Ho già scritto più di un pezzo relativo alla figura di Maurizio Sarri, ma voglio dedicarle ancora il mio tempo perché ne sono completamente affascinato. Il suo nome è associato a una metodologia tattica che si avvicina parecchio a un significato sociologico e filosofico. Basti questo per comprendere il valore che tale personalità rappresenta all’interno del mondo del calcio e non solo. Per il vocabolario Treccani, il Sarrismo è “La concezione del gioco del calcio propugnata dall’allenatore Maurizio Sarri, fondata sulla velocità e la propensione offensiva; anche, il modo diretto e poco diplomatico di parlare e di comportarsi che sarebbe tipico di Sarri”.

Oggigiorno il calcio ha una valenza economico-sociale molto rilevante. Ha un seguito mediatico dirompente e chi è parte di tale mondo è costantemente posto alla luce dei riflettori. Si tratta di professionisti a tutto tondo che non sono chiamati soltanto ad avere conoscenze e competenze legate al loro settore, ma rappresentano icone seguite dai tanti. Non è semplice riuscire a gestire una situazione simile. Ogni individuo è responsabile del proprio comportamento, ma è innegabile che lo si diventi ancor più nel momento in cui si è continuamente osservato dalla critica. Qualcuno lo osannerà e lo assumerà a esempio da seguire. Altri, invece, lo contesteranno a prescindere. E’ difficile vivere con la consapevolezza di poter deludere a ogni gesto chi tanto ci stima o di rischiare di aizzare costantemente chi già non ci sopporta. E’ una sensazione che penso sia prassi di tutte le persone e immagino lo divenga ancor più per chi è sempre nel cuore dell’attenzione mediatica. Come ci si comporta per ovviare al pesante dilemma? Lo chiedo a chi vive la vicenda in prima persona, ma “nel mio piccolo” provo a rispondere. Credo occorra semplicemente essere sé stessi. Macchiavelli diceva che: “Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono quel che tu sei”. Ritengo, invece, che parecchi soggetti dispongano del grande dono di percepire la differenza tra “costruito” e “autentico”. Quando si riesce a mantenere la propria personalità senza voler dare troppo peso alla forma, si è già vinto perché si ha sconfitto quell’ansia subdola di crearsi un doppio io. Pirandello parlava di maschere. Gli individui adottano un determinato atteggiamento in base a chi si trovano innanzi. Sarri non è così e nel suo ambiente non è il solo. Sotto questo profilo, credo che molti Illustri Colleghi riescano a centrare l’obiettivo. Il riferimento palese è, ad esempio, ad Allegri, Conte o Gattuso. Pare proprio che questi uomini siano come si mostrano ed è qualcosa di fantasticamente puro.

Mister, grazie. Ero convinto che, pur vestendosi di bianconero, non avrebbe abbandonato la propria personalità e così è stato. Maurizio, il simbolo di Napoli e della “lotta al palazzo”, decise di trasferirsi alla Juventus che rappresenta l’emblema del potere. Il suo destino appariva, per tanti, segnato. Si diceva: “si piegherà alle ‘tendenze’ della Vecchia Signora”. E invece no. E’ rimasto lo stesso del momento in cui affermava di credere che “in 18 persone si può fare un colpo di Stato e prendere il potere” (Il Mattino). La sua filosofia e il suo pensiero sono ben noti. Potrebbero chiaramente condurre a un ideale specifico all’interno della storia italiana e non soltanto: il Popolo unito cerca l’assalto ai simboli aristocratici, borghesi di un’istituzione stabile e ben consolidata sul trono del comando. E’ troppo semplice accostarlo a emblemi di una determinata corrente come Che Guevara. Nulla di nuovo o trascendentale, ma vorrei che si uscisse dall’aspetto politico perché il toscano ha trasportato determinati concetti all’interno nel mondo del calcio spogliandoli dei loro precedenti legami. Pallone e arte del governo devono restare, in questo caso, realtà distinte e assolutamente separate. Così si comprenderà la portata e la grandezza dell’opera del figlinese. Non esiste un altro tecnico con una simile propensione. Il toscano è riuscito a trasferire nel suo sport idee che erano assolutamente disgiunte ad esso. Come il Demiurgo, le ha plasmate alla nuova vita e ha originato un “Paese delle Meraviglie”. Entrare nel Sarrismo è come piombare nel famoso pertugio dove cadde Alice oppure avventurarsi nel Castello fatato che Disney racconta nell’opera La Bella e la Bestia. Maurizio ha acquisito il soprannome di Comandante e credo sia piuttosto emblematico rispetto alla personalità. A Lui era persino stata dedicata una pagina Facebook chiamata Sarrismo Gioia e Rivoluzione. Indipendentemente dal suo credo o dal pensiero che manifesta anche soltanto limitatamente all’ambito sportivo, occorre riconoscere l’autenticità e la grandezza della Figura che si potrebbe distinguere in mezzo a ogni altra. Penso che tale peculiarità rappresenti un vantaggio da sfruttare nel migliore dei modi all’interno dell’habitat sabaudo non propriamente avvezzo a simili astrazioni. Si dice che i poli opposti si attraggono. L’allenatore può utilizzare la diversità come strumento di crescita personale e ambientale. Mister, la Juve ha bisogno di Lei e Lei potrebbe avere necessità della Juve. Il Destino Vi ha unito. Non gettate alle ortiche l’occasione.

