"Gira la frusta Peppinooo!" No, non siamo all'ippodromo di Tor di Valle e in pista non c'è il Grande Mazzarini, per gli appassionati di trotto di quei tempi una sorta di ottavo re di Roma,non ci sono nemmeno i cavalli in realtà, ma i cani. I levrieri del Cinodromo di Roma per la precisione" (da Paolo Allegri, 19.4.2017)
Nota: i driver del trotto durante la corsa tengono il frustino appoggiato alla spalla e lo girano quando vogliono sollecitare il cavallo ad andare al massimo.

Il Cinodromo di Roma si trovava nei pressi di ponte Marconi e rimase in attività dal 1958 fino al maggio 2002 quando animalisti ed altre cooperative umanitarie, per la tutela del rispetto dei levrieri, ne decise la chiusura, anche a Londra quattro anni fa ne è stato dismesso l'ultimo ancora in attività. Si correva tutte le domeniche mattina e nei giorni feriali di lunedì, mercoledì e venerdì nel pomeriggio. All'interno del Cinodromo, l'ingresso negli anni 60 costava 200 lire, si accedeva alle gradinate per assistere alla corsa dei levrieri che partivano dall'interno di piccole gabbie con apertura automatica sincronizzata allo sparo dello starter e rincorrevano per due giri di pista una finta lepre meccanica, il cane vincitore avrebbe decretato la gioia degli scommettitori con manifesto disappunto del popolo dei perdenti. A basso erano disposti una fila di gabbiotti con tanto di broker che incassavano le puntate degli scommettitori, vincente, piazzato o la tris (una sorta di tombola!). Sui picchetti ufficiali salivano i "clanda" di Capannelle e Tor di Valle (una commistione di sacro e profano, pura poesia!). Gironzolavano personaggi da film come "Er pescetto" nominato in "Romanzo Criminale" dalla folta, nera capigliatura, con una vistosa collana d'oro effigiante la Madonna con Bambino  luccicante sopra l'ampia scollatura della candida camicia contrastata dal color ambra della sua abbronzatura. Al suo fianco "Albertone" detto "Er sola" della Garbatella, tutti e due pronti, soldi in mano con lo sguardo proteso in alto ad osservare l'andamento delle quotazioni delle puntate. I cani levrieri sui quali gli scommettitori puntavano maggiormente erano Caimano con il pettorale N°5 ed Aramis con il N°4. Ma Peppino amava il suo levriero, perdente o vincente che fosse, era Sandokan, con il N° 8, un levriero inglese razza Whippet del peso di 12 kg. circa, poteva raggiungere i 55/60 km/h, cane sensibile, molto mutevole di prestazioni, ma mio cugino Peppino era un suo grosso tifoso dopo ovviamente essere un tifoso sfegatato della sua Juventus e di Michel Platini. E così alcune volte vinceva, ma il più delle volte perdeva e di brutto, non si piazzava nemmeno e Peppino di settimana in settimana perse un mare di soldi vanificando gran parte del suo stipendio che praticamente delapidava tra scommesse ai cani e sigarette, difatti era un fumatore pazzesco.

