Quando il 14 luglio 2014 Antonio Conte sbatté la porta di Vinovo in faccia al club che lo aveva reso grande in campo e in panchina, per noi tifosi fu un autentico colpo da knock out. Il nostro capitano, il paladino di mille battaglie e arringhe, il mister protetto e coccolato anche durante i sei mesi di squalifica non aveva esitato a voltarci le spalle per cercare ristoranti più consoni a quello che pensava esser ormai il suo blasone. Il giorno dopo fu annunciato l'arrivo di Massimiliano Allegri... rabbia mista a sgomento, paura che tutto quello che fin lì eravamo riusciti a ricostruire si sarebbe dissolto in un batter d'occhio. "NOI ALLEGRI NON LO VOGLIAMO!".

Ma già il giorno della conferenza stampa di presentazione, dopo aver ascoltato con diffidenza le parole del dg Marotta, rimasi piacevolmente colpita dai modi comunicativi di Max, che si approcciò con eleganza, umiltà, pacatezza ma palesando una rischiosa convinzione di mezzi tecnici che mi fecero pensare: "Però, audace il livornese...". E ben presto in effetti mi sono ricreduta, cominciando prima a spogliarmi dai pregiudizi su di lui, quindi, sempre più ad apprezzarne le doti professionali e umane, fino - non mi vergogno a dirlo - ad amarlo incondizionatamente.

Quello che ha fatto in cinque anni è scolpito nella storia del calcio; ovviamente non condivido l'opinione di chi lo accusa di "non gioco", essendomi divertita tantissimo - soprattutto allo Stadium dove la percezione è completamente diversa da quanto è possibile vedere in TV - a scorgere le sue alchimie tattiche, con spostamenti di ruoli e giocatori a seconda delle circostanze, invenzioni, follie che mi hanno sempre conquistato. Così ancora non mi capacito del suo esonero e aspetto di conoscere il suo futuro per seguirlo con grande passione, perché Max mi è rimasto dentro. Sogno ancora un suo ritorno a Torino, tra qualche anno; sicuramente mi aiuterà ad amare nuovamente la Nazionale, quando la allenerà.

Ma nel frattempo la passione bianconera brucia nella nevrosi del post-Allegri e il futuro (anche se io continuo a sperare nel coupe de theatre...) pare portare a Maurizio Sarri. Noooo! Specifico che la mia disperazione non ha nulla a che vedere con le capacità tecnico-tattiche del toscano, né con il suo look trasandato e poco accattivante (che pure non aiuta...); la mia riottosità è legata all'anti-juventinità che Sarri ha tanto coriacemente brandito nei suoi anni di Napoli, in cui non si è mai limitato a comportarsi da avversario più o meno composto (qualche esternazione fa parte del gioco, ci mancherebbe), ma ha insistentemente aizzato il popolo con dichiarazioni sconcertanti quali:

1) Voglio assaltare con la mia squadra il palazzo, dove risiede il potere occulto del calcio;

2) La Juventus migliore di noi ha solo il fatturato;

3) Ho intenzione di sporgere querela contro il giornalista che mi ha accostato alla Juventus;

4) Lo scudetto non lo abbiamo perso sul campo, ma in albergo a Firenze.

Per non parlare del dito medio sollevato dal pullman contro i tifosi durante la trasferta di Torino dello scorso anno, delle continue lamentele sui turni di campionato che comunque favorivano la Juventus, a prescindere da quale delle due squadre giocasse prima o dopo rispetto all'altra. Sarri insomma non è solo l'ex allenatore del Napoli, ma un fiero e convinto assertore di tutto ciò che i detratori e i malpensanti dicono di noi, ciò per cui ci hanno condannato in serie B, ciò per cui ci chiamano "Rubentus". E se oggi biasimiamo Antonio Conte per avere accettato la corte dell'Inter, accogliere Sarri è inaccettabile, a prescindere dal gioco e dai risultati, perché almeno per me l'onore e la bandiera hanno ancora un valore che va oltre. FINO ALLA FINE!