Sarri rappresenta qualcosa di unico e inimitabilmente autentico anche dal punto di vista comunicativo. Non è artefatto. Usa un linguaggio semplice, comprensibile ai tanti, ma soprattutto diretto ed esplicito. A volte, esce persino dalle righe lasciandosi sfuggire qualche epiteto non propriamente elegante. Ma va bene così. Affascina perché è raggiungibile. La tuta è il mozzicone di sigaretta in bocca rappresentano un’immagine straordinariamente elegante in quanto terribilmente normale. Anzi, peccato che la classica tenuta vista con Empoli, Napoli e Chelsea si stia trasformando in una più ufficiale polo blu con pantalone scuro. Sarebbe entusiasmante poterlo osservare come in passato, ma con i colori della Vecchia Signora. Rispecchierebbe meglio la sua indole. Quello è Maurizio, un uomo comune che grazia a capacità, gavetta e sudore, ha raggiunto l’obiettivo sperato. Sarri non è stato un campione. Ha militato nel dilettantismo e senza risultati eclatanti, ma la passione e la meritocrazia lo hanno premiato. E’ un capolavoro di vita da narrare ai più giovani. Proviene dal cuore della Toscana. Solitamente non credo troppo agli stereotipi né in positivo, né in negativo. Esiste sempre qualcuno pronto a sfatarli, ma il mister di Figline rappresenta proprio la sua terra così vera e pura. E’ il classico sessantenne talmente genuino da attirare affetto. Spiace vederlo accusato. E’ triste percepire la sua difficoltà. A tratti sembra appartenere a un’altra generazione tanto da apparire teneramente umile. Preferisce la carta alla tecnologia e i suoi appunti sono raccolti proprio in questo modo. Tappino della penna in bocca e foglietti sui quali incidere il vangelo del suo calcio. Rimarrà per sempre stampata nella mia mente l’immagine dei festeggiamenti della vittoria della scorsa Europa League. I Blues trionfarono e il figlinese, in mezzo al gruppo, pareva felice come un bambino o alla stregua del nonno che gioisce per il nipote. E’ una scena amichevolmente piacevole. Se si osservano certi fotogrammi, non si può che sussultare perché si percepisce forte la concreta felicità di chi li vive in prima persona. A tratti, Maurizio può apparire talmente duro da sembrare burbero. Non credo, però, sia così. Un simile atteggiamento è troppo distante dal suo ideale di vita. Se si pensa al rapporto con alcuni giocatori, si giunge proprio all’ultima conclusione. Un riferimento potrebbe essere Higuain. Sarri sembra aver compreso perfettamente l’indole del Pipita e non è un caso se l’argentino si esprime con lui nella maniera più positiva possibile. Si ricorderà di certo il record dei 36 gol stagionali in serie A raggiunto da Gonzalo con la maglia del Napoli sotto la guida del toscano. L’allenatore figlinese dispone di una dote molto importante per un tecnico. Riesce a comprendere i bisogni psicologici dei propri calciatori. Non è poco perché occorre ricordare che questi atleti sono primariamente uomini con un cuore e un’anima. Quando il mister bianconero dichiara di aver litigato soltanto con il suo attuale numero 21 non compie un gesto negativo nei suoi confronti. Semplicemente spiega al mondo esterno la realtà dei fatti senza ledere alcuna parte in causa. Maurizio è diretto ed esplicito. Non nasconde il proprio pensiero ed è schietto. Afferma ciò che ritiene opportuno senza confidarlo, in chiacchiericci, solo a terze persone. E’ una prerogativa davvero ammirevole. Dietro un approccio un po’ duro, Sarri è una persona schietta, umile e dolce.

