Quella tra Napoli e Juve è stata soltanto la seconda partita del girone di ritorno. È, dunque, difficile prevedere l’impatto che questo match avrà sulle sorti di entrambe le squadre, se possa essere per gli uomini di Gattuso scintilla, capace di ridare fuoco alle ceneri azzurre, e/o campanello d’allarme per i bianconeri.
Napoli-Juve, però, ci ha detto che Sarri non ha piani B, come non ne ha mai avuti.

Durante questa stagione la Juve ha perso solo 3 partite delle 30 giocate (21 in campionato, 6 in Champions, 2 in Coppa Italia e 1 in Supercoppa), pareggiandone 4 e quindi assicurandosi una percentuale di vittorie complessiva del 76,7%, certamente positiva e prospetticamente in linea se paragonata alla percentuale di vittorie raggiunta nel quinquennio Allegri (71,6%).

A preoccupare, però, è la maniera sempre uguale con la quale si sono compiuti i passi falsi. Le due con la Lazio e quella di ieri col Napoli sono state partite giocate su ritmi lenti, dettati da avversari con l’obiettivo di controllare meglio lo spazio centrale.

Le priorità di Gattuso e d’Inzaghi contro i bianconeri sono state quelle di proteggere il centro del campo, la zona statisticamente più pericolosa delle squadre di Sarri e verso le quali è diretto il possesso. 

Con Milik ad infastidire i due centrali di difesa, le mezzali strette intorno a Demme e Callejon e Insigne sulla linea di un centrocampo a 6, il Napoli ha invitato la Juve a cominciare e proseguire le azioni sulle fasce laterali. La Lazio, dal suo canto, aveva stretto Correa e Immobile, davanti ad una linea da 5 e una da 3.


L’ostacolo massimo del blocco centrale

Utilizzando il rombo come modulo di riferimento, o un 4-3-3 dove la tendenza dei tre davanti è comunque quella di convergere sempre verso il centro, i principi di gioco di Sarri circa la risalita del campo si basano sulla costruzione di triangoli e diagonali offensive, dove la veloce circolazione del pallone è fondamentale.
In tali condizioni, con difficoltà di penetrazione centrale contro blocchi bassi, la Juve non riesce mai ad alzare la velocità dei passaggi, porta palla sterilmente sulle fasce dove finisce per imbottigliarsi, non essendo capace di cambiare il campo per allargare le maglie dall’esterno e di affidarsi ad azioni individuali verticali degli uomini con maggiori abilità nell’uno contro uno (tipo Douglas Costa).

L’idea di gioco, infatti, salta costantemente quando degli avversari tatticamente ben disposti in campo non permettono lo sviluppo centrale e il dialogo tra gli uomini dalla cifra tecnica maggiore. Ciò conseguentemente ne mina completamente la produzione offensiva (i bianconeri hanno una media di 6 expected goal creati a partita, abbassatasi a 4 con la Lazio e a 2 con il Napoli).

Questo avviene, soprattutto, quando ci si imbatte in degli allenatori come Inzaghi e Gattuso che non hanno alcuna vergogna ad accettare lunghe fasi di difesa posizionale e preparano la partita prettamente sotto l’aspetto dell’ordine. In questi casi Sarri non ha piani B e sembra non ne abbia mai avuti.
Non è un caso che tutte le principali sconfitte subite dalle sue squadre abbiano seguito questo canovaccio, e di tale fattura appaiono anche la sconfitta più clamorosa subita dal tecnico di Figline e quella più importante.

 

Manchester City vs Chelsea, il punto più basso dell’esperienza Sarri

Il 10 febbraio 2019, all’Etihad Stadium il City di Guardiola travolse per 6 a 0 il Chelsea di Sarri, umiliandolo sia sotto l’aspetto del risultato che della prestazione. Se la componente mentale ebbe un peso importante sull’andamento della partita, con i blues in campo con un’atteggiamento blando tanto quanto quello della Juve di ieri sera, non fatichiamo a rintracciare gli aspetti tattici negativi ricorrenti.
Guardiola, infatti, preparò la fase difensiva in maniera impeccabile, trasformandola poi in una fase offensiva fatta bene. Lo spagnolo, cosciente delle difficoltà degli uomini di Sarri negli spazi centrali intasati, organizzò un pressing su misura forsennato per bloccare la prima fase di costruzione e accentrò Sterling e Bernando Silva sulle due mezzali (Kante e Barkley), in modo da dirottare il possesso sui i terzini avversari, aggrediti poi da Fernandinho. Formando cosi un 4-3-2-1 o 4-3-1-2 in fase difensiva con linee molto strette.

