Il Sassuolo è una squadra corta e mobile, i cui elementi giocano molto senza palla. In questo senso, proprio il Sassuolo si è rivelato un crash test attendibile per l'assetto tattico rossonero, il cui esito si è rilevato, tuttavia, disastroso in maniera impietosa.
Il report di tale esito deve essere letto con attenzione e capito, altrimenti la gente continuerà a cascare dal pero stupita a ogni scivolone.
Si continuerà, come sta succedendo da ieri, a focalizzare l'attenzione su fattori contingenti, come le scelte di formazione o gli errori dei giocatori, magari la stanchezza oppure la preparazione e, per non farsi mancare nulla, la concentrazione. Invece, piaccia o no, il limite è nell'impostazione tattica e nel gioco, efficacissimi contro certi avversari, magari forti, che però sono statici come l'Atletico, lunghi come la Lazio a San Siro, e leggeri come la Roma. Tattica e gioco possono risultare, tuttavia, disastrosi contro altri avversari.

Diciamo subito che, quando si fanno 32 punti nelle prime 12 partite, la qualità c'è, tanto nella conduzione tecnica quanto nei giocatori. E la cosa è stata confermata dalla vittoria su un campo difficile come quello dell'Atletico di Madrid. Quindi, consiglierei di non puntare sul tasto della squadra che sta facendo miracoli, perché di più non può dare. Questa squadra può e deve dare di più, invece, perché ne ha i mezzi. Nel momento in cui la si svilisce, non si protegge niente o nessuno, ma si creano le premesse per precipitare.
Evitiamo di giustificare le sconfitte come quella di ieri con la stanchezza per la partita di Champions, visto che metà squadra schierata ieri aveva giocato poco o era stata assente al Wanda Metropolitano di Madrid. E cerchiamo anche di non essere patetici con la storiella della concentrazione e dei problemi mentali, che richiamano il famoso spirito del Mundial 1982, su cui ironizzava il compianto Gian Maria Gazzaniga. Qualcuno ricorderà che quello spirito era diventato un ectoplasma invocato, come in una seduta spiritica, a ogni sconfitta della nazionale di Bearzot dopo la conquista del titolo mondiale.
Di certo ha senso parlare di formazione errata, ma senza esagerare e, al massimo, come fattore che può aver acuito i problemi del sistema di gioco rossonero. E' vero, infatti, che Pioli ha lasciato fuori contemporaneamente Kessie e Tonali, i due centrocampisti che, alzandosi o abbassandosi, determinano, i movimenti collettivi dei compagni. Kalulu, inoltre, sembra dare più garanzie come terzino rispetto a Florenzi. C'è stata anche troppa fretta di recuperare Maignan. E' vero, d'altro canto, che il rendimento della squadra non è migliorato più di tanto con l'ingresso di Kessie e Tonali e non si può attribuire la cosa al fatto che il risultato fosse compromesso, perché quel risultato è rimasto a lungo in bilico. E poi Florenzi non è stato disastroso, mentre Tatarusanu a Firenze aveva fatto comunque male, pur riprendendosi a Madrid. Non possiamo, pertanto, dare la colpa del disastro al turn-over, di sicuro troppo marcato, ma assolutamente non accostabile a un'operazione da fusi di testa.

Quanto agli errori individuali,
pensate soltanto al fatto che Kessie, ottimo a Madrid, ha perso più palloni di Bakayoko. Vi verrà quantomeno il sospetto che il problema vada cercato nelle difficoltà del sistema di gioco rossonero contro quello emiliano?
Il fatto è che il Sassuolo appartiene a quella categoria di squadre che giocano corte e con la difesa alta perfettamente allineata. E' la categoria cui appartiene il Porto, che non a caso ha fatto soffrire molto i rossoneri, specie in Portogallo, dove non ha dilagato solo per errori di mira dei suoi attaccanti. Lo è anche la Fiorentina di Italiano, molto aggressiva, che sfrutta la propria compattezza per schiacciare l'avversario e che al Milan ne ha fatti 4. Proprio la sconfitta di Firenze era stata, imprudentemente, archiviata come un episodio dovuto agli episodi e in cui il Milan aveva addirittura giocato bene. Quando prendi 4 gol non puoi aver giocato bene, puoi solo aver agitato le acque facendo ammuina.
Ora, il Sassuolo si è schierato a San Siro guardingo, ma molto compatto, in maniera da rimanere sì nella propria area, ma con la difesa alta. Un piccolo capolavoro che ha mandato Ibra quasi sempre in fuorigioco (forse lo svedese andrebbe utilizzato sempre come centravanti arretrato, ma è anche vero che, mancando Rebic o Giroud, non avrebbe nessuno per cui arretrare). Il Milan non ha, comunque, attaccato a vuoto e, dopo aver creato varie occasioni, ha segnato su calcio d'angolo con Romagnoli. A questo punto, però, è successo il pasticciaccio brutto che ha svelato le nudità del Diavolo ovvero i suoi punti deboli.
C'era una voragine fra il reparto avanzato rossonero e quello arretrato, diciamo fra il duo Diaz/Saelemaekers avanti e Bakayoko dietro. Era una terra di nessuno in cui restava isolato Bennacer. E quando, con la squadra in vantaggio, Bakayoko ha cercato di salire passando per la terra di nessuno, non ha saputo a chi darla e l'ha regalata agli avversari, mandando in controtempo quelli che erano dietro di lui. Come per effetto domino, abbiamo assistito alla fiera degli orrori, perché Romagnoli era fuori posizione, mentre Kjaer era rimasto a destra, la collocazione naturale. Il rientrante Maignan si è fatto trovare, a sua volta, spiazzato, per cui Scamacca l'ha appoggiata in porta da lontano, segnando un gol tanto spettacolare quanto parabile.

