Chiedete scusa, tifosi spezzini che avete dato dello “zingaro” a Kostic. Chiedete scusa al ragazzo, chiedete scusa ai vostri concittadini, chiedete scusa agli zingari. Ma soprattutto, quando tornerete a casa (perché ce l’avrete una casa) e bacerete vostra moglie (perché ce l’avrete una moglie) e abbraccerete i vostri figli (perché ce l’avrete dei figli) o accarezzerete vostra madre (perché ce l’avrete una madre), chiedete loro scusa. Perché se gli date dello “zingaro”, buttate nel gabinetto l’armonia di quella casa, l’amore per quella moglie, gl’insegnamenti per quei figli, l’educazione di quella madre. Se gli date dello “zingaro” rinnegate voi stessi, cittadini di un Paese libero e civile. Rinnegate la civiltà, anche se voi non l’apprezzate, non la professate, probabilmente neppure la considerate; eppure, la civiltà è ciò che vi consente di andarvene allo stadio o al cinema o al lavoro o al diavolo o dove cavolo vi pare e non sentirvi, mai e poi mai e poi mai, ristretti nel vostro quotidiano vivere.
Se gli date dello “zingaro” buttate nel gabinetto voi stessi. Se gli date dello “zingaro” siete marionette sciocche d’una subcultura indegna. Siete spezzini, siete tifosi, siete padri, madri, figli, sorelle… ma se date a Kostic dello “zingaro” siete coreuti d’una tragedia senza fine, che s’intitola razzismo. Se gli date dello “zingaro” scrivete pagine su pagine d’una storia infinita che, onestamente, a dirla tutta, ci ha stufato abbondantemente. Non siete neppure tanto originali, se gli date dello “zingaro” siete la solita solfa che non fa più notizia, che dovremmo tutti ignorare. Dovremmo farlo, sì, perché in fondo quello che cercate è uno straccio di considerazione, è visibilità, voi invisibili comparse della società. Quello che cercate è acquisire una qualche identificazione, perché il vuoto che alberga in voi vi relega al nulla. E sì che pure io per qualche giorno ho resistito, ho cercato d’ignorarvi. La vergogna è andata in onda domenica scorsa su canale 0 e io ho resistito; ma non abbastanza per dirvi, oggi, che se date a Kostic dello “zingaro” siete tristi personaggi in cerca di un’autorevolezza che non avrete mai.
Siete tra i tanti Pierino che popolano gli stadi, inscenando barzellette che non fanno ridere nessuno. Siete il sottoprodotto di una retorica nazionalista, che ci tartassa di preconcetti e timori, generando ignoranza. Siete ignoranti, sì. Non conoscete nulla di quel popolo, le sue origini, la sua storia, la sua “sacra” vocazione al nomadismo. E non conoscete gli abomini che questo popolo ha dovuto subire nei secoli, specie dai nazisti. Non conoscete, altrimenti ci pensereste dieci volte prima di assumerli ad etichetta di dileggio. “Gli zingari risultano come un miscuglio pericoloso di razze deteriorate e la questione zingara potrà considerarsi risolta solo quando il grosso di questi asociali e fannulloni sarà sterilizzato”. Lo dichiarava Robert Ritter, psichiatra e neurologo di Tubinga, dell’Istituto di ricerca sull’igiene razziale e la biologia della popolazione. 500.000, furono le vittime. E decenni di oblio, che arrivano fino ai giorni nostri. Giorni in cui l’evoluzione della società collide con l’involuzione di menti vuote e cieche coscienze; giorni in cui, a fronte delle sacrosante spinte progressiste, vi è una massificazione intollerante che tende ad esaltare lo ius sangunis e asfalta ogni principio sano di libertà, fratellanza e senso civico.
