Bounou, Jesus Navas, Koundé, Reguilòn, Banega, Ocampos, De Jong, Suso.

Verrebbe quasi naturale parlare di una vittoria ottenuta grazie all'esperienza accumulata negli anni, giocando partite di questo livello. Vero... a metà. Perché a ben guardare, tra coloro che hanno calpestato l'erba del RheinEnergieStadion di Colonia, il solo Ever Banega era titolare anche nella finale di Basilea del 2016 vinta contro il Liverpool, ultimo trofeo prima di ieri. All'ex Inter si aggiungono Sergio Escudero, che a Colonia ha osservato i compagni dalla panchina, e soprattutto capitan Jesus Navas, che quattro stagioni fa militava nel City, ma che era presente nel 2006, quando è iniziata l'incredibile corsa del Siviglia d'Europa.
Vincere partite così porta ad alzare i trofei che contano, ma anche solo arrivare a giocarle, queste partite, aiuta nel processo di crescita. Ed è proprio da qui che deve ripartire l'Inter, per non buttare tutto ciò che di buono (e ce n'è stato, parecchio) è stato costruito durante questa stagione.

"Partite del genere devono diventare un'abitudine, un punto di partenza": parole del Capitano, Samir Handanovic, ribadite con forza sia prima che dopo il match. Certo l'incertezza (o dovremmo dire l'addio quasi certo, dopo le dichiarazioni di ieri sera?) data dalla presenza, o meno, di Antonio Conte sulla panchina nerazzurra, cambia la prospettiva. Soprattutto in funzione di una stagione, la prossima, che dovrebbe ripartire tra una ventina di giorni. Tempi stretti, strettissimi. Ma questo, è un capitolo a parte.

L'Italia nel destino
Come detto, quello di ieri sera è il sesto trofeo messo in bacheca dal Siviglia. Nessun altro club in Europa si è mai spinto fino a lì. Una progressione impressionante se si pensa che la prima vittoria è datata 2006. In questi quindici anni sono arrivati sei trionfi in dieci partecipazioni e la certezza che, una volta superato lo scoglio degli Ottavi di Finale, il trofeo sia destinato a prendere la strada di Siviglia.
Una storia iniziata una notte di maggio, ad Eindhoven. Finale inedita tra Siviglia e Middlesbrough, che mai nella loro storia erano riuscite a fare tanta strada. E' il Boro di VidukaHasselbaink  e anche di Massimo Maccarone. Una squadra travolta dal Siviglia, guidato da Juande Ramos in panchina e che può contare sui vari Saviola  e Luis Fabiano, oltre che sul supporto dello sfortunato Antonio Puerta, ma che in campo viene trascinato dall'incredibile doppietta di Enzo Maresca.

L'anno dopo arriva il bis. A Glasgow va in scena il derby iberico contro l'Espanyol del capocannoniere del torneo, l'uruguagio Walter Pandiani. Finisce uno a uno al termine dei novanta regolamentari, due a due alla fine dei supplementari e così si va ai rigori. C'è sempre Maresca ad ispirare il duo d'attacco formato da Luis Fabiano e Kanouté, in gol durante i supplementari, anche se a sbloccarla è il brasiliano Adriano e sulla fascia destra macina chilometri un altro brasiliano dal futuro radioso: Dani Alves. Ma l'eroe della serata è Andrés Palop, capace di neutralizzare ben tre dei quattro rigori calciati dagli avversari.

Passano sette anni prima di ritrovare ancora il nome degli spagnoli sull'albo d'oro della competizione. In panchina c'è Unai Emery, in campo è il futuro romanista Fazio a guidare la difesa ed in mezzo al campo Ivan Rakitic, fascia di capitano al braccio, guida gli assalti portati da Reyes, Vitolo e Carlos Bacca. Ma ancora una volta sono i rigori a decidere l'ultimo atto contro il Benfica. E' del subentrato Gameiro il rigore decisivo allo Juventus Stadium. Juventus, allenata da Antonio Conte, che incrocia il cammino degli spagnoli in semifinale e che perde una storica occasione di disputare la Finale tra le mura di casa.

L'anno dopo è una doppietta di Bacca a risolvere la Finale di Varsavia contro il sorprendente Dnipro di Nikola Kalinic e di quel Konoplyanka che l'anno successivo vestirà di biancorosso. I muscoli di Mbia Krychowiak sono il supporto ideale per una fase offensiva che ha già in Banega il fulcro del gioco. Ma anche in questa edizione è un'italiana a provare a fermare gli spagnoli in semifinale: si tratta della Fiorentina, che però esce con le ossa rotte e cinque gol sul groppone, dal doppio confronto.

Tris servito nella stagione 2015/16. E stavolta a soccombere è il primo Liverpool allenato da Jurgen Klopp, con Firmino, Sturridge Coutinho in avanti. Dall'altra parte il colosso N'Zonzi prende possesso del centrocampo, in difesa svetta il futuro rossonero Adil Rami, ma a fare la parte del leone è Coke, il Capitano. Uno che in cinque stagioni con la maglia del Siviglia ha segnato solamente nove reti. Due delle quali proprio quella sera, a Basilea.
Perchè il Siviglia d'Europa, è tutta un'altra storia...