Massimo Gramellini, vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera, afferma che “se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l’equilibrio per un attimo”. E’ un aforisma incredibilmente reale. Se si desidera progredire e raggiungere nuovi obiettivi occorre assolutamente avere coraggio. Bisogna vantare la forza di modificare il proprio status e quindi abbandonare la stasi raggiunta con tanta fatica, ma che dopo lungo tempo rischia di incepparsi conducendo a una triste regressione. E’ necessario comprendere il momento e avere l’audacia di buttarsi. Capita sovente che chi ha paura degli aghi debba sottoporsi a una puntura. A un certo punto è costretto a chiudere gli occhi e concedersi al doloroso trattamento. Se si ferma a pensare, la mente stimola un rimuginio che gli impedisce di svolgere l’azione. Si potrebbe anche portare l’esempio del bambino che impara ad andare in bicicletta. Se non prova a viaggiare togliendo le rotelline non riuscirà mai a trovare l’equilibrio. Deve avere l’ardore di iniziare. E’ chiaro che tutto questo creerà scompensi importanti e tali da vivere un momento di disordine, ma ritrovato l’assetto corretto si sarà apportato l’aggiornamento del sistema utile a evolverlo.

E’ esattamente la situazione nella quale pare situarsi la nuova Juventus. Ormai i fatti sono arcinoti ed è inutile annoiare il lettore raccontando nuovamente tutta la recente storia bianconera. Basti sostenere che l’addio di Allegri e l’arrivo di Sarri può rientrare esattamente nella situazione sopra descritta. Con questo non si vuole certo rinnegare l’opera svolta dal livornese sulla panchina della Vecchia Signora. Tutt’altro. I Campioni d’Italia hanno vissuto 5 fantastiche stagioni che sono valse altrettanti Scudetti, 4 Coppa Italia, 2 Supercoppe Italiane e soprattutto 2 finali di Champions. Nonostante le sconfitte, infatti, la trasformazione dei sabaudi da squadra che domina l’Italia a compagine capace di spaventare le regine d’Europa rappresenta il grande capolavoro allegriano. E’ l’opera manifesto di un genio che dai molti veniva definito privo di idee, ma che in realtà aveva una sua concezione del calcio marchiata e vincente. Non è vero che la sua Juve non vantava un’identità o un gioco, ma questi erano “talmente avanti” da non essere forse apprezzati perché non in linea con la moda divampante. Così la Vecchia Signora appariva come una compagine naif e al contempo un po’ vintage, ma assolutamente vincente. Dopo tante stagioni trascorse insieme, Max non pareva più in grado “di estrarre il coniglio dal cilindro”. Seppur ricca di trionfi con la conquista di 2 trofei e ineccepibile dal punto di vista dei risultati, tra i quali si deve annoverare pure il raggiungimento dei quarti di Champions, l’annata appena trascorsa ha lasciato una sensazione giustamente negativa. Niccolò Cusano distingueva tra ragione e intelletto indicando con quest’ultimo lo strumento tramite il quale si cerca di raggiungere quello che non è spiegabile con la prima. Se i freddi numeri non possono che dare ragione ad Allegri, vagava nell’Etere una sensazione correttamente non positiva. La necessità di cambiamento non era palese, ma emergente. Il rischio era quello per il quale, se non si avesse avuto il coraggio di lasciare le solide certezze, la squadra avrebbe potuto perdere la propria forza. Così le parti hanno trovato il coraggio di dirsi addio e la dirigenza piemontese ha affidato la sua creatura a Maurizio Sarri che rappresenta quanto di più distante potesse esistere da Allegri. Il suo calcio è l’emblema della freschezza e della novità. E’ il simbolo di tutto quello che è più in voga alla stato dell’arte. Il tecnico di Figline mostra al suo interno un magnifico contrasto che può solo creare un enorme fascino intorno a questa figura. Il suo stile filosoficamente un po’ agèe contrasta nettamente con un gioco che è assolutamente centrato e in linea con i tempi. E’ quanto di più apprezzato dalla maggioranza degli esperti di calcio e addetti ai lavori dei nostri tempi. Così la Vecchia Signora ha avuto l’ardore di osare.

