Non si sa come, non si sa perché, ma la Roma dopo un campionato mediocre si trova lì, a tre punti dal terzo posto. A Roma siamo abituati a buttarci giù, a vedere solo il lato negativo delle cose. Ma se dopo due terzi del campionato sei ancora a lottare per il terzo posto, qualcosa di buono lo devi aver fatto.

La Roma quest'anno si è scoperta fragile, prende gol con una semplicità inaudita e fa sentire Messi e Ronaldo giocatori piuttosto modesti. Basta vedere il gol preso contro il Bologna in cui Sansone praticamente si fa tutta l'area di rigore senza essere contrastato. Ma nonostante la sua difesa insufficiente, la Roma è lì e fa sentire la sua presenza. Rispetto all'anno precedente di Di Francesco è cambiato tutto, l'anno scorso si stentava a segnare ma si aveva una difesa granitica, quest'anno si fa fatica a difendere. Le colpe vanno distribuite nei nuovi innesti e nelle partenze. Perché se l'anno scorso giocavi con due mezzale vere, recuperatori di palloni che garantivano una grossa copertura in difesa ma che latitavano in zona gol, quest'anno la Roma ha innestato centrocampisti più fluidi, molti ex trequartisti. Difatti vedendo i numeri si vede che la squadra ha una grossa capacità offensiva, è il secondo attacco del campionato con 49 reti. Ma è la decima difesa, con 33 reti subite, dietro anche all'Udinese. L'anno scorso i gol subiti furono 27 in totale. 

Nonostante ciò, la sua maggior vena realizzativa ha trascinato la squadra a tre punti dall'Inter. A questo punto una domanda è lecita. Non siamo noi che forse vediamo in maniera troppo disfattista e negativa ogni risultato senza considerare l'insieme? La risposta è sì. E' vero che la squadra è inciampata troppe volte, soprattutto con le piccole, ma anche le altre hanno commesso tanti errori. Solo che noi non ci siamo resi conto fino ad oggi di quanto questi errori degli altri ci avessero permesso alla vigilia del Derby di stare così vicino alla zona Champions. 

Un'altra cosa sbagliata è pensare che bisognerà vincerle tutte per arrivare terzi, non considerando che le altre squadre possono inciampare ancora. E' impensabile che da qui a fine stagione la Roma si trasformi in una macchina perfetta, ma è altresì vero che anche le altre sono inclini ad errori. 

A questo punto torniamo alla partita con il Frosinone. Sulla carta partita facile, che la Roma dovrebbe dominare. Invece si stava trasformando in una vera e propria Waterloo giallorossa. Non che nella storia romanista non ce ne siano state tante di partite così. Pronti via e subito su un errore grossolano arriva il gol ciociaro. Un gol che è quasi surreale per come è arrivato, non uno ma ben due errori macroscopici. Sembra l'inizio di un incubo, i tifosi pronti a calcolare quanti punti perdiamo e in quale incrocio di campionato potremmo recuperare terreno. Lo so, è così, non ci nascondiamo dalle paranoie, accettiamole.
E proprio nel momento dello sconforto arrivano due gol in sequenza. Incredibile ma vero, la Roma si scopre una squadra con carattere, tira fuori gli attributi, spinti anche da un pubblico molto ostico e da una Curva SUD in trasferta mai doma. Dzeko si va a prendere prima il suo gol e poi disegna col compasso un'apertura stupenda per ElSha che conclude, sulla respinta pronto Pellegrini a ributtarla dentro come se stesse calciando via il nervosismo accumulato fino a quel momento.
A quel punto la Roma fa l'errore più grave: si accomoda. Pensando che il risultato sia acquisito decide che può rilassarsi. E come al solito viene punita. Uscito Manolas per infortunio (speriamo si riprenda per il Porto almeno), entra Fazio. Su di lui andrebbe aperto un capitolo a sè. Probabilmente non era né un fenomeno prima né uno scarso ora, semplicemente la Roma come squadra intera difendeva meglio e faceva apparire il Comandante un ottimo difensore. 

Chiusa questa parentesi torniamo alla partita. Entra l'argentino poco dopo arriva il gol che fa esplodere lo Stirpe. La difesa è imbarazzante, si spostano prima tutti da una parte, poi tutti dall'altra, impauriti dalla coppia Ciano-Pinamonti... Non proprio Mbappe-Neymar con tutto il rispetto.
Lo shock è forte, ma proprio quando non te lo aspetti i giocatori rientrano in partita e danno tutto, arrivando all'agognato gol di Dzeko che esplode, come raramente gli si è visto fare. In quell'esultanza ci sta tutto il romanismo. Un modo di tifare unico, romantico, a tratti bipolare. Ma che ci rende unici al mondo. Esplode la passione, esplode la rabbia. Scappano le lacrime al capitano De Rossi, anima vera di una squadra che troppo spesso la perde. Quando vedi giocare il numero 16 ti emozioni a prescindere, senti che è la tua incarnazione in campo. Ed è bello così.

Ma la piazza si sa, è esigente. Molti si lamentano di una vittoria striminzita contro una squadra di bassa classifica. Probabilmente si scordano che all'inizio la Roma è proprio contro queste squadre che ha perso più punti, sprofondando nella depressione e nell'avvilimento.
Molti criticano la prestazione, il modo di giocare. Io invece voglio elogiare il carattere che hanno tirato fuori i giocatori e dire: se fosse stata la Juventus a vincere così molti parlerebbero di "cinismo", "spietata", "non si piega" "fino alla fine". Invece essendo a Roma dobbiamo buttarci giù. SBAGLIATO. Perché se è vero che la vittoria è stata una sofferenza infernale, vincere è l'unica cosa che conta. Alla fine dell'anno penseremo che abbiamo vinto, non quanto o come. Non è Roma-Barcellona che ti ricordi pure il numero di striscioni in SUD che erano appesi.  Nessuno si ricorda dei risultati dell'anno scorso, come nessuno si ricorderà i risultati di quest'anno l'anno prossimo. Conta solo l'arrivo, non come ci si arriva.