Spoiler: poche. Per almeno due ordini di motivi. In primo luogo perché il Mondiale è la competizione che riunisce la crème de la crème del rugby globale, e l'Italia, inutile nascondersi, non ne fa parte. In secondo luogo perché il rugby è probabilmente lo sport di squadra più lineare in assoluto (e forse è questo il motivo per cui fa così poca presa sul pubblico calcistico): nove volte su dieci vince la squadra più forte. Non c'è molto da dire. Di sorprese, nel mondo della palla ovale, ce ne sono state sempre poche, se "sorprese" si possono definire le superpotenze dell'Emisfero Nord che mettono i bastoni tra le ruote a quelle dell'Emisfero Sud. 

L'Italia non ha mai superato la fase a gironi di una Coppa del Mondo, neanche quando l'impresa sembrava alla portata, come nel 2007, quando Robertson spedì fuori il calcio del sorpasso sulla Scozia praticamente allo scadere. Figurarsi quest'anno, dunque, con gli Azzurri inseriti nel "girone della morte" insieme a Nuova Zelanda e Sudafrica, oltre a Canada e Namibia. Per fare la storia l'Italia è chiamata, stavolta si, a tentare l'impossibile, o quasi: battere gli Springboks. Dando ovviamente per scontate due vittorie (possibilmente larghe) contro Canada e Namibia e una sconfitta di proporzioni contenute contro gli All Blacks col freno a mano tirato, già ora sicuri del passaggio del turno da prima della classe dopo la vittoria all'esordio proprio contro il Sudafrica. 

E proprio da questo match può arrivare qualche considerazione interessante per gli Azzurri. La prima è l'enorme, asfissiante pressione che il Sudafrica riesce a portare in difesa. Gli All Blacks se la sono vista brutta per oltre venti minuti, approfittando di una situazione di gioco rotto per marcare la prima meta e ripetersi quattro minuti dopo, prendendo il controllo del match per il tempo necessario a scavare il solco decisivo nel punteggio. Se la pressione difensiva del Sudafrica ha causato più di qualche grattacapo ai campioni in carica, c'è da scommettere che possa essere letale per una squadra fisicamente e mentalmente fragile come l'Italia. Ma, allo stesso tempo, è difficile immaginare che sia l'Italia a tenere il possesso contro gli Springboks, che presumibilmente faranno la partita. L'Italia dovrà quindi trarre il massimo vantaggio possibile dalla difesa, inducendo il Sudafrica agli stessi errori che gli sono stati fatali contro la Nuova Zelanda. In breve, molto semplicemente, le perdite di possesso. Difendere forte per recuperare palla e infilarsi velocemente nei pochi varchi lasciati aperti. In gergo calcistico, si direbbe che l'Italia debba giocare di ripartenza. Facile a dirsi, molto meno a farsi. Specialmente con la palla ovale.

Gli Azzurri sono chiamati alla partita perfetta contro un avversario di livello decisamente superiore. Pur sconfitto dagli All Blacks, il Sudafrica è una squadra che lascia ben poco sul campo. L'Italia, dal canto suo, è invece una squadra con evidenti limiti, non tanto sotto il profilo fisico quanto sotto quello mentale. Se c'è un difetto atavico degli Azzurri, è la scientificità con cui vanno in pezzi dopo aver subito un paio di mete, anche a fronte di una buona prestazione. Al crollo mentale segue puntualmente quello fisico: l'Italia perde lucidità, corre a vuoto e lascia ampi spazi agli attacchi avversari, che affondano come una lama calda nel burro, specialmente allargando il campo, visto che l'Italia tende spesso a restringersi. L'ultima cosa da fare contro i trequarti sudafricani, letali se non adeguatamente contenuti. 

L'Italia, domani all'esordio contro la tutt'altro che irresistibile Namibia, ha da scalare una montagna la cui vetta è inesplorata: la Storia quasi bicentenaria di uno sport che protagonisti non ci ha visto mai, e forse mai ci vedrà. A volte, però, anche la Storia può fare un salto e dare la possibilità alla meno attesa delle comparse di portarsi via le briciole di gloria altrui. Non sarà la Web Ellis Cup, ma per l'Italia del rugby tanto denigrata è come se lo fosse.