Alla fine degli anni 50 papà Renato decise di abbandonare il piccolo appartamento che occupavamo nel quartiere Testaccio a beneficio di uno nuovo situato in una bella palazzina appena costruita nella nuova zona di San Paolo e prossima al costruendo ponte Marconi. Essendo la nuova casa composta di ben sei stanze, per noi tre dunque immensa, mamma e papà si accordarono con dei nostri parenti il cui capofamiglia zio Guglielmo, nativo di Napoli (suo tifoso di calcio) da graduato dell'Esercito ed operante a Caserta era stato trasferito a Roma presso la caserma di Via XX Settembre a fianco del Quirinale. Sua moglie zia Clementina, sorella di mia nonna, di origini umbre, una donna che non si direbbe sposata, era piena di brio, amava poco stare in casa, un suo hobby e per quei tempi era una pioniera, consisteva nel fare shopping sfrenato soprattutto di articoli di biancheria, stoffe, tendaggi, conosceva tutte le mercerie della capitale che girava quotidianamente quando non c'era la bolgia di traffico di oggi con alcune sue fedeli amiche, che a turno si alternavano così da rendere le conversazioni ed il tran tran giornaliero sempre più appetibile e variegato. Ma quando rientrava aveva in cucina delle doti mostruose, sono famose le sue frittelle, i "mostrenguoli" una rinomata ricetta delle colline del Trasimeno. La coppia aveva tre figli: due ragazze prossime ai vent'anni, Maria e Nelda, ed il maschio Peppino di 25 anni di età (come detto juventino sfegatato). Le due ragazze erano semplicemente splendide, Maria una mora con i capelli alla Ava Gardner e Nelda una bionda mozzafiato con la capigliatura bionda, lunghissima a ricordare la mitica Anita Ekberg. Peppino si era diplomato alle magistrali ed aveva ottenuto subito dopo a Caserta il posto di insegnante elementare, ma un paio di anni appresso con il trasferimento del padre a Roma, in attesa che il Provveditorato accettasse la sua domanda d'insegnamento in un istituto della capitale, conobbe e si fidanzò con una ragazza romana molto distinta e graziosa nei modi, Anna Maria, studentessa di musica al Conservatorio di Santa Cecilia che si guadagnava i sostentamenti impartendo ai ragazzi lezioni private di pianoforte. Anna Maria venne a conoscere nel suo corso di musica un collega, figlio di un noto impresario romano che in quell'anno, siamo nel 1960 è tempo della XVII Olimpiade a Roma, aveva vinto l'appalto per costruire il viadotto sopra Corso Francia, l'arteria principale che avrebbe condotto tutto il traffico proveniente da Est della capitale verso i luoghi delle manifestazioni olimpiche.

All'indomani di questa segnalazione suggerita dalla sua fidanzata, Peppino si presentò per un colloquio, fece un'ottima impressione e venne immediatamente assunto in qualità d'impiegato ragioniere. La paga era molto buona e ben più corposa di quella percepita da maestro elementare. Dopo circa tre mesi bussò al campanello di casa un postino con in mano un telegramma proveniente dal provveditorato agli Studi, era stato riconosciuto il trasferimento a Peppino e gli era stata assegnata la cattedra per l'insegnamento al corso delle elementari alla scuola Livio Tempesta, ma lui non ci andò mai. I genitori s'infuriarono non poco per quella sua scelta e da lì nacquero dei dissidi che pian piano lo porteranno ad allontanarsi sempre più dalla famiglia e purtroppo, complice qualche scellerato collega, dedicarsi al gioco e soprattutto alla frequentazione prima sporadica e via via sempre più fitta delle corse dei cani al Cinodromo.

Vivemmo insieme in quella enorme casa per cinque anni, ne serbo dei bellissimi ricordi e non dimenticherò mai le ore in cui Peppino di ritorno dal lavoro giocava con me a pallone nel lungo corridoio di casa, era di 6/7 mt. e facevamo un gran chiasso con tutte quelle pallonate....a Nord la porta di uno dei bagni faceva da quella difesa da Tacconi, dalla parte opposta c'era la mia, la porta che dava accesso all'ingresso difesa da Nuciari, quando Peppino attaccava palla al piede era Michel Platini, quando attaccavo io ero Oscar Damiani, quell'anno facemmo due tornei, uno se lo aggiudicò la Juve ed uno il Milan. Avevamo una dozzina di anni di differenza, ma Peppino era per me come il miglior compagno di classe, a lui, nel periodo in cui si cominciava ad essere in un fisiologico contrasto con i genitori, confidavo tutto e lui spesso mi dava dei consigli, o semplicemente delle dritte oppure terminava con un ma dai! e una bella scapigliata, quasi data per invidia, lui in pochi mesi aveva perso la sua folta capigliatura.  Quasi per voler combattere questa sua precoce alopecia iniziò a fumare e in pochi mesi riuscì a superare la quantità di fumo emessa dal padre, che però, pur sbrigando nel pomerggio al ritorno dal lavoro tutti i lavori domestici, curava particolarmente la pulizia della cucina e dei pavimenti, non si rendeva conto di ammorbare l'aria fresca e pulita dall'uso dei prodotti igienizzanti con il fumo acre e pestilenziale emesso dal suo perenne sigaro toscano stretto tra i denti ingialliti dalla nicotina.

