“Ma poi Robi, l’importante è il percorso, gli obiettivi veri li scopriamo strada facendo.” (Il Divin Codino, 2021)

Sei mesi fa usciva su Netflix il film “Il Divin Codino”, e proprio qualche giorno fa ho avuto l’occasione di fare un rewatch. Credo che tutti i film andrebbero visti almeno due volte, perché mentre la prima volta ci lasciamo trasportare dalla storia, la seconda invece ci permette di andare più nei dettagli. Si tratta di un film basato non tanto sulla carriera calcistica di Baggio, ma più sulla sua persona. O per lo meno questa è l’impressione che ho avuto. Non posso negare di aver provato diverse emozioni durante la visione, e specialmente nel finale. Per questo motivo, ho sentito la necessità di fare qualche considerazione.

In Italia non sono sicuramente mai mancati giocatori di alta classe, tecnica e professionalità. All’interno del disteso elenco di calciatori che hanno segnato la storia di questo magnifico sport, Roberto Baggio ha sempre avuto un qualche cosa di unico, irripetibile ai miei occhi. La frase citata all’inizio si riferisce a un momento preciso del film, quando Vittorio Petrone, Manager e grande amico del Divin Codino, vede Baggio stesso ancora afflitto da quel rigore sbagliato sei anni prima contro il Brasile nei mondiali del 1994. Proviamo tutti a immaginarci di fronte al dischetto, in una finale dei mondiali, dopo esserci guadagnati la fiducia di Arrigo Sacchi, e di tirare il peggior rigore della nostra vita. Sarebbe un trauma, no?
Baggio ha avuto senza ombra di dubbio una carriera difficile, credo che l’infortunio al crociato anteriore e al menisco all’età di 18 anni sia l’incubo di qualsiasi sportivo. Nonostante quel primo infortunio, e altrettanti nel corso della sua carriera, Baggio si è ritirato definitivamente nella stagione del 2004-2005, all’età di 37 anni.
Cosa è successo precisamente in quegli anni?

Sin da piccolo il suo sogno era quello di vincere i mondiali, ma tutti sappiamo come è andata a finire. Già ai tempi del Vicenza ha dimostrato la sua determinazione, e che avrebbe dato tutto per alzare la coppa del mondo. D’altra parte proprio al Vicenza ha subito l’infortunio di cui parlavo prima, dandogli un forte segno che la sua carriera sarebbe stata tutt’altro che in discesa.
Dopo essersi ripreso, Baggio ha iniziato a praticare il Buddhismo e nelle sue testimonianze ha sempre sottolineato come questo lo abbia aiutato ad andare avanti nella sua carriera. Il suo esordio in Serie A avviene il 21 settembre del 1986 con la maglia della Fiorentina, da allora inizia una carriera che oscilla tra momenti di successo e altri infortuni: con la viola segna 53 goal in totale; negli anni 90 passa alla Juventus, segnando ben 78 goal e vincendo nel 93 il suo unico pallone d’oro; dal 1996 al 2000 veste in ordine la maglia di Milan, Bologna e Inter collezionando 43 goal; per quanto riguarda le stagioni al Brescia dal 2000 al 2004, bisogna fare una considerazione a parte.
Nei suoi ultimi quattro anni di carriera, il Divin Codino ha portato il Brescia ad altissimi livelli dimostrando che l’età è effettivamente solo un numero. Proprio in quegli anni a parer mio ha segnato alcuni dei goal più belli della sua carriera. Uno di questi ha avuto luogo a Juventus-Brescia, nel 2001 (immagine copertina). Pirlo crossa da centrocampo e Baggio si fa strada tra i difensori della Juventus, e con grande classe riesce ad agganciare il pallone in due tocchi mettendo la palla in rete superando van der Sar, pareggiando la partita. Citarli tutti sarebbe quasi impossibile, ma qui c’è da sottolineare come internet abbia permesso di recuperare perle del calcio come queste. Io, e tutti i miei coetanei della generazione Z, non abbiamo avuto modo di goderci appieno questo calciatore, ma grazie ai video pubblicati in rete siamo riusciti a farci un’idea di quello che è stato Baggio e del suo contributo portato al calcio.

Nel 2002 il suo sogno di vincere i mondiali con la nazionale Italiana va in frantumi. Trapattoni non convoca Baggio in nazionale. Questo evento ha suscitato diverse polemiche all’interno della rosa e nel mondo del calcio in generale, e sono state portate avanti anche a distanza di anni. Baggio avrebbe fatto la differenza nei mondiali in Giappone e Corea del sud? Nessuno potrà mai dirlo. L’unica certezza è stata la frustrazione che il numero 10 del Brescia ha provato e probabilmente prova tutt’ora. Dopo una carriera segnata da diversi infortuni, recuperi e soddisfazioni, dopo esser diventato un simbolo in Italia e nel mondo, la scelta di Trapattoni non sembra altro che un fulmine a ciel sereno. Dichiarò che Baggio non era guarito del tutto dal suo ultimo infortunio, nonostante i risultati con il Brescia dimostravano esattamente il contrario.

Quale insegnamento possiamo trarre da questa storia? Che a volte mettercela tutta non basta, e questo non va letto soltanto in chiave negativa. Riprendendo la frase citata all’inizio, è evidente che il percorso di Baggio è stato insidioso e pieno di ostacoli. È altrettanto evidente come quel rigore sbagliato, alla fine dei conti, sia stato un inciampo che ha permesso la realizzazione di qualcosa di più grosso.
La sua carriera vale sicuramente molto più di un mondiale, perciò non resta che fare tesoro della sua esperienza.

Per quanto siano difficili i nostri obiettivi di vita, alla fine non è importante il risultato, ma il percorso. Perché ciò che facciamo per cercare di realizzare i nostri sogni, alla fine vale più dei sogni stessi.

GV