Un discorso simile si può effettuare pure per quanto riguarda il mercato. A dire il vero, in questo caso, la situazione è leggermente differente. Si dice che la dea bendata bacia gli audaci e le scelte dei dirigenti bianconeri paiono la palese dimostrazione. In molti ricorderanno cosa è accaduto qualche mese fa. Higuain avrebbe dovuto lasciare la Vecchia Signora tanto da iniziare la stagione con la maglia numero 21 perché la 9, celebre casacca dei bomber, pareva destinata a un nuovo centravanti. Lo stesso vale per Dybala che nel cuore della calda stagione, di rientro dalle ferie, rimase qualche giorno chiuso nella sua dimora torinese allenandosi da solo dubbioso su quale sarebbe stato il suo destino. Lui avrebbe voluto rimare in bianconero, ma dalle parti della Continassa aleggiava il fantasma di Lukaku poi terminato all’Inter. Invece gli argentini sono rimasti entrambi e stanno facendo le fortune dei bianconeri. Difficile chiarire se siano titolari o meno in quanto la nuova versione del sarrismo è meno guidata da saldi vincoli di formazione. Di certo entrambi sono parte del progetto e stanno fornendo un contributo fondamentale come dimostrato nella sfida contro i nerazzurri vinta a San Siro. Questo match, che porta proprio le griffe dei 2 attaccanti, ha spedito la squadra sabauda in cima alla graduatoria mandando in estasi un ambiente che ha visto i suoi beniamini dominare a larghi tratti l’incontro, esprimendo un gioco affascinante con i crismi del famoso “Sarriball”. La partita del “Meazza” assomiglia tanto alla scintilla che ha acceso il cuore di gran parte del popolo bianconero nei confronti del suo Comandante. La Vecchia Signora è stata in grado di “rubare gli occhi” dei suoi ammiratori. Non ha avuto bisogno di difendersi perché ha sempre attaccato e questa è una delle novità cardine rispetto al recente passato. Per lunghi periodi i piemontesi hanno impedito agli avversari di varcare la metà campo. Bonucci e de Ligt, ultimi baluardi, giocavano praticamente sulla linea mediana. Il gol di Higuain, poi, è l’emblema dell’identità di gioco che il mister toscano vuole imprimere nella sua creatura. Ci si immagini un felino che ha adocchiato la sua preda. Si accovaccia cercando di nascondersi o se possibile pure mimetizzarsi. Attende e aspetta ancora fintanto che giunga il momento opportuno. A quel punto, con un balzo poderosamente famelico, non lascia scampo al malcapitato rivale. Per spedire il Pipita praticamente a tu per tu con Handanovic sono serviti ben 24 deliziosi passaggi. Quello che appariva un possesso palla sterile, con l’Inter tutta rintanata nella sua metà campo senza mostrare particolare patema nella gestione di quell’azione, si è improvvisamente tramutato in un attacco letale. E’ bastata un’imbucata verticale di un maestoso Pjanic che ha pescato Cristiano Ronaldo. Il portoghese ha servito Bentancur che ha confezionato uno splendido cioccolatino per il Pipita. Dopo un magnifico controllo, il bomber ha trafitto il portiere sloveno. Il tutto è stato favorito da un errore in uscita di Bastoni. Questo potrebbe non essere l’unico sbaglio della retroguardia nerazzurra che è stata forzata dalla lunghezza infinita della manovra juventina. I bianconeri hanno mosso gli avversari frustrandoli psicologicamente fintanto che sono giunti in fallo. Nella trasferta milanese, quindi, i bianconeri paiono finalmente aver mostrato i 2 capisaldi del sarrismo: “si difende attaccando” con un pressing molto alto e il celebre tiki taka che porta allo sfinimento i rivali costringendoli a un’inevitabile svista.