Ecco, quando gli date dello “zingaro” sappiate che il vostro è lo stesso melmoso terreno su cui un tempo non lontano germinò il male assoluto. Sappiatelo. E sappiate, per di più, quant’è inutile ciò che fate, ciò che dite, ciò che pensate, semmai le vostre azioni, parole e pensieri perseguano una qualsivoglia utilità. È tutto inutile. Non capite che se date dello “zingaro” a uno zingaro gli rendete onore; e se appellate così uno che non lo è, non lo offendete neanche un po’ se costui ha anche solo un quarto del vostro cervello. Perché zingaro non è per forza un ladro, un cartomante, un seccatore, un mendicante dagli abiti lerci, uno sdentato dai molari d’oro. Zingaro è anche un falegname, un mastro cesellatore, un onesto lavoratore, un musicista straordinariamente dotato, un intagliatore, un calciatore … un essere umano (appunto, Rom). Se date a un calciatore dello “zingaro”, sol perché gioca nella squadra avversaria, e viene dall’Europa più complicata, avete sbagliato tutto, quel giorno in cui siete usciti da casa e siete andati allo stadio.
Siete maschere baccanti di un carnevale boccaccesco, vi travestite da tifosi e rovinate la festa a una città meravigliosa, che vuol solo godersi la serie A. Ma la cosa davvero triste è che non siete soli, in questo girotondo squallido, che scorre, lento e senza fine, al suon di litanie sconcertanti. È il tifo da stadio, è il virus del calcio, ammorbante, imbruttente, deformante. “Il tifo da stadio”, un’espressione che nei decenni ha incredibilmente assunto un’eccezione negativa, tutta colpa della pertinace tendenza alla violenza, qualche volta fisica, molto più spesso verbale e intellettuale. E voi, dando a Kostic dello “zingaro”, l’avete incarnata tutta. È tifo da stadio lo sdoganamento sfacciato di parolacce, improperi, offese, imprecazioni e bestemmie. È tifo da stadio i cori cretini contro una città, che bruci; o gli auspici che un vulcano erutti; o le implorazioni a chissà quale Fato scellerato, affinché l’avversario per terra muoia. È tifo da stadio l’odio strisciante che permea il sentiment generale nei confronti di chi difende i colori avversi. Il campanilismo esasperato, la ricerca a tutti i costi d’una identità guerriera, la cultura del branco, l’idea demoniaca d’una setta organizzata, le facce pittate, le sciarpe sul viso, i petardi, i fumogeni branditi come spade da infilzare negli occhi ignoti, gli sputi, gl'insulti ... È tifo da stadio il razzismo, becero, infame e idiota, che echeggia nei Bu verso un “negro di m”, piuttosto che verso un “terrone di m”, piuttosto che verso uno “zingaro di m”.
È tifo da stadio e a me fa schifo. E fa schifo alla stragrande maggioranza della gente di La Spezia, che va allo stadio per gioire o soffrire da tifosi autentici, non da interpreti bulli, appunto, del tifo da stadio. E poi, sapete quanti calciatori zingari avete ammirato, sostenuto, amato, probabilmente senza nemmeno saperlo? Perché ignoranti lo siete e lo siete a 360 gradi. Da Zlatan Ibrahimovic, fuoriclasse assoluto, al gitano Quaresma, dal sinti Rafael Van Der Vart a Jesus Navas. Non è uno zingaro, anche se dette origini gliele hanno erroneamente attribuite, Andrea Pirlo, il quale nella sua biografia (scritta assieme ad Alessandro Alciato) afferma: “Sono uno zingaro errante sul campo, un centrocampista alla continua ricerca di un angolo non inquinato, dove potermi muovere libero, almeno per un attimo, senza marcatori asfissianti o maltesi assatanati alle costole”. Questo è ciò che fanno gli zingari (almeno quelli non sedentari): muoversi in libertà, alla ricerca di angoli di vita non inquinati. E tra questi angoli non v’è certo un stadio di calcio. Che pure resta uno dei posti più belli al mondo, se non fosse per quelli che danno a Kostic dello “zingaro”.
ps: davvero meritereste l'indifferenza, se essa non rischiasse di essere più grave della vostra colpa.
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