E' stato l'inizio della fine. Dionisi, infatti, aveva già individuato come altri  colleghi la vulnerabilità del Milan in fase di uscita dall'area di rigore, ma era rimasto sulle sue temendo la forza dell'avversario. Raggiunto il pareggio, il tecnico degli emiliani, ha piazzato 3-4 uomini nella terra di nessuno alle spalle della linea avanzata rossonera. Frattesi, Scamacca, Raspadori e Berardi hanno atteso nelle sconfinate praterie, come un muro oltre il quale era arduo far filtrare la palla. Per di più, si scambiavano spesso posizione per intontire gli avversari. E quando il Milan arrivava in attacco, c'erano Lopez ed Henrique che la ridavano ai compagni in agguato nelle immensità della steppa.
La débâcle dell'assetto rossonero mi ha ricordato una sconfitta per 3 gol a 1 della Roma di Fonseca contro la Lazio, capace di conquistare lo spazio vuoto nella metà campo dei giallorossi, a loro volta lunghi come il Milan di Pioli.  E comunque, il Milan stesso ne aveva presi 3 l'anno scorso, proprio contro la Lazio a Roma, trovandosi sempre in inferiorità numerica in ogni zona del campo e in balia delle scorrerie biancazzurre proprio dalla metà campo in giù.
Il problema è tutto in questo aspetto tattico ovvero la lunghezza della squadra rossonera. Quando il Milan affronta avversari corti e capaci di aggredire collettivamente gli spazi abbandonati, si può creare una terra di nessuno, che diventa terra di conquista per le rivali. E' accaduto ieri.
La maggior parte degli errori individuali e dei punti deboli nascono da questo equivoco. Pensate a quanto siano vulnerabili i giocatori rossoneri quando salgono palla al piede dal centro-sinistra, specie con Hernandez. Fate caso ai tanti gol o cartellini presi perché (falli a favore non fischiati a parte) i giocatori del Milan si sono fatti trovare in possesso di palla sulla trequarti con le spalle alla porta. Sono tutte mancanze che nascono dall'esistenza di quella pericolosa terra di nessuno in cui i giocatori rossoneri vanno in pesante inferiorità e, quindi, in tilt.
Certo, se le altre squadre sono lunghe o poco compatte o statiche, possono anche cercare di sfruttare questo tallone di Achille, ma non ci riescono. Quando il Diavolo incontra squadre come Porto, Fiorentina e Sassuolo, tuttavia, il discorso cambia.
Il Milan tornerà a fare risultati, poi scivolerà, poi tornerà a fare risultati, poi scivolerà ancora e così via.
Ci si scervellerà a parlare di contentrazione, stanchezza, errori individuali e così via discorrendo, ma tutto si ripeterà in una condanna all'eterno ritorno che farebbe sorridere di compiacimento il compianto Federico Nietszche.
Quando il Milan vincerà, sembrerà che i problemi siano stati risolti per sempre, mentre quando ci saranno gli scivoloni, i tifosi vagheranno come zombie cercando di darsi una spiegazione del crollo improvviso. E questo perché il problema è tattico, se non insito nella filosofia della squadra. Se non si cambia sistema di gioco, in sostanza, ogni soluzione che preveda lo spostamento di questo o quel giocatore non caverà il classico ragno dal buco.
In settimana è stato rinnovato il contratto a Pioli ed è stata una scelta intelligente, ma a patto che sia stata fatta a ragion veduta, tenendo conto delle controindicazioni di cui sopra. Vuol dire che, come per un medicinale o un vaccino, i vantaggi sono stati ritenuti superiori alle controindicazioni. Considerando che ogni allenatore ha le sue controindicazioni (si vedano le difficoltà di Sarri o l'altalena di risultati di Mourinho, per non parlare di Allegri), il calcolo ci sta.

Non comportiamoci, però, come Alice nel paese delle meraviglie e non parliamo di episodi, errori individuali e mancanza di concentrazione, quando le cose vanno male. Il bugiardino del medicinale va letto attentamente prima di assumere il farmaco e il crash test contro il Sassuolo ha confermato, senza pietà né sconti, le vulnerabilità e le controindicazioni.
Ora c'è il Genoa di Sheva. Si vada a Marassi a fare punti.