Stagione che si prospetta da dimenticare quella della Roma, non tanto in termini di obbiettivi (o almeno non ancora), piuttosto in termini di risultati e prestazioni. Più ombre che luci, a partire dal mercato non all’altezza delle aspettative alla parabola discendente di Fazio, fondamentale l’anno scorso e protagonista negativo questa stagione.

Tra i flop spicca ovviamente Pastore, arrivato come top player, finito per essere la riserva di un diciottenne che, per quanto talentuoso, è arrivato come contropartita nell’affare Nainggolan. Oggi al Flaco è stata data l’ultima possibilità. Non poteva sfruttarla in un modo peggiore: i palloni persi non si contano sulle dita di due mani, idem i passaggi sbagliati. Avrebbe dovuto dare la possibilità a Schick di concludere a rete, invece è stato come se facesse di tutto per annullare l’attaccante ceco. Ennesima partita sbagliata anche per Federico Fazio, autore di vari errori durante questa stagione (degno di nota quello in Champions contro il Real Madrid). Ho accostato insieme questi nomi per la loro somiglianza (non solo di viso e di nazionalità), e la loro situazione si riassume nel goal del 1-0 della Fiorentina: Pastore perde palla e Fazio si fa aggirare banalmente da Chiesa, che lo anticipa per il tap-in.

Ovviamente, chi ci va di mezzo in questi casi è l’allenatore. Un classico, la soluzione più economica per una società che pensa solo ed esclusivamente al bilancio. Il povero DiFra, invece, è un cane pastore alla guida di un branco di agnelli (non pecore, visto che la rosa giallorossa è una delle più giovani del campionato). Infatti i problemi non sono frutto di carenze tattiche, tantomeno tecniche. Qui si parla di mentalità, mentalità vincente che giustamente manca ai giovani Kluivert, Zaniolo & Co., che ancora la devono acquisire, ma che i veterani come Manolas, Kolarov, Dzeko e Florenzi non riescono a trasmettere a questi ragazzi.

Parlando di mentalità, mi sposto su una questione che affligge la Roma da un po’ di anni: la bandiera-dipendenza. Durante gli ultimi anni di Totti, era sempre lui a risolvere le partite la maggior parte delle volte. Quando Lui mancava, la squadra in campo non era la stessa. Con il ritiro del Capitano e con il mercato “rivoluzionario” si pensava fosse finita, che la Roma potesse cominciare ad essere una e una soltanto. Una squadra con dei punti fermi, ma che fosse in grado di rialzarsi da sola. Purtroppo nulla di tutto questo, c’era solo bisogno di un cambio: fuori il numero 10, dentro il 16. Due squadre diverse, la Roma con De Rossi e la Roma senza De Rossi. Talmente diverse e lontane che si potrebbero fare due società differenti. Il problema è che questo concetto non va a braccetto con gli infortuni, e nessuno è riuscito a rimpiazzare la figura di DDR sul campo durante la sua assenza. Per competere ad alti livelli va risolto questo problema, bisogna prendere esempio dalla Juve, che anche senza Buffon e, soprattutto, senza Ronaldo riesce a fare bella figura, o quantomeno a vincere.

Non vorrei concludere parlando della società, ma bisogna parlarne. Criticherei Pallotta, un presidente che ha comprato una squadra di calcio senza sapere cosa fosse il fuorigioco, ma sarei banale. Preferisco chiudere prendendo in analisi il ds Monchi: ha capito qual era il metodo da adottere sul mercato, ma ha sbagliato gli acquisti. Partendo dal presupposto che Zaniolo è stata un’intuizione di Di Francesco, non si può rimpiazzare Nainggolan con Pastore. In primo luogo, nonostante abbiano la stessa età, il primo è tecnicamente superiore al seconde, poi  El Flaco ha trascorso gli ultimi due anni in panchina, e infine sono due giocatori completamente diversi. Nainggolan si inserice, mentre l’argentino è un regista avanzato. Non a caso, a sostituire Pastore dopo l’infortunio e a sorpassarlo nelle gerarchie ci hanno pensato prima Pellegrini, poi Zaniolo, molto più simili al belga come tipo di gioco. Tornando a Monchi, ora è in arrivo un difensore (Vida dal Besiktas), la mossa migliore da fare viste le difficoltà. Ma da tifoso, per giugno, mi aspetterei un minimo di restyling, soprattutto se dovesse partire Manolas. Il compito più difficile per Monchi sarà quello di riuscire a trattenere più giocatori possibili, cedendo magari Under per rimpiazzarlo con un top player (cercando di evitare un Pastore 2.0). N’Zonzi, Kluivert, Karsdorp, El Shaarawy e tutti gli altri non vanno persi. La qualità c’è, bisogna lavorare sul concetto di squadra. E se dovessero paertire in molti si ricomincerà da zero.