La liturgia di un calcio di rigore parato prevede che i giocatori si complimentino col proprio portiere e invece, dopo la parata di Mirante su Sanabria, il portiere della Roma è stato garbatamente ignorato.
Il treno-Champions, dopo il gol del genoano Romero, ormai prossimo juventino, aveva appena chiuso le porte e la differenza tra pareggio e sconfitta avrebbe cambiato la vita solo al Grifone. Sono i giorni, questi, per la Roma scivolata dopo il 2-1 del Milan sul Bologna, in sesta posizione, della presa di coscienza. Era nell'aria, arriviamo a dire, perché si era capito dall'inizio della stagione che i problemi strutturali della rosa erano difficili da risolvere, perché il quartetto dei difensori centrali lo avete visto tutti purtroppo, perché nel gruppo dei centrocampisti non ce ne è uno che tra le sue caratteristiche migliori ha quella di recuperare pallone e ripartire che è poi quello che avrebbe voluto  Di Francesco, perché in porta non c'è più santo Alisson.

Paradossalmente c'è ancora la possibilità di dare un senso a questa stagione, ma questo non toglie che questa sia una Roma sbagliata. Sette gol a Firenze, tre nel derby, serve altro? Speriamo di no. Alla fine ha pagato Di Francesco ma ha poche colpe perché se levi a un allenatore l'ossatura della squadra e i suoi giocatori chiave diventa difficile per chiunque.
Con l'arrivo di Ranieri le cose non è che siano andate benissimo, ha cercato di fare il medico cercando di curare le ferite della Roma riscontrandosi con i problemi che c'erano ma non li ha risolti.
La Roma è sempre stata una squadra che va ad annate e quando doveva raggiungere lo step successivo faceva il passo indietro ed è per questo forse che ha vinto pochi scudetti ma è arrivata molte volte al secondo posto. Questo dimostra che le squadre le ha costruite negli anni, ma non ha avuto mai una società forte e costante ed è per questo che non sarà mai una squadra vincente. Un peccato per tutti perché Roma è una grande piazza e i tifosi sono molto passionali verso la loro squadra.
E dall'orizzonte, in maniera anche più radicale, l'aritmetica infatti non condanna ancora i giallorossi nella volata per il quarto posto, è sparito Antonio Conte, l'uomo che avrebbe permesso di immaginare la rinascita, ricostruire il senso di appartenza e trasformare anime fragili in guerrieri pronti a buttarsi nel fuoco.
Il dopo-Ranieri si colora oggi di un grigio opaco e il morale della piazza, inebriata da quell'ipotesi, ha una tonalità addirittura più scura, tendente al nero pece. “Conte ha certificato che non siamo dei vincenti”, uno dei messaggi più ricorrenti tra social e radio romane. Evaporata anche la pista-Sarri, derubricata in fretta a fake news la suggestione-Mourinho, rispunta Marco Giampaolo, ipotesi più di retroguardia, dall'impatto economico molto inferiore, per un club costretto, si presume, a dover rinunciare al bancomat della Champions.

La Roma deve ripartire da un grande progetto tecnico e con un grande allenatore perché se passi da un giorno all'altro da Conte a Gianpaolo qualcosa non torna. Nulla a togliere al tecnico della Sampdoria che dopo anni difficili quest'anno ha dimostrato di sapere di calcio e fa giocare bene le sue squadre. Non sappiamo cosa potrebbe cambiare con Gianpaolo visto che è stato mandato via Di Francesco allenatore che a Sassuolo ha dimostrato le sue qualità con un grande calcio fatto di possesso palla e verticalizzazioni.

Intanto ci avviciniamo a Roma-Juventus, una partitissima che in un tempo nemmeno troppo lontano avrebbe illuminato Nicolò Zaniolo, il terzo Under 20 più caro d'Europa dopo Sancho, del Borussia Dortmund e Guendouzi, dell'Arsenal. Un obiettivo del diesse bianconero Paratici, come da storico biglietto recuperato in un cestino, alla ricerca, dopo un folgorante impatto, della fisionomia da predestinato.