Ascoltare quella melodia, sentire ogni volta un ardore diverso provenire da ogni singola nota: non è una canzone come tante altre, essa nasconde qualcosa di speciale, assomiglia ad un vero inno alla gloria, una di quelle ragioni per cui affrontare mille sfide senza alcuna paura: la Champions League, quanto fascino nascosto dietro le curve della coppa più ambita del calcio, e quanti campioni, uno di fronte all’altro, pronti a battagliare con il coltello stretto tra i denti, in una dimensione dove il dolore sembra non esistere.

Una storia scritta a suon di successi e trofei quella del Bayern Monaco, una di quelle società nate sin da principio con il gene dei vincenti nel DNA, un volto ben noto del panorama europeo, voglioso di specchiarsi ancora una volta nella limpida superficie della coppa dalle grandi orecchie, esattamente come nella stagione 2012/13 in quella splendida cornice del Wembley Stadium. Di anni ne sono passati ben 6 da quell’ultima magica notte, ma la formazione bavarese non ha mai smesso di recitare un ruolo di primissimo ordine in tale competizione, portandosi spesso a due passi dal traguardo, per poi inciampare fragorosamente poco prima: un cambio generazionale che ha visto invecchiare rapidamente le ali Arjen Robben e Franck Ribery, due dei tasselli fondamentali del leggendario team di Josef Heynckes, con quest’ultimo mai adeguatamente rimpiazzato da un sostituto all’altezza, con gli stessi Pep Guardiola e Carlo Ancelotti, incapaci di riportare il Bayern verso un successo europeo.

Analizzando le ultime sfortunate avventure in territorio europeo dei campioni di Germania potrebbe sembrare che il gigante tedesco abbia in un certo senso imparato a "zoppicare" come Zeno Cosini in un simpatico aneddoto raccontato da Italo Svevo nella "Coscienza di Zeno", in cui il protagonista dopo aver incontrato un vecchio conoscente in una taverna, si lascia condizionare dal suo andare incerto sulle gambe, iniziando anch’egli a riportare lo stesso movimento, causato a suo dire da un misterioso dolore, dal significato simbolico ed anche emblematico, figlio della sua epoca complessa.

Senza alcun dubbio però lo smalto dei periodi di maggiore splendore è divenuto meno resistente con il tempo trascorso per questo colosso del calcio tedesco, il quale sente mancare sotto di sé le certezze del passato, con una realtà affidatasi ormai sempre più alla ribalta di giovani speranze, con la fiducia che essi siano in grado di non tremare di fronte ai nomi di coloro che hanno scritto la storia: tra i diversi profili più che interessanti di questo nuovo Bayern Monaco emerge la personalità di un ragazzo cresciuto nelle giovanili dello Stoccarda, il classe 1995 Joshua Kimmich, considerato grazie alle proprie caratteristiche tecniche il perfetto erede del leggendario capitano Philippe Lahm; entrato a far parte della formazione bavarese nel 2015, la sua duttilità tattica gli ha permesso fin da subito di diventare un’importante pedina nella scacchiera della propria squadra, dove si è trasformato in un calciatore moderno in piena regola. Dal centrocampo alla difesa, dalla fascia destra a quella sinistra, non c’è ruolo di movimento che non abbia recitato in quello che ormai è divenuto il suo Bayern Monaco, conquistando una maglia da titolare attraverso impegno e sacrificio, sfidando costantamente i propri limiti fisici e tecnici: sono ben 16 le reti messe a segno nelle 156 presenze con la formazione bavarese, un segnale importante per un ragazzo impiegato principalmente sulla linea dei difensori, ma ciò che lo rende davvero straordinario è il suo rendimento in Champions League, con 7 reti realizzate in 35 presenze, con le statistiche che saranno presto da aggiornare in prospettiva vista la giovane età di questo calciatore, giunto soltanto al 24 esimo anno di età. Lanciato presto nella mischia Joshua Kimmich ha conquistato con l’esperienza una maturità impressionante per quello che lasciano trasparire le sue prestazioni, come quella che lo ha visto protagonista sul terreno di Anfield Road, nel pareggio per 0-0 con il Liverpool, in cui anche grazie alla strabiliante prestazione dell’intero reparto difensivo è riuscito a tenere a bada le incursioni di Sadio Mane e Roberto Firmino, due ospiti oltremodo scomodi da gestire per chiunque: unica macchia dell’impresa in territorio inglese, un giallo rimediato dallo stesso Kimmich, pesante come un macigno poiché non gli permetterà di essere presente al ritorno dell’Allianz Arena, dove non basterà uno sterile pareggio a reti bianche per decretare un vincitore.

Il Bayern Monaco sarà costretto a fare a meno del suo giovane guerriero nel match che lo vedrà ancora una volta protagonista del proprio avvenire, per raccontare forse un epilogo diverso da quello fallimentare di questi ultimi anni di anonimato internazionale, poiché per una realtà prestigiosa come quella dei campioni di Germania soltanto una destinazione è ammissibile: vincere per convincere il proprio pubblico e se stessi, che lo stesso nome a distanza di tempo non racconta una storia poi così diversa.