Con tale disposizione il Chelsea riuscì a creare solo una misera palla gol (0,9% expected gol) e si dimostrò incapace di mettere in pratica i principi di gioco del proprio allenatore.

 

Napoli vs Juventus, crocevia scudetto

Ma la sconfitta più importante, è di certo più indicativa ai fini della nostra analisi, resta quella subita dal Napoli di Sarri contro la Juve di Allegri nella stagione 2017-2018. Si trattava della prima sfida stagionale tra le due squadre e gli azzurri ci arrivavano con un vantaggio di quattro punti in classifica e l’opportunità di consolidare il proprio primato.
Ad avere la meglio però fu Max Allegri, che per la partita del San Paolo rispolverò un 4-4-1-1 bloccato, con Matuidi sulla sinistra e Douglas Costa sulla destra.
L’obiettivo dichiarato era quello di adattare la propria fase difensiva sulle difficoltà offensive degli avversari.
I bianconeri con due linee da quattro molto vicine protessero con i denti il centro del campo, chiudendo ogni spazio tra le linee senza diventare passivi e concedendo agli azzurri solo gli spazi esterni. 
Inoltre con estrema facilità riuscivano a trasportare la produzione offensiva del Napoli su un solo lato, quello destro, affollandolo (questa è stata anche una delle mosse di Gattuso, che con Mario Rui, Zielinski e Insigne è riuscito a riempire la fascia destra e a bloccare l’avanzamento verticale di Cuadrado, Dybala e Bentancur).

La sfida tattica come tutti sappiamo fu vinta dal livornese che indirizzò la partita sui binari da lui immaginati.

 


Sarri non ha piani B

L’impressione complessiva è che Sarri non ha piani B e che non riesca mai a rovesciare le tendenze di una singola partita quando avversari ben disposti portano la propria squadra fuori dalla comfort-zone, ovvero lontana dal proprio modo di giocare.

Quando questa distanza - tra il proprio modo di giocare ed uno nuovo richiesto dal momento delle partite - è avvertita sembra avere un effetto devastante sui giocatori in campo, che paiono demotivati, mentalmente blandi e passivi, palesando tutte le difficoltà sia a mettere in pratica i dettami tattici richiesti dall’allenatore sia nel dover rinunciare ad essi. 

È dall’inizio della stagione che il tema per Sarri è quello di cercare di conciliare le proprie idee con le esigenze di una Juve abituata a fare del cinismo e dello sfruttamento degli episodi la propria condizione d’esistenza.
Ed è proprio questa la cosa più allarmante per una squadra come i bianconeri, che negli scorsi anni avevano mostrato abiliti straordinarie nel decidere i match, azzannandoli quando se ne presentavano le opportunità e nei modi più svariati possibili.
Quest’anno, invece, la squadra di Sarri è sempre stata incapace di gestire le partite quando si è trovata in vantaggio o quando la situazione ha richiesto un cambio di piano.

 

Il sogno Champions in pericolo

Per una piazza come quella juventina, che ambisce alla vittoria della Champions, la risoluzione di tali aspetti risulterà fondamentale per il buono o il cattivo esito delle fasi finali della massima competizione europea, quando solo una feroce interpretazione degli episodi permetterà il proseguimento del cammino verso Instabul 2020.

La partita di Napoli non ha fatto altro che confermare le difficoltà della base concettuale del gioco di Sarri nel perfezionamento degli equilibrio di gioco.
In conferenza stampa al San Paolo il tecnico di Figline ha sottolineato ancora una volta i limiti mentali dei propri uomini, ma in tale frangente della stagione è legittimo dubitare sulla tollerabilità di un’idea di gioco che sembra potenzialmente incompleta.