L’aspetto filosofico e psicologico della questione si tramuta perfettamente nel gioco del toscano. Si tratta di una coralità armoniosa. Il mister di Figline lascia meno spazio al singolo perché i risultati si raggiungono insieme. Non può esserci il prediletto che comanda e gestisce la situazione. Tutti sono determinanti e devono percepire la loro importanza. Nessuno viene lasciato indietro. E’ chiaro che, soprattutto negli ultimi 30 metri, l’estro del calciatore non è castrato, ma deve prevalere il conetto di collettività. Sarri è un’esteta che vuole raggiungere il risultato tramite la “grande bellezza”, ma non fine a sé stessa. A Napoli, Maurizio doveva rispondere alle esigenze della tifoseria con la passione trascinante. La Città gli chiedeva questo e lo dimostrano i fuochi d’artificio giunti dopo la vittoria di Torino sulla Juve con rete di Koulibaly che poi è risultata palesemente inutile per centrare l’obiettivo. Con tali prerogative è riuscito a sfiorare il capolavoro dello Scudetto. Quella squadra ha bisogno di determinati sentimenti che solo alcuni allenatori riescono a trasferire. Non è un caso se il matrimonio con Ancelotti non ha funzionato, mentre quello con il toscano e Gattuso paiono perfetti. Pur essendo tatticamente molto diversi, Sarri e il calabrese sono riusciti a creare un ambiente che un vincente come il reggiano non è stato in grado di strutturare. Con il passaggio al Chelsea, il figlinese si è adattato perfettamente alle diverse esigenze della “City” e ha condotto la compagine al trionfo in Europa League. Lì, come a Torino, servono i successi. In caso contrario, non si soddisferà l’amore dei tifosi. Il toscano l’ha compreso al volo e si è adattato a un diverso DNA. Tale modifica, però, non ha estraniato o cambiato il suo credo. E’ proprio in una simile capacità che si concentra il punto di svolta. E’ lì che Sarri sta provando a costruire l’armata micidiale. Come un chimico unisce i vari elementi creando un mix che potrebbe risultare fenomenale. Credo che la scelta bianconera di affidargli la panchina fosse stabilita in quell’ottica. Dopo lunghi anni di “allegrismo”, che si sposa perfettamente con i canoni tipicamente juventino-sabaudi, serviva la scossa del “sarrismo”. La decisione, però, dovrà risultare vincente ed è il tassello che manca perché per ora non è giunto alcun trofeo. La doppia faccia osservata mercoledì contro il Milan potrebbe essere letta proprio in una simile ottica. Dopo 3 partite e 60 minuti nel perfetto stile dell’attuale tecnico, i bianconeri hanno avuto una crisi di rigetto. Hanno subito gol e si sono fatti cogliere dal panico non riuscendo a ritrovare i crismi del passato perché ormai la metamorfosi è avanzata. In tal modo hanno perso ogni identità patendo una pesante “scoppola” che ha determinato le 4 reti rossonere. L’idea era quella di una compagine in grande confusione. Non è un caso se Maurizio non intende cercare i motivi del blackout che ha colpito la sua compagine. Non sono importanti. Fanno parte di un processo di maturazione e potrebbero pure non essere collegati all’andamento lento delle rivali in serie A. Serve tempo e la speranza dell’ambiente bianconero è che, dopo aver conquistato uno Scudetto ancora in bilico, gli uomini del toscano siano più vicini alla loro “nuova essenza” perché giungeranno le gare di Champions. In quest’ottica si possono pure spiegare le difficoltà che l’ultima versione della Vecchia Signora ha manifestato in alcuni spezzoni di partita con le big o persino nell’intero arco di determinati match. Alla prima difficoltà, la compagine ha provato a tutelarsi in certezze vetuste. Non sempre l’opera è andata a buon fine.

La fiducia in Sarri è tutt’altro che scemata. Qualche giorno fa scrissi che servivano risposte immediate. Sono giunte e sono state piuttosto positive. Una volta centrato lo Scudetto, Maurizio avrà raggiunto il “minimo sindacale” e, a quel punto, gli si dovrà concedere il tempo per plasmare definitivamente la sua creatura. Mi auguro davvero che possa stupire l’esigente pubblico bianconero, così come vari media che ultimamente lo attaccano in misura eccessiva, perché questo tenero sessantunenne toscano si merita tutto il bene del mondo.