Sessantacinque milioni di euro. È questa la cifra che l’Inter ha dovuto sborsare in estate per portare a Milano quel giocatore che il neo allenatore Antonio Conte, ha chiesto, anzi preteso, a qualsiasi costo. Ovviamente stiamo parlando di Romelu Lukaku, colui che sta riuscendo in maniera più che positiva nel difficile compito di sostituire un altro grande attaccante, Mauro Icardi. Anche se spesso il belga viene paragonato proprio con quest’ultimo, in realtà tra i due ci sono una marea di differenze, perché Lukaku è l’attaccante due punto zero.

Evolversi
Nel calcio, evolversi e migliorare continuamente è la chiave per il successo, in qualsiasi ruolo. Lo sanno bene gli allenatori, che spesso, si vedono costretti a rivedere le loro tattiche per arrivare al successo, e a mantenersi sempre “aggiornati”. Il “gegepressing” per esempio, è roba freschissima, che appena dieci anni fa non era nemmeno lontanamente immaginabile. Ma lo stesso discorso vale anche per i giocatori: se il ruolo del libero è praticamente ormai defunto, lo si deve all’evoluzione tattica. Cosi come quello del terzino bloccato, chiamato a curare solo ed esclusivamente la fase difensiva. Al giorno d’oggi, o meglio, al calcio d’oggi, un terzino che si rispetti deve avere in canna cross a profusione e corsa a non finire, oltre a buone doti difensive.
È l’evoluzione, qualcosa di inevitabile. Evoluzione che mai come in questa stagione sta interessando il reparto offensivo, in particolar modo il ruolo della punta centrale. Se un tempo l’identikit perfetto della “prima punta” si poteva racchiudere nel fisico possente e nella potenza di tiro, oggi le cose sono decisamente cambiate. La cosiddetta “boa”, ovvero l’attaccante che grazie al suo fisico ha il compito di far salire il baricentro della propria squadra, sta via via scomparendo, a favore di attaccanti sempre più veloci, che con il loro dribbling sfruttano l’arma della profondità, imbucati da esterni e trequartisti che in quanto ad accelerazione non sono da meno.
Un esempio? Il Liverpool di Klopp sta recitando questo sistema alla perfezione, grazie a giocatori come Salah, Manè e Firmino; e i risultati sono anche eccezionali se pensiamo che ad Anfield è stata portata un’altra Champions League. Ma la fisicità è destinata a scomparire? Assolutamente no, parola di Romelu Lukaku.

L’identikit dell’attaccante perfetto
Forte fisicamente, una potenza di tiro capace di bucare la rete, e uno scatto imprendibile. Se dovessimo tracciare l’identikit dell’attaccante perfetto, ne verrebbe sicuramente fuori una cosa del genere, ma che purtroppo sembrerebbe finora impossibile. Eppure, c’è qualcosa, anzi qualcuno, che si avvicina parecchio a questi standard, e il secondo goal di Lautaro Martinez in Champions League contro lo Slavia Praga, ne è stata l’ennesima conferma. No, non stiamo parlando dell’attaccante argentino, ma del suo compagno di reparto, il già citato Romelu. Quel goal, per entrare nel dettaglio, è stato completamente ideato e disegnato alla perfezione da lui: con il fisico protegge palla dagli avversari non una, ma ben due volte, e poi con un piede calibrato al millimetro, serve in maniera perfetta Lautaro, che davanti al portiere non può sbagliare. Ma questa è soltanto una delle tante occasioni in cui il belga ha dimostrato di poter alternane predominio fisico, alla velocità: prendiamo per esempio in analisi anche il secondo goal dell’Inter nella partita contro il Genoa, vinta dai nerazzurri con il risultato di quattro a zero. Lukaku riceve in area di rigore un pallone che protegge in maniera perfetta con il fisico, per poi scaricare il pallone a Gagliardini, che complice l’errore del portiere Radu, fa due a zero. Il bilancio complessivo dell’attaccante belga parla – per ora ovviamente – di diciassette partite giocate, dodici reti e un assist. Volendo fare un paragone – forzato – con Mauro Icardi, l’argentino ne uscirebbe con le ossa rotte: solamente undici reti in ben ventinove presenze, a cui va aggiunta la rottura con la società e il successivo trasferimento al Paris Saint Germain. Insomma, stiamo parlando di due attaccanti completamente diversi: Icardi gioca più per il mero goal, sfruttando al massimo ogni pallone, Lukaku invece è decisamente molto più generoso, segna, e sopratutto fa segnare, il tipo di attaccante che all’Inter mancava da veramente molto tempo. L’attaccante 2.0.

Le statistiche
A parlare però non sono solamente i numeri: ci sono altre statistiche che mostrano in maniera evidente, le differenze tra i due attaccanti. Al Paris Saint Germain (che molto probabilmente lo riscatterà a fine stagione) Mauro Icardi ha segnato finora quattordici reti, una ogni 87’ minuti di gioco. Romelu Lukaku ne ha, come già detto prima, messe a referto dodici, una ogni 132’ minuti. Mettiamo che nell’arco di una partita capitino a entrambi tre occasioni da goal a testa: Icardi molto probabilmente non ne fallirebbe nemmeno una, mentre lo stesso non si potrebbe dire del suo rivale, un po’ più “sprecone” sotto porta; questa è la lettura giusta di un dato significativo. Significativo però è anche quello che ci mostra “da dove provengono” questi goal: se infatti l’argentino non ha ancora mai segnato al di fuori dell’area, il belga è riuscito a gonfiare la rete anche da fuori. Ma non solo, perché mentre Icardi ha regalato ai suoi compagni solo 0,41 sponde a partita, quelle di Lukaku raggiungono il 2,51, praticamente quasi tre a partita.
Un altro – ennesimo – numero importante è quello dei palloni giocati a partita: 15,55 per il primo, 33,05 per il secondo: praticamente il doppio.

Mera realizzazione da una parte, creatività e “lavoro sporco” dall’altra: quale preferite?