Passano una diecina di anni, mi diplomo, m'iscrivo all'università e nello stesso tempo inizio a lavorare. Mi innammoro prima della Vespa con la quale frequento l'Ateneo, poi della Cinquecento per le prime goliardiche scorribande in auto, e poi di quell'angelo di mia moglie. Quando ci sposammo invitai Peppino alle nostre nozze, ma venne solo la madre, Clementina, che era rimasta vedova da un paio di anni, mentre le due figlie si erano sposate, Maria con un pasticciere fiorentino conosciuto al cinema, stava facendo il militare a Roma, e Nelda conobbe nelle sue frequentazioni di quartiere un meccanico romano. La sorte volle che i destini dei due matrimoni fossero completamente opposti, Maria aprirà una bella pasticceria a Firenze mentre Nelda si troverà alle prese con un matrimonio per certi versi tormentato. Peppino invece mi disse rammaricandosi, che non sarebbe potuto venire, si trovava ricoverato in una clinica per degli accertamenti cardiologici. In verità Peppino fu esentato dal servizio di leva perchè gli avevano riscontrarono alla visita una malformazione cardiaca che gli avrebbe impedito marce e lavori pesanti.

Pochi mesi dopo lo andai a trovare, era ricoverato all'ultimo piano di una elegante clinica romana con vista sulla Basilica di San Pietro. Lo trovai irriconoscibile, praticamente allo stato larvale, ma aveva conservato una voce se pur flebile, ferma, decisa e poi non gli mancava mai il sorriso sulle labbra. Era una domenica pomeriggio, l'ora delle partite, la sua piccola radio accesa sul comodino era sintonizzata su Tutto il calcio minuto per minuto e dopo qualche minuto lo vidi sbracciare di gioia quando Sandro Ciotti disse: "Scusa Ameri m'inserisco dall'Olimpico per segnalare il vantaggio bianconero sulla Roma con una bella rete di Michel Platini... dunque Roma 0 Juventus 1... a voi la linea!" Vidi il suo naturale sorriso trasformarsi in un impeto di gioia, gli s'illuminarono i suoi due occhioni neri su quel volto scarno, emaciato dal dolore, la gioia di un gol ci riporta bambini e Dio volesse che portasse beneficio anche alla salute. Era terminato l'orario delle visite, un'infermiera gentilmente ci ricordava di lasciare libere le stanze, allora salutai con un abbraccio Peppino ma lui afferrando il mio braccio e mettendo due carte da 1000 lire nella mano mi disse di puntarle domenica prossima su Sandokan vincente e io di risposta: "Ma Peppino non stare a pensare ai cani... dai... e poi Sandokan è invecchiato, non può vincere" "Dai Massimo dammi ascolto, so che vincerà! A domenica ciao!"

La domenica mattina seguente andai al Cinodromo puntando le 2000 lire di Peppino su Sandokan vincente, e il levriero uscì appaiato all'ultima curva prima del rettifilo d'arrivo e con un incredibile slancio, sembrava avesse inserito il turbo, superò gli altri cani ed andò a vincere. Dopo pranzo ansioso saltai in macchina, arrivai alla clinica, mi precipitai per le scale salendole quattro a quattro, attraversai il lungo corridoio e brandendo il tagliando della vincita in mano entrai nella stanza di Peppino, ma con mio grande stupore trovai il suo letto vuoto. Mi volto per chiedere spiegazioni, non c'è nessuno ma in fondo al corridoio vedo venirmi incontro la caposala: "Scusi signore lei è un parente di Peppino?" "Sì, signora sono il cugino, mi chiamo Massimo" "Ecco sig. Massimo, Peppino stamane intorno alle 11 ha suonato il campanello, immediatamente abbiamo compreso che non riusciva più a respirare e subito io e il medico di guardia gli abbiamo iniettato un farmaco ed attaccato la bombola dell'ossigeno". "Ma era solo?" "No c'erano al suo fianco le due sorelle alle quali stringeva le mani, ma verso mezzogiorno avvertirono il calore delle sue mani a poco a poco intiepidersi sempre più e Peppino con un filo di voce sussurrar loro: Peppinooo! Dai gira la frusta! Ma lei sig. Massimo sa che cosa volesse dire?" "Sì, forse, ma prosegua il racconto per favore...". "Il racconto finisce qui! Peppino è spirato intorno alle 12". Piansi... piansi come un agnello stringendo in mano la ricevuta di quella vincita, l'unica dopo tanti anni. Ma era la vincita più importante. Peppino il tuo Sandokan oggi è volato ma tu hai voluto volare più in alto di lui!

Ciao Peppino, ci mancherai, riposa in pace.

P.S. Era domenica 13 maggio 1984, la Juventus conquistava il suo 21° scudetto, era lo stesso giorno della morte di Peppino.

Un abbraccio

Massimo 48