Non è un caso che Antoine Griezmann sia nato il 21 marzo di 28 anni fa, il giorno di primavera.
Lui non è il sole estivo in una giornata di agosto.
Non ha la forza luminosa degli astri incontrastati di quest’epoca, Messi e Ronaldo; non possiede il bagliore delle albe che promettono scintille alla Neymar e Mbappé e non è neanche il tramonto di ciò che è stato e che rimarrà indelebile ricordo di passione per il resto della vita come Zlatan Ibrahimovic.
Lui è diverso.
E’ la fine del freddo, la prima occasione di cominciare a toglierti di dosso i vestiti divenuti pesanti, il primo scorcio di sentimento che si libera da neve e gelo.
E’ la moto che hai tenuto in garage aspettando mesi prima di poter togliere il velo e tirarla fuori per liberare la voglia di libertà.
E’ come quando ti accorgi che gli alberi stanno tornando a fare il loro mestiere e quando in giro senti musica d’allegria mentre passeggi mano nella mano, scambiando reciproci sguardi innamorati.

Ecco, il “piccolo diavolo” è tutto questo e non solo: è concretezza priva delle luci che spesso accompagnano le grandi star del football.
Non catalizza le attenzioni mediatiche, non si espone in modo dirompente. Preferisce stare un po’ più di lato, vincere senza atteggiarsi da divo.
Splendere ma senza accecare.

Chi ama questo sport sa bene che il gioiello nato il giorno di un equinozio in Borgogna rappresenta uno degli esponenti di spicco dell’intero panorama calcistico, ma spesso si tende a farlo finire nel serbatoio dei grandi ma non troppo.
Di quelli che sai che possono fare la differenza ma che non gode del rango di eccellenza.
Come quando, in occasione dell'ultima edizione del Pallone d’Oro, non fu ritenuto degno di quel titolo che, senza nulla togliere a uno dei più fenomenali centrocampisti di questa generazione, avrebbe meritato più di chiunque altro per una stagione irripetibile.
L’Europa League, la Supercoppa Europea vinta contro i blancos regalando una gioia immensa al popolo colchonero e soprattutto la Russia. Quella coppa tornata a Parigi dopo venti anni esatti, marchiando in modo supremo l’avventura bleus.
E quella polemica accennata sul prestigioso premio di France Football ha ricordato a tutti ancora una volta che lui è davvero come la stagione primaverile: piacevole e serena ma capace di rilasciare senza preavviso le sue pioggie rabbiose. 

L'ultimo goal realizzato in Moldavia per le qualificazioni a Euro 2020 (grazie a un assist pauroso dell’altro asso dei galletti Pogba) è stata la scintilla che ha scatenato in chi scrive il bisogno di elogiare un campione di cui forse, tra un pò di anni, non ci si ricorderà come quelli citati all’inizio dell’articolo ma che ogni appassionato, quando ci ripenserà, sarà colto da un velo di malinconia e amore nello stesso tempo, come quella che sembra sempre avere lui quando dispensa giocate che sono come fiori appena sbocciati, come lettere d'amore conservate in un cassetto per tutto l'inverno prima di consegnarle alla persona amata, come arcobaleni che ti fanno fermare ovunque tu sia per contemplarne la maestosità.

Buon compleanno in ritardo, Re della Primavera.