E’ chiaro che la rivoluzione del tecnico di Figline non può ancora considerarsi completa. Una gran mole di lavoro resta da compiere, ma già il fatto che la squadra non abbia avuto una crisi di rigetto ai principi fondamentali è un segnale assolutamente importante. Lo stesso accadde con Allegri quando nella sfida casalinga “da dentro o fuori” contro l’Olympiacos durante la Champions 2014-2015 decise di sterzare improvvisamente la rotta abbandonando il famoso 3-5-2 contiano e affidandosi a un rombo di centrocampo che diede enormi soddisfazioni. E’ logico che quella mutazione non si può ridurre soltanto ai freddi numeri di un modulo, ma vi fu pure una diversità di approccio e di atteggiamento nelle gare europee con la Vecchia Signora che si mostrò più sicura rispetto al passato. Sarri avrà ora il tempo di concludere l’opera e il segnale mandato nel post partita di Inter-Juve è abbastanza inequivocabile rispetto agli obiettivi da raggiungere. Il toscano ha spiegato che, quando ha deciso di inserire Higuain lasciando in campo contemporaneamente il Pipita, Dybala e CR7, lo scopo era quello di trovare la vittoria a tutti i costi. L’allenatore ha compreso che quella fosse una sfida da conquistare e non uscire da San Siro con un successo sarebbe stato ingiusto per quanto il campo stava mostrando. Quello che all’apparenza può sembrare quasi superbia non è affatto sintomo di tale sentimento. Semplicemente mostra un senso di giustizia. Effettivamente, la Juve meritava di tornare a Torino con i 3 punti e ogni altro risultato non avrebbe rispecchiato i valori visti sul campo. Poco importa, poi, se l’andamento della sfida abbia fatto emergere che quella del tridente puro sarebbe stata una scelta errata, tanto da dover correre ai ripari con l’innesto di Emre Can al posto della Joya. Ciò che conta è il messaggio che il Comandante ha mandato ai suoi uomini: attaccare sempre e comunque con coraggio. Questo cambio di mentalità deve essere ancora appreso dai bianconeri che dopo aver ottenuto il vantaggio paiono essersi rintanati dietro vecchie certezze e hanno lasciato quasi una mezz’ora di tentativi alla Beneamata. I lombardi, però, stanchi e frastornati non hanno raggiunto l’obiettivo non mandando nemmeno in grande apprensione la Vecchia Signora. Nel dopo gara Sarri ha sostenuto che vorrebbe vedere la sua squadra divertirsi per tratti più lunghi di partita, sottolineando proprio come l’intenzione paia quella di aumentare i margini di governo del gioco da parte dei bianconeri. Con la consapevolezza, denotata pure dal toscano, che la sua compagine non possa dominare per 90 minuti, esistono margini di miglioramento.

Nel suo capolavoro chiamato Sally, Vasco Rossi canta che “la vita è un brivido che vola via è tutto un equilibrio sopra la folliae questo si addice perfettamente al sarrismo. E’ chiaro che il sostantivo “follia” deve essere interpretato con un’accezione positiva. Il “Sarriball” è quanto di più pazzescamente geniale possa esistere tanto che Zola affermò: “Pensavo di conoscere molto il calcio, ma Maurizio ha aperto un grande mondo davanti a me” (La Gazzetta dello Sport). I concetti di gioco del toscano sono tanto affascinanti da apparire a tratti assurdi. Sovente i grandi artisti non vengono capiti immediatamente, ma serve tempo perché siano compresi. Questo accadde, per esempio, a Van Gogh. Fortunatamente per il toscano, il pallone pare avere già capito il suo genio e oltre al plauso estetico del suo credo gli ha regalato pure un’Europa League mostrando che il gioco del mister di Figline può portare anche a risultati concreti. Sarri, però, non è Allegri e proprio per tale motivo occorre mantenere la calma più totale. Il Comandante è un uomo che esalta trascinando le folle semplicemente tramite il calcio che propone e il suo stile anticonformista. Il mozzicone di sigaretta in bocca e la larga polo blu a maniche lunghe, Maurizio è l’uomo che nell’epoca degli i-pad preferisce munirsi di blocchetto e penna per sedersi, nel momento di euforia generale, scrivendo pagine intere con il cappuccio della biro stretto tra le labbra. Questo è Sarri e occorre assolutamente constatare come tale figura a tratti filosofica sia assolutamente carismatica. Allo stesso tempo, però, una simile struttura quasi mistica potrebbe portare a importanti crisi di rigetto. E’ “tutto un equilibrio sopra la follia” e chiedo scusa a Vasco se prendo nuovamente a prestito le sue straordinarie parole per spiegare il concetto che vorrei esprimere. E’ possibile che questa empatia che si è venuta a creare possa spezzarsi andando incontro a una serie di risultati negativi, ma occorrerà mantenere saldo il timone non dando troppo peso a eventuali critiche e guardando avanti perché il toscano ha tutte le carte in regola per regalare importanti soddisfazioni.

Durante l’estate si era cercato di rincuorare i cuori affranti degli juventini che vedevano davanti a loro solo negatività anche a causa di un mercato insoddisfacente. Ora, invece, la situazione pare capovolta e urge gettare acqua sul fuoco al fine di non creare aspettative che potrebbero solo aumentare la pressione intorno a una squadra davvero forte. E’ chiaro che quest’ultimo concetto è valido soprattutto per la Champions League. Le recenti parole di Emre Can sono il primo esempio di malcontento che deve essere arginato il prima possibile.E' tutto risolvibile e sicuramente